lunedì, luglio 23, 2007

W LA SARAS

Saras, una bomba ecologica affacciata sul Mediterraneo

La più grande raffineria del Mediterraneo è una bomba ecologica nel Golfo di Cagliari. La conferma nei dati. L'emergenza scatta quando nel litorale è allarme marea nera.

di EMANUELE DESSI'
Si chiama tar, ma non ha nulla a che fare con la giustizia amministrativa: è un olio combustibile pesante. Viene utilizzato - nella misura di 150 tonnellate ogni ora - per produrre energia elettrica nella centrale Sarlux di Sarroch, Gruppo Saras, di proprietà della famiglia Moratti. Un po' come come succede con il maiale, dal petrolio non si butta nulla, o quasi. Raffinando il greggio - la potenzialità degli impianti è di 15 milioni di tonnellate all'anno, 300 mila barili al giorno - si ottengono degli scarti, una sorta di pece semisolida utilizzabile per produrre bitume per le strade. Oppure, con opportuni accorgimenti, può essere bruciata per produrre energia elettrica, sprigionando anidride carbonica, proprio come succede con il caminetto di casa. È solo un problema di quantità. Secondo il Registro delle emissioni inquinanti (Eper) della Commissione europea, su dati rilevati nel 2004 e resi noti di recente, la Saras è la terza industria italiana per emissione di C02 (6,22 milioni di tonnellate), dopo la centrale elettrica a carbone di Brindisi e l'acciaieria Ilva di Taranto.

IL POLO INDUSTRIALE. Quella di Sarroch è la più importante raffineria del Mediterraneo, la seconda d'Europa per le tecnologie applicate al processo produttivo. L'attività del gruppo Saras Raffinerie Sarde, fondata da Angelo Moratti, parte a Sarroch nel 1962. Tre anni dopo entra in funzione la raffineria. Da allora l'attività è andata in crescendo e, accanto alla raffineria, nel 2000, una società controllata al 100% da Saras, la Sarlux, ha iniziato a produrre energia elettrica con i residui pesanti della raffinazione. Tra i 1.810 stipendi pagati da Saras in Sardegna (escluso l'indotto), 1.172 sono nel polo di Sarroch. Con tre contratti di programma, finanziati dallo Stato con 197 milioni di euro, sono stati creati 269 posti di lavoro. Basta una semplice divisione per constatare che, ogni nuovo occupato è costato, alla collettività, 732 mila euro, con punte da 1,5 milioni. In lire, avrebbe suonato così: un miliardo e 400 milioni in media per ogni nuovo posto di lavoro, con punte di tre miliardi.

GLI ALTRI VELENI. Non solo anidride carbonica. Nell'aria finiscono anche ossidi di azoto, biossido di zolfo, benzene, policiclici aromatici. Ci sono anche gli scarti: in un anno 1.400 tonnellate tra zolfo e concentrati di metallo, come vanadio e nichel. Se n'era parlato anche nel 2001, quando la commissione parlamentare d'inchiesta sul riciclo dei rifiuti e delle attività connesse ascoltò in audizione alcuni magistrati della Procura di Cagliari, con particolare riferimento proprio ai residui della gassificazione, i "filter cakes".

SITUAZIONE A SARROCH. Ma a Sarroch è tutto sotto controllo. Quanto ai veleni nell'aria, sono catalogabili come "effetti collaterali" di un processo produttivo indispensabile come lo sono la benzina e l'energia elettrica, prodotte in un angolo di Sardegna che, dal 1962, non ha avuto comunque la possibilità di esprimersi su uno sviluppo alternativo. Magari prendendo ad esempio la vicina Pula, che vive bene con il turismo e si sforza di tenere in piedi un'agricoltura di qualità. «Bisogna essere realisti: non credo che per Sarroch, oggi, si possa parlare di sviluppo alternativo», dice il sindaco di Pula Walter Cabasino. Però, anche da medico, aggiunge che «è ora di passare ai fatti. Serve un monitoraggio preciso e puntuale dell'aria che respiriamo. C'è ancora molto da fare».

GLI INCENTIVI. A Sarroch non si produce energia pulita. Ma questo non ha impedito al gruppo Saras di beneficiare del Cip 6, un sistema nato nel 1992 con il benestare del Governo per scaricare sulla bolletta dell'Enel (il 6-7% a famiglia) energia prodotta da fonti rinnovabili o assimilate. Quest'ultimo aggettivo ha consentito anche all'energia prodotta con il tar di usufruire del regime del Cip 6. La Saras, comunque, è in buona compagnia: è sufficiente notare che solo l'8% dei 30 miliardi di euro, ricavati sino al 2003 da tutti i produttori italiani grazie alla voce A3 della bolletta elettrica, sono stati utilizzati per promuovere realmente energia pulita.

PROTOCOLLO DI KYOTO. Con buona pace del Protocollo di Kyoto e della salute di decine di migliaia di sardi. Con energia pulita si intende quella prodotta con fonti rinnovabili, come l'eolico, il solare. In Sardegna, a parte il contestatissimo termovalorizzatore di Ottana, che dovrebbe bruciare rifiuti e scarti di forestazione (è la percentuale, a sicuro vantaggio dei primi, che accende forti contestazioni), si parla tanto di filiera agroenergetica, producendo energia elettrica e biodiesel dalle piante oleaginose. Il limite? Non si riesce a dare un giusto prezzo agli agricoltori che, abbandonata la barbabietola da zucchero per decisione di Bruxelles, attendono chiarezza (dall'industria, dal Governo e dalla Regione) sul prezzo della loro fatica. Una soluzione potrebbe essere far entrare i produttori nella quota del Cip 6. Ma l'industria ha già divorato il boccone bruciando, tra l'altro, i residui pesanti della lavorazione del petrolio. Altro che energia pulita.

NON SOLO CATRAME. Se il catrame sulle spiagge è un immediato indicatore del rischio-inquinamento legato agli idrocarburi, le emissioni atmosferiche sono più subdole e pericolose. A lanciare l'ultimo allarme è stata Legambiente Sardegna, molto preoccupata perché da una decina di giorni a questa parte dalle ciminiere di Sarroch stanno fuoriuscendo «strani fumi grigiastri. A queste nuvole scure», spiega il presidente di Legambiente Vincenzo Tiana, «si accompagna un odore acre con successiva precipitazione di polveri nel circondario abitato. La causa di queste emissioni potrebbe essere lo smaltimento tramite combustione di sostanze non trattabili negli impianti di processo. L'assenza di vento, giovedì, ha fatto il resto». Legambiente ha chiesto «immediati e accurati controlli» per accertare eventuali rischi ambientali. E, aggiunge Tiana, «gli oli pesanti non vanno mandati nella cosiddetta torcia, ma vanno smaltiti opportunamente».

I CONTROLLI. «A Sarroch c'è un superamento dei parametri ben oltre i limiti di legge», conferma Rosaria Congiu, assessore all'Ambiente della Provincia. «La Saras ha le sue centraline di rilevamento, ma a far testo sono quelle della Regione che gestiamo noi come Provincia. La situazione è preoccupante». L'assessore, insieme alla commissione provinciale Ambiente, presieduta da Francesco Trudu, ha visitato gli stabilimenti Saras. «Un sopralluogo che si è protratto per quasi una giornata», evidenzia l'assessore Congiu. «La Saras ha preso l'impegno di ridurre le emissioni del 30% entro il 2008. Mi accontenterei del 20%...».

GUARDIA ALTA. La Provincia terrà la guardia alta, «altissima. È necessario arrivare al più presto», riprende Rosaria Congiu, «alla creazione di una rete unica di rilevamento, a gestione ovviamente pubblica, nelle mani dell'Arpas, la nuova Agenzia regionale per l'ambiente». Una delle centraline di rilevamento della qualità dell'aria, sistemata nel centro di Sarroch, ha superato 126 volte la soglia oraria di biossido di zolfo (la Saras ne rilascia, in un anno, 3.170 tonnellate) e, per 11 volte, sono stati superati i limiti per le 24 ore. Va avanti così,, dal 1965. (1.continua)

21/07/2007 10:16

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