lunedì, luglio 09, 2007

AD UN ANNO ESATTO DALLA VITTORIA DI BERLINO....

Sono passati esattamente 365 giorni dalla grande vittoria bianconera di Berlino, in piena Farsopoli. Ecco una stralcio tratto da un bel libro, nel quale si focalizza l'attenzione su Arcangioli e Auricchio, ovvero coloro che hanno scritto le informative dei carabinieri poi trasmesse a Napoli.

Leggiamo assieme:

...nel periodo in cui sono state raccolte dai carabinieri di Roma
e poi passate alla Procura di Napoli, le informative che si basavano sulle
oltre diecimila telefonate intercettate durante l'anno calcistico 2004-2005,
con una ricostruzione basata su circa trecento telefonate.
Un evento mistrioso ha caratterizzato la vita di questa persona, così
come riportato nel libro "L'agenda rossa di Paolo Borsellino - di
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - editore Chiare Lettere.
Ecco uno stracio:

Era un’agenda rossa, larga e rettangolare, con la copertina di pelle. Gliel’aveva regalata l’Arma dei carabinieri, e Paolo Borsellino l’utilizzava per annotare i fatti e le considerazioni più nascoste. Non se ne separava mai e a nessuno faceva leggere il suo contenuto. Non era un diario e neanche un vero e proprio quaderno di appunti. Ma dopo la strage che il 23 maggio 1992 si prese la vita di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e di tre agenti della scorta, quell’agenda Borsellino la usò come promemoria della sua marcia di avvicinamento ai misteri di Capaci, trasformandola così nella cronaca della sua morte ampiamente annunciata.
Pure quel pomeriggio di domenica, l’ultimo della sua vita, poco prima di andare incontro al suo destino, Borsellino la ripose nella sua borsa di cuoio, dopo avervi scritto lunghe e minuziose annotazioni. Lo vide la moglie, Agnese Piraino Leto, intento a riempire quelle pagine di carta sottile, e lo raccontò ai giudici. Ma quell’agenda rossa non è stata mai più ritrovata. Dentro la borsa di cuoio intatta, raccolta sul sedile posteriore della Croma blindata nell’inferno di via D’Amelio, c’erano le chiavi, le sigarette, persino un costume ancora bagnato. L’agenda no. Quella era letteralmente sparita.
Quindici anni dopo, quel documento con la copertina di pelle, svanito come in un gioco di prestigio dalla borsa di Paolo Borsellino, è diventato un “caso istituzionale”, un mistero nel mistero che rischia di trascinare a giudizio un ufficiale dei carabinieri per false dichiarazioni al pubblico ministero , per avere chiamato in causa due magistrati che però negano di avere mai ricevuto in consegna quella borsa.
L’indagine, avviata dalla Procura di Caltanissetta nell’ambito del fascicolo sui cosiddetti “mandanti occulti”, parte da una foto a colori, tra mille scattate sul teatro ancora fumante dell’esplosione, che ritrae un uomo con in mano la borsa del magistrato in via D’Amelio. L’uomo è l’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli , con il viso tirato, nel pieno inferno della strage, tra idranti che spruzzano cascate d’acqua e colonne di fumo che si levano verso il cielo. Gli attimi sono quelli immediatamente successivi all’esplosione, si vedono sullo sfondo le carcasse d’auto in fiamme non ancora spente dai vigili del fuoco. L’istantanea, saltata fuori dallo studio di un fotografo palermitano, Franco Lannino, innesca la macchina investigativa della Procura di Caltanissetta che punta al cuore del movente dell’eccidio, racchiuso probabilmente proprio in quell’agenda rossa. Nello studio del fotoreporter piombano cinque agenti della Dia, a caccia di altre istantanee che possano avere colto altri attimi importanti di quel pomeriggio di fuoco. E subito dopo i cinque si spostano in altri studi fotografici, nelle redazioni della Rai e delle emittenti private alla ricerca di filmati di quei momenti.
Processualmente, la borsa compare per la prima volta in un verbale delle 18.30 di quella domenica di luglio di quindici anni fa, un verbale redatto dalla squadra Mobile di Palermo: è un inventario degli oggetti rinvenuti nell’auto blindata di Borsellino, e all’agenda non si fa cenno. L’uomo che compare nella foto con la borsa è l’unica traccia concreta che porta al documento scomparso . Interrogato prima del funzionario della Dia Nando Buceti e poi dai om di Caltanissetta, Renato di Natale e Carlo Negri, l’ex capitano Arcangioli fa i nomi di due magistrati, ai quali avrebbe consegnato, senza averla mai aperta, come ha detto in un primo momento, la cartella di cuoio di Borsellino. I due sono: l’ex pm del maxiprocesso Giuseppe Ayala, all’epoca neodeputato del Partito repubblicano, e Vittorio Teresi, adesso sostituto procuratore generale. Ma Teresi ha negato con decisione di avere mai ricevuto quella borsa. E, sentito sul punto, è parso allibito: “Io arrivai in via D’Amelio intorno alle 18-18.30 e della borsa non so proprio nulla. Conoscevo bene Arcangioli, ma non ricordo di averlo notato in quei momenti. Tutto ciò è molto strano”.
Ayala, invece, presente si dai primissimi istanti in via D’Amelio (“abitavo a cinquecento metri” dirà), ricorda di averla notata lui stesso, quella cartella di cuoio abbandonata sul sedile posteriore, e di averla “materialmente presa o indicata e comunque affidata a un carabiniere in divisa”. “Ero parlamentare, non potevo occuparmene – ha detto – e sono tra quei cittadini, tanti, per i quali l’Arma è ancora sacra”.
Arcangioli è rimasto fermo nella sua versione, precisandola meglio in seguito: ha sostenuto di avere aperto la borsa con Ayala, e di avere constatato insieme a lui l’assenza dell’agenda. Poi di avere consegnato la borsa a un carabiniere del quale non ricorda il nome. Una versione che l’ex pm del maxiprocessso ha smentito in un confronto teso con l’ufficiale. Ad assistere alla scena c’è anche un giornalista, Felice Cavallaio, anche lui interrogato dal pm nisseno, che ha confermato la versione di Ayala: “Ricordo che lo sportello posteriore sinistro della Croma era aperto, la borsa era dentro l’auto, a terra, nello spazio tra il sedile posteriore e lo schienale anteriore. Con noi c’era un esponente delle forze dell’ordine in borghese e un ufficiale dei carabinieri in divisa. Ayala l’affidò a loro senza aprirla, io non ne seppi più nulla”. C’è poi un altro episodio singolare: nella foto agli atti, la borsa in mano ad Arcangioli appare integra, senza quei segni di bruciature che, invece, compaiono nella borsa recuperata alle 18 sul sedile posteriore.
La verità sarà probabilmente affidata al giudizio di un tribunale. Al di là dell’unico fatto certo e incontrovertibile: prelevata alle 17.30 circa dal capitano Arcangioli (lo testimonia la foto), la borsa ricompare poco dopo a bordo dell’auto da dove viene definitivamente rimossa alle 18 circa (senza più tracce dell’agenda rossa).
Perché l’agenda era così importante? Che cosa vi aveva annotato Borsellino? Quali menti raffinatissime aveva incontrato e quali disegni perversi aveva rintracciato nel corso dell’ultimo tratto della sua esistenza, vissuta con la consapevolezza di andare incontro a una fine certa perché inevitabile?


Continuiamo con un piccolo dissier dell'utente di j1897 Crazeology:

SU ARCANGIOLI E AURICCHIO

Il 19 luglio 1992 il giudice Borsellino veniva dilaniato da una bomba mafiosa con gli uomini della sua scorta. Un carabiniere, dopo qualche ora, si avvicinò ai resti dell'auto e raccolse la borsa del magistrato. Ora è indagato a Caltanissetta per avere trafugato l'agenda di Borsellino con gli appunti sull'omicidio Falcone e probabili spunti sulla trattativa tra Stato e mafia. Quel carabiniere è Giovanni ARCANGIOLI: è lui a coordinare le indagini ed avere istruito le intercettazioni.
Al suo fianco c’è Aurelio AURICCHIO. Anni fa venne accusato di avere manipolato intercettazioni telefoniche. Lui querelò per diffamazione chi lo accusava di taroccare le intercettazioni, ma i tribunali gli diedero torto. Gli investigatori (Arcangioli e Auricchio) che hanno lavorato alle intercettazioni sono uomini di assoluta fiducia del generale Mori, capo del Sisde. Il fratello del generale dirige le attività di “sicurezza” di MEDIASET (guarda un po’).
Per farvela più semplice.
La procura di Napoli chiede di fare delle intercettazioni sul mondo del calcio. Il SISDE guidato dal generale Mori, amico di Berlusconi (il fratello lavora in Mediaset) decide di affidare l’incarico ad Arcangioli e Auricchio (2 personaggi non propriamente trasparenti) che al termine delle intercettazioni decidono di passare il tutto alla procura di Napoli (avranno trascritto tutte le telefonate o come ha fatto già in passato Auricchio, alcune sono state manomesse?).
L’ex capo del governo sta applicando una delle sue tante strategie mediatiche: il giorno dopo le elezioni gridava al furto. Ora, grazie a questo finto scandalo continua a recitare la parte della vittima. Il destino di alcuni personaggi è segnato. Provate a sostituire il termine “Moggi” con “Fiorani” o Ricucci e capirete cosa potrà succedere. Iscrizione nel registro degli indagati, interrogatorio e….. Immaginavo che almeno in questa vicenda lo Stato schierasse servitori senza macchia. Così non è. Chiunque volesse verificare la veridicità delle mie tesi può controllare sugli archivi dell'Ansa. Una volta per destabilizzare il paese si facevano le stragi. Oggi, bastano gli scandali. L’intera vicenda, con buona pace dei puristi e mettendo fuori da ogni responsabilità i magistrati che applicano l’obbligatorietà dell’azione penale, è inquinata da attività di intelligence inconfessabili. In questo Paese tira un brutta aria.


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posso aggiungere che i 2 carabinieri al termine della indagini su calciopoli sono state trasferiti a dirigere delle scuole allievi. tolti da incarichi operativi...
Ecco l'articolo:

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Terremoto al Nucleo Operativo di Roma: trasferiti ad altro incarico gli ufficiali che hanno indagato sullo scandalo.

Terremoto in arrivo al Nucleo Operativo dei Carabinieri di Roma. Saranno trasferiti i principali artefici dell'inchiesta su Calciopoli: il tenente colonnello Giovanni Arcangioli, comandante del Nucleo Operativo di Roma, e il maggiore Attilio Auricchio, titolare dell'indagine per conto dei pm di Napoli Narducci e Beatrice, «passeranno ad altro incarico». Il primo è destinato al comando del Battaglione allievi Carlo Alberto Dalla Chiesa, il secondo invece diventerà docente di tecniche investigative presso la scuola Ufficiali sull'Aurelia a Roma. L'anticipazione l'ha data ieri il Corriere della Sera, che ha rivelato come sia arrivato un preavviso dal comando generale dei carabinieri agli interessati e che la procedura adesso si concluderà, secondo la prassi, con un formale decreto del ministro. Secondo fonti interne, si tratterebbe di un normale avvicendamento.

Ma è ovvio che una decisione del genere non può che alimentare polemiche. Anche perché i carabinieri che hanno portato avanti l'indagine per lungo tempo sono stati a lungo il bersaglio di accuse da parte di molti degli indagati. Le loro informative alla Procura di Napoli che si basavano sulle oltre diecimila telefonate intercettate durante l'anno calcistico 2004-2005 sono state ritenute figlie di una ricostruzione parziale, molto spesso lontana dalla realtà. Ovvio che si trattasse di accuse provenienti da chi è stato travolto dall'anno di intercettazioni che hanno messo a nudo il sistema che ha inquinato e stravolto a proprio piacimento tutto il calcio italiano. Ma gli uomini dell'Arma che hanno condotto l'inchiesta sono finiti nell'occhio del ciclone anche per la fuga di notizie che ha portato alla pubblicazione integrale di tutte le informative redatte per conto della Procura di Napoli.

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Conterrebbe informazioni «scottanti»: anche sull'omicidio di Falcone Agenda di Borsellino, sarà sentito l'ufficiale Giovanni Arcangioli era stata fotografato con in mano la borsa del magistrato: i suoi movimenti sono stati ricostruiti grazie ai filmati
PALERMO - Sarà interrogato dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, fotografato il 19 luglio 1992 in via D'Amelio con in mano la borsa di Paolo Borsellino che conteneva l'agenda del magistrato mai più trovata. Non è stata resa nota la data dell'interrogatorio né se l'ufficiale sarà sentito alla presenza dell'avvocato difensore. Arcangioli, già stato sentito nei mesi scorsi, ha fornito una versione dei fatti che contrasta con quella di altri testimoni. Ma l'acquisizione di filmati registrati da troupe della Rai e di Mediaset ha fornito ai pm la possibilità di ricostruire le ore successive all'attentato, compresi i movimenti dell'allora capitano Arcangioli.
IL MISTERO DELL'AGENDA - Sull'agenda, secondo quanto riferito dal tenente dei carabinieri Carmelo Canale, che era collaboratore di Borsellino, il magistrato annotava le cose più importanti. L'ufficiale dell'Arma, sentito dalla procura di Caltanissetta, ha affermato che in quell'agenda ci poteva essere scritto qualcosa circa l'attentato a Giovanni Falcone. Quando la polizia consegnò la borsa alla famiglia del procuratore aggiunto non c'era traccia dell'agenda rossa. Venne trovata, invece, una rubrica in cui Borsellino segnava tutti gli appuntamenti.
Corriere della sera, 8 febbraio 06
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L´inchiesta sul mistero della borsa
Agenda Borsellino, Ayala e Arcangioli confronto a Roma

ROMA - Il confronto tra il deputato dei Ds ed ex magistrato Giuseppe Ayala ed il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, non ha chiarito il mistero sull´agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, morto con i cinque uomini della scorta nella strage del 1992 in via D´Amelio a Palermo. Un´agenda scomparsa e mai ritrovata. Il faccia a faccia tra i due è stato disposto dal procuratore della Repubblica di Caltanissetta, Francesco Messineo e dal suo aggiunto, Renato Di Natale e si è svolto ieri pomeriggio a Roma nell´ambito dell´inchiesta sui «mandanti esterni» delle stragi Falcone e Borsellino.
Tre giorni fa i magistrati e gli investigatori della Dia di Caltanissetta a quattordici anni dalla strage, hanno riesumato una fotografia ed alcuni filmati televisivi girati subito dopo l´attentato dell´estate del 1992 a Palermo nei quali si vede l´allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, adesso comandante del nucleo operativo di Roma, allontanarsi con una borsa di pelle in mano.
Quella borsa era del giudice Paolo Borsellino ed era stata prelevata dall´automobile blindata distrutta dall´esplosione. La borsa fu fatta vedere a Giuseppe Ayala che era presente sul luogo e fu ritrovata qualche ora dopo sul sedile posteriore dell´automobile del magistrato. Ed è proprio in quella borsa, secondo quanto dichiarato e confermato dai familiari del magistrato ucciso nell´attentato, Borsellino aveva con dietro l´agenda rossa dove annotava tutte le cose più segrete relative alle indagini anche sulla strage del collega Falcone, ucciso dalla mafia a Capaci, insieme alla sua scorta.Sullo stesso argomento

http://www.archivio900.it/it/news/news.aspx?id=789

Da La Repubblica del 09/02/2006

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ULTIMA INTERVISTA A BORSELLINO

Paolo Borsellino il 19 Maggio 1992 ai giornalisti Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi, così come è andata in onda in televisione. L'intervista venne registrata quattro giorni prima dell'attentato di Capaci in cui fu ucciso Giovanni Falcone. Due mesi dopo (il 19 luglio) lo stesso Borsellino fu ucciso nell'attentato di via D'Amelio a Palermo. In questa intervista si parla dei rapporti tra Berlusconi e la mafia.

Borsellino
Sì, Vittorio Mangano l'ho conosciuto anche in periodo antecedente al maxi-processo e precisamente negli anni fra il 1975 e il 1980, e ricordo di aver istruito un procedimento che riguardava delle estorsioni fatte a carico di talune cliniche private palermitane. Vittorio Mangano fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come "uomo d'onore" appartenente a Cosa Nostra.
Giornalista
"Uomo d'onore" di che famiglia?

Borsellino
L'uomo d'onore della famiglia di Pippo Calò, cioè di quel personaggio capo della famiglia di Porta Nuova, famiglia della quale originariamente faceva parte lo stesso Buscetta. Si accertò che Vittorio Mangano, ma questo già risultava dal procedimento precedente che avevo istruito io e risultava altresì da un procedimento cosiddetto procedimento Spatola, che Falcone aveva istruito negli anni immediatamente precedenti al maxi-processo, che Vittorio Mangano risiedeva abitualmente a Milano, città da dove come risultò da numerose intercettazioni telefoniche, costituiva un terminale del traffico di droga, di traffici di droga che conducevano le famiglie palermitane.

Giornalista
E questo Mangano Vittorio faceva traffico di droga a Milano?

Borsellino
Vittorio Mangano, se ci vogliamo limitare a quelle che furono le emergenze probatorie più importanti risulta l'interlocutore di una telefonata intercorsa fra Milano e Palermo, nel corso della quale lui, conversando con un altro personaggio mafioso delle famiglie palermitane, preannuncia o tratta l'arrivo di una partita di eroina chiamata alternativamente, secondo il linguaggio convenzionale che si usa nelle intercettazioni telefoniche, come magliette o cavalli.

Giornalista
Comunque lei in quanto esperto, può dire che quando Mangano parla di cavalli al telefono, vuol dire droga.

Borsellino
Si, tra l'altro questa tesi dei cavalli che vogliono dire droga, è una tesi che fu avanzata alla nostra ordinanza istruttoria e che poi fu accolta al dibattimento, tanto è che Mangano fu condannato al dibattimento del maxi processo per traffico di droga.

Giornalista
Dell'Utri non c'entra in questa storia?

Borsellino
Dell'Utri non è stato imputato del maxi processo per quanto io ne ricordi, so che esistono indagini che lo riguardano e che riguardano insieme Mangano.

Giornalista
A Palermo?

Borsellino
Sì, credo che ci sia un'indagine che attualmente è a Palermo con il vecchio rito processuale nelle mani del giudice istruttore, ma non ne conosco i particolari.

Giornalista
Marcello Dell'Utri o Alberto Dell'Utri?

Borsellino
Non ne conosco i particolari, potrei consultare avendo preso qualche appunto, cioè si parla di Dell'Utri Marcello e Alberto, di entrambi.

Giornalista
I fratelli

Borsellino
Sì.

Giornalista
Quelli della Publitalia?

Borsellino
Sì.

Giornalista
Perché c'è nell'inchiesta della San Valentino, un'intercettazione fra lui e Marcello Dell'Utri in cui si parla di cavalli.

Borsellino
Beh, nella conversazione inserita nel maxi-processo, si parla di cavalli da consegnare in albergo, quindi non credo potesse trattarsi effettivamente di cavalli, se qualcuno mi deve recapitare due cavalli, me li recapita all'ippodromo o comunque al maneggio, non certamente dentro l'albergo.

Giornalista
C'è un socio di Marcello Dell'Utri, tale Filippo Rapisarda che dice che questo Dell'Utri gli è stato presentato da uno della famiglia di Stefano Bontade.

Borsellino
Palermo è la città della Sicilia dove le famiglie mafiose erano più numerose, si è parlato addirittura in un certo periodo almeno di duemila uomini d'onore con famiglie numerosissime, la famiglia di Stefano Bontade sembra che in un certo periodo ne contasse almeno 200, si trattava comunque di famiglie appartenenti a una unica organizzazione, cioè Cosa Nostra, i cui membri in gran parte si conoscevano tutti, e quindi è presumibile che questo Rapisarda riferisca una circostanza vera.

Giornalista
Lei di Rapisarda ne ha sentito parlare?

Borsellino
So dell'esistenza di Rapisarda, ma non me ne sono mai occupato pesonalmente.

Giornalista
Perché quanto pare, Rapisarda, Dell'Utri, erano in affari con Ciancimino, tramite un tale Alamia.

Borsellino
Che Alamia fosse in affari con Ciancimino è una circostanza da me conosciuta e che credo risulti anche da qualche processo che si è già celebrato. Per quanto riguarda Rapisarda e Dell'Utri, non so fornirle particolari indicazioni, trattandosi ripeto sempre di indagini di cui non mi sono occupato personalmente.

Giornalista
Non le sembra strano che certi personaggi, grossi industriali come Berlusconi, Dell'Utri, siano collegati a uomini d'onore tipo Vittorio Mangano?

Borsellino
All'inizio degli anni Settanta, Cosa Nostra cominciò a diventare un'impresa anch'essa, un'impresa nel senso che attraverso l'inserimento sempre più notevole, che a un certo punto diventò addirittura monopolistico, nel traffico di sostanze stupefacenti, Cosa Nostra cominciò a gestire una massa enorme di capitali, dei quali naturalmente cercò lo sbocco, perché questi capitali in parte venivano esportati o depositati all'estero e allora così si spiega la vicinanza tra elementi di Cosa Nostra e certi finanzieri che si occupavano di questi movimenti di capitali.

Giornalista
Lei mi dice che è normale che Cosa Nostra si interessi a Berlusconi?

Borsellino
è normale che chi è titolare di grosse quantità di denaro cerchi gli strumenti per poter impiegare questo denaro, sia dal punto di vista del riciclaggio, sia dal punto di vista di far fruttare questo denaro.

Giornalista
Mangano era un pesce pilota?

Borsellino
Sì, guardi le posso dire che era uno di quei personaggi che ecco erano i ponti, le teste di ponte dell'organizzazione mafiosa nel nord Italia.

Giornalista
Si dice che abbia lavorato per Berlusconi?

Borsellino
Non le saprei dire in proposito o anche se le debbo far presente che come magistrato ho una certa ritrosia a dire le cose di cui non sono certo, so che ci sono addirittura ancora delle indagini in corso in proposito. Non conosco quali atti siano ormai conosciuti, ostensibili e quali debbano rimanere segreti. Questa vicenda che riguarderebbe i suoi rapporti con Berlusconi, è una vicenda che la ricordi o non la ricordi, comunque è una vicenda che non mi appartiene, non sono io il magistrato che se ne occupa quindi non mi sento autorizzato a dirle nulla.

Giornalista
C'è un'inchiesta ancora aperta?

Borsellino
So che c'è un'inchiesta ancora aperta.

Giornalista (in francese)
Su Mangano e Berlusconi a Palermo?

Borsellino
Sì.

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La foto di questo Arcangioli con la valigetta in mano, in rete si trova facilmente mi sembra.
E ironia della sorte, proprio dai filmati dei giornalisti dei tg di Mediaset si è avuta la prova contro questo caramba.
Ultima cosa.
Faccio notare che chi si è invece occupato delle intercettazioni del calcio per CONTO DI TELECOM si chiamava ADAMO B. ed è morto.
Dove?
A Napoli dove lavorava Arcangioli e dove verranno forse ( ), processati Moggius & Giraudus.
O comunque Napoli è la procura in cui..... bla... bla... anche se Arcangioli è a Roma.

Comunque è solo una casualità.
Adamo B. è caduto perché è inciampato.



Chiudiamo, infine, con in intervista al padre di Adamo Bove (ricordate?) a Report del 25 marzo 2007


SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
I magistrati ipotizzano il reato di istigazione al suicidio. Dopo mesi d’indagini la pista privilegiata è quella di possibili nemici interni all’azienda.

VINCENZO BOVE- Padre Adamo Bove
E là poi c’è un regista. Il siculo lo chiamerebbe “il puparo” che muoveva le fila.

SIGFRIDO RANUCCI
Chi era questo regista?

VINCENZO BOVE- Padre Adamo Bove
E chi poteva essere? Capito com’è? Quello Adamo doveva...insomma guardi senza tema di esagerare, lui qualunque cosa avesse fatto e avesse detto Adamo era finito, doveva finire. Perché da come si sono svolti i fatti, perché la cosa importante è la scoperta del... del... del... radar.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
La scoperta del radar nasce dalla denuncia al garante della Privacy di un cittadino che si vede recapitare a casa il tabulato delle sue telefonate come prova di un presunto tradimento sentimentale.

FRANCESCO PIZZETTI- Presidente Garante della Privacy
Aveva ricevuto un tabulato dei dati di traffico che conteneva le indicazioni delle telefonate fatte dal suo telefono mobile nell’arco di tre mesi circa, in cui erano segnati... l’ora in cui era stato usato il telefono per chiamare, la persona chiamata, la durata della conversazione e anche, cosa di particolare rilevanza, la localizzazione sia del chiamante che del chiamato.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Il garante indaga sulla Telecom, e in seguito a un audit interno all’azienda si scopre il radar. Un sistema, che è in questo edificio a Padova, e che permette di ricavare i dati di tutti gli utenti, i loro contatti, i luoghi delle telefonate. Viene usato come sistema antifrode, ma soprattutto per le indagini della magistratura. Si scopre invece che alcuni dipendenti, hanno estrapolato dati senza lasciare traccia. L’audit porta la firma di Fabio Ghioni. Qualcuno sussurra ai giornalisti che a violare quel sistema è stato Adamo Bove. In più una sua dipendente, Caterina Plateo lo accusa di averle fatto estrapolare i tabulati del calciatore Vieri e dei vip della Finanza Geronzi. A nome di chi Bove ha chiesto quei tabulati rimane un mistero.

VINCENZO BOVE- Padre Adamo Bove
E’ stato tutto programmato, è stato premeditato.

SIGFRIDO RANUCCI
Questo perché secondo Lei?

VINCENZO BOVE- Padre Adamo Bove
Perché... perché volevano distruggere mio figlio.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
I suoi familiari hanno testimoniato che Bove ripeteva di essere pedinato da uomini che ostentavano telefonini e maneggiavano marsupi con l’aria di nascondere armi, Bove arrivò anche a fermare uno di quegli spioni che gli rispose in americano.

VINCENZO BOVE- Padre Adamo Bove
Io stesso ho avuto modo di verificarlo. E questi pedinamenti, come del resto le numerosissime molestie che egli ha subito, sono stati fatti in modo... come dire, plateale.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Poi c’è il giallo della sua agenda, dove risultano strappate le pagine dei 20 giorni prima della sua morte. Al momento del sequestro però, nessuno se ne era accorto.

VINCENZO BOVE- Padre Adamo Bove
Questo fatto non fa altro che non gettare altre ombre... proprio fare buio sulla triste vicenda.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Dopo la morte si scopre che Bove stava aiutando i magistrati di Milano nel caso Abu Omar, rapito dalla Cia il 17 febbraio del 2003, con l’aiuto di uomini del Sismi. La Procura di Milano apre un’inchiesta. Ipotesi di reato: sequestro di persona e chiede il rinvio a giudizio dei vertici del Sismi, Nicolò Pollari, del suo vice Marco Mancini Marco Mancini, e di alcuni agenti della Cia.

VINCENZO BOVE- Padre Adamo Bove
E lui senza accorgersene allora firmò la sua morte.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Bove aveva fornito alla Digos i numeri dei telefonini degli 007 del Sismi intestati a nomi fantasma e le 26 utenze degli agenti Cia coinvolti nel rapimento di Abu Omar. Aveva permesso d’ intercettare l’alto dirigente del Sismi Marco Mancini. Tra le utenze consegnate da Bove ai magistrati, ne spunta anche una intestata al gruppo Pirelli. Da lì sarebbero state fatte le prenotazioni All’hotel Savoia per gli uomini del Sismi. E’ al 4 piano dell’ hotel che gli 007 italiani e americani hanno alloggiato, e si sono trattati bene, non c’è che dire.


Amici miei, non deprimetevi troppo a leggere queste cose. Siamo in Italia, la Juve è stata in B e tutti sono contenti. Come si suol dire... cornuti e contenti!

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