martedì, luglio 14, 2009

QUESTO BLOG ALZA LA VOCE

Questo blog aderisce allo sciopero di oggi, 14 luglio 2009, contro il ddl Alfano. Clicca qui

venerdì, luglio 10, 2009

PRIMISSIMO GOL DI DIEGO ALLA JUVE



Ribadisco... ci divertiremo!

giovedì, luglio 09, 2009

NON CI STIAMO DIMENTICANDO DI QUALCUNO?



Come si può dividere questi due? Sono stati fondamentali nella nostra storia, numeri alla mano la mglior coppia gol della nsotra storia. Vedo la tendenza a considerarli finiti, panchinari. Io invece non vedo l'ora di rivederli in campo assieme, come col Real nel 2003 e 2005, come il 5 maggio 2002 quando ad Udine segnarono entrambi, come nella stagione in B.

Giù le mani da questi due immensi frammenti di storia bianconera!

IL GENIO BIANCONERO




Ci divertiremo....

MAGLIE STAGIONE 2009\2010

Sono state presentate ieri le maglie per la prossima stagione. Di seguito due immagini:



Come primo impatto mi smebrano molto carine, anche se i numeri gialli sulla prima maglia sono sempre un pugno in un occhio, la seconda è quella che fa più dividere i tifosi. A me personalmente piace molto. De gustibus....

Ieri si è registrata una frenata sulla trattativa che porterebbe a Torino Felipe Melo, in quanto Marchionni non si è accordato con Corvino circa l'ingaggio (ballano 200 mila € di differenza). L'esterno romano è diventato in queste ore un bersagio della tifoseria bianconera, io chiedo che venga lasciato in pace: troverà certamente l'accordo con i Viola e noi avremo Melo; ma per piacere rispetto per chi è stato con noi in B e con la nostra malgia ha sempre dato tutto, nonostante la sfortuna si sia accanita su di lui!

mercoledì, luglio 08, 2009

GRAZIE GRAZIE GRAZIE

Felipe Melo è della Juventus. Alla Fiorentina 20,5 mln di € in contanti e l'intero Cartellino di Marco Marchionni (valutato 5 mln di €).

Finalmente un centrocampista di livello, a mio personalissimo parere il migliore in circolazione per la squadra bianconera.

Per la secondo volta in 1 mese (e che non diventi un vizio) faccio i miei complimenti alla dirigenza. Ora sotto con un esterno sinistro di livello, la cessione dei giocatori in sovrappiù (Poulsen e Almiron) e la conferma di Trezeguet.

martedì, luglio 07, 2009

CIAO MARCO

E' stato ufficializzato il passaggio in comproprietà di Marco Marchionni alla Fiorentina per 2,5 mln di €. So bene di non essere attendibile quando parlo dell'ala romana, in quanto è da sempre un mio pallino, ma trovo sia squallido svendere certi giocatori (5 mln tra lui e Mellberg) per acquistare altri a cifre clamorose (3 mln per Grosso, in dirittura di definizione).

Ciao Marco, ti auguro tanta fortuna alle dipendenze di papà Prandelli, uno che sa valorizzarti e col quale puoi ritrovare i tuoi splendori. Da noi hai trovato poco spazio e tantissima sfortuna, ma io non dimentico e ringrazierò per sempre te e tutti gli altri eroi che sono scesi in B con noi.

NEWS DA NAPOLI: C'E' UN TESTIMONE SANO DI MENTE!!!

Dario Galati: per chi guarda la luna, anziché il dito

La nostra redazione ha finora seguito in maniera puntuale e certosina la sfilata dei testimoni dell’accusa chiamati a deporre dai PM. Abbiamo ascoltato personaggi variegati, alcuni dei quali davvero pittoreschi, la cui attendibilità sarà accuratamente verificata dal Tribunale. Il giorno 30 giugno però è stato chiamato in aula un testimone che, a nostro parere, va letto e considerato con estrema attenzione, non solo per il contributo riveniente dalla sua vicenda professionale ma anche in relazione alla sua figura di punto di vista umano e morale.

Stiamo parlando di Dario Galati, attualmente ancora in servizio presso la FIGC, e di cui si parlò nei primi giorni dello scoppio della Farsa (maggio 2006) come possibile testimone chiave a sostegno di una accusa che fin dai primi giorni cercava puntelli che potessero tenere in piedi il castello montato dai giornali. Fu subito chiamato come persona informata a dare il suo contributo, e lui non si tirò indietro. Fu ascoltato dai Carabinieri, dai PM, dai Giudici Sportivi. A tutti raccontò la sua verità, uno spaccato della vita federale e arbitrale dal 1992 al 2005. Una verità però poco funzionale al Tribunale degli orrori di Ruperto, lontana dal Moggicentrismo della Gazzetta dello Sport, e molto orientata a sollevare il velo sulle vere contraddizioni dell’organizzazione federale, del mondo arbitrale, e del calcio in generale. Un palcoscenico in cui Moggi agiva da attore, come tutti gli altri, adeguandosi ai ritmi di una regia malata che fin dal 1999 aveva allestito una trama ridondante di conflitti di interessi, colpi bassi, invidie e sospetti.

E’ interessantissimo dunque analizzare la sua deposizione, spesso su temi che la nostra redazione aveva già affrontato, e che vengono confermati da Galati, insieme ad alcune “ciliegine” che vanno ad impreziosire la torta dei sospetti per un gioco che ormai, negli anni 2004 e 2005, aveva cominciato a farsi davvero pesante.

Ecco dunque che interrogato dal PM Caputo (che ha sostituito Beatrice) Dario Galati racconta la sua storia. Dario ha 41 anni, è in FIGC dal 1992; inizialmente non venne assunto regolarmente ma era pagato con delle diarie. Cominciò a lavorare presso la Commissione Arbitrale Serie C e aveva come responsabili Benedetti, 1 anno Lombardo-Tedeschi, 3 anni Lanese e poi dal 1998-99 Pierluigi Pairetto, che lo scelse come suo collaboratore nonostante fosse a tutti gli effetti ancora un “precario”.

Il 1999 fu l’anno chiave. La LEGA CALCIO stava lavorando ad un progetto di “professionismo arbitrale". La FIGC accolse questo progetto, sebbene fosse chiaro a tutti che questa svolta costituiva una vera anomalia. Il progetto sembrava andasse contro l’AIA, e partoriva un conflitto di interessi che minava l’imparzialità dell’arbitro. Ci furono diverse proteste del sindacato arbitri che provocarono le dimissioni di un risentito Boggi (leggi il contenuto della sua lettera).

Fu organizzata così la famosa cena “delle sette sorelle” (Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio, Parma e Fiorentina) durante la quale fu deciso, a scapito di tutte le altre società, l’assetto che doveva essere dato alla nascente Commissione Arbitrale Nazionale di A e B.

La CAN partiva da zero, non aveva neanche il programma SINFONIA, il software in uso all’AIA che consentiva di calcolare automaticamente tutti i dati relativi agli arbitri ed evidenziarne quindi le possibili preclusioni e altre statistiche.

Paolo Bergamo fu indicato, dalla LEGA e dal suo Presidente Franco Carraro, come Responsabile Designatore. Tuttavia il Presidente della Roma, Franco Sensi, riteneva il candidato della LEGA troppo vicino “politicamente” ai club del nord e invocò l’elezione di un “doppio designatore”, proposto dalla FIGC e che fosse un vero e proprio garante.

Nizzola propose Pairetto che fu dunque accoppiato a Bergamo. Pairetto arrivò alla CAN portandosi dietro Dario Galati, che nel frattempo aveva provveduto a far assumere regolarmente e che quindi nei suoi confronti nutriva un debito di riconoscenza. Oltre a Galati alla segreteria della CAN arrivarono Maria Grazia Fazi, segretaria di Bergamo e Manfredi Martino che si occupava dei rimborsi spese.

Maria Grazia Fazi, che era in una situazione molto simile a quella di Galati, inquadrata praticamente come commesso, cercava di farsi notare ed era molto ambiziosa, per cui cercava di imporsi a volte anche verso i designatori facendo più di quello che le veniva chiesto.

In ogni caso i designatori consegnarono ai tre collaboratori un documento che era un vero e proprio mansionario, in cui era scritto che la Fazi era delegata a parlare con le società. Da notare che la CAN veniva pagata dalla LEGA, cioè dalle società stesse, autorizzandole inconsciamente a considerarla come una cosa propria.

Galati rimase alla Segreteria CAN fino al gennaio 2000, quando i giornali riportarono la famosa vicenda dei Rolex regalati agli arbitri dal Presidente della Roma Franco Sensi. Pochi giorni prima di Natale a Galati venne chiesto di inviare alla sede di Roma e Lazio gli indirizzi di casa di designatori, arbitri e guardalinee. Lui si rifiutò. Riteneva una cosa del genere un invito alla “regalia” e non lo reputava moralmente accettabile. Qualcun altro lo fece al suo posto. E, sollecitato anche nel corso del controesame dell’Avv. Prioreschi (difesa Moggi), chiarisce che la Roma regalò ai designatori degli orologi Rolex del valore commerciale di circa 25 milioni di lire, agli arbitri orologi Rolex da 5 milioni di lire e agli assistenti dei più economici orologi non Rolex del valore di qualche milione di lire. Racconta la sua amarezza, visto che solitamente i regali agli arbitri passavano dalle segreterie e venivano distribuiti sotto gli occhi di tutti, pur non raggiungendo mai quel valore commerciale.

Sollecitato dal PM ricorda altri episodi della sua permanenza presso quell’ufficio. In particolare riferisce del fatto che c’erano varie società che avevano preso l’abitudine di telefonare, alcune delle quali in maniera addirittura insistente, e ricorda di come in Serie C tale contatto fosse inusuale e solitamente affidato a supporti cartacei.

Sempre nel corso dell’esame del PM, Galati conferma la sua partecipazione alle riunioni della CAN, con Bergamo, Pairetto, Nicchi (attuale Presidente AIA n.d.r.), Celli, Guidi e la Fazi. Spiega nel dettaglio che il suo compito era di gestire il software, e segnalare a Pairetto i casi da moviola da mostrare ai raduni arbitrali.

Conferma che la Fazi non aveva compiti precisi all’interno della segreteria e che si limitava a supervisionare il lavoro. Sottolinea che le griglie venivano preparate dai designatori, ai quali si premurava di fornire solo le risultanze del software. Ribadisce che insieme alla Fazi preparava i bigliettini e le sfere per effettuare il sorteggio e che a causa di un loro errore sulle preclusioni i designatori presero l’abitudine di verificare quello che la segreteria aveva preparato. Ricorda che, nel corso della stagione 98/99, le prime giornate il sorteggio venne effettuato con palline di plastica particolarmente scadente, per cui successivamente arrivarono quelle di metallo verniciato, con chiusura a baionetta che nell’uso si segnavano, circostanza che a volte le rendeva riconoscibili. Su questo punto molto interessante l’intervento, nel corso del controesame di Galati, dell’Avv. Morescanti (difesa Fabiani), la quale sottolineava la fragilità delle palline di metallo, che a quanto pare subivano ad ogni sorteggio nuovi danni causati dal rimescolamento nell’urna, ragione per cui anche il riconoscimento esteriore era assolutamente empirico.

Come episodi particolari Galati racconta quello che accadde all’inizio della stagione 99-00. Sensi era alle prese con i suoi fantasmi e, in piena lotta di potere, alla seconda giornata ci fu un Roma-Inter che venne affidato all’arbitro Domenico Messina. Nel corso della partita la Roma si sentì danneggiata e nacquero le solite polemiche (da notare che la squadra favorita in quel momento sarebbe stata l’Inter….)

Al quinto turno fu reinserito Messina in griglia per la Fiorentina-Roma e Galati si preoccupò di segnalare che la cosa sembrava inopportuna, ma non fu ascoltato neanche dallo stesso Pairetto che invece gli disse che “aveva degli elenchi”, senza ulteriori commenti.

Altra piccola anomalia che Galati racconta è il sorteggio arbitrale per l’anticipo di serie B, che avveniva nella sede della CAN a cura degli impiegati della segreteria. In alcuni casi Galati segnala che i designatori gli chiesero di non farlo e di dire che l’arbitro sorteggiato fosse quello indicato da loro. Galati ricorda almeno tre episodi in cui ciò avvenne, ma precisa che le spiegazioni che gli furono date erano più che plausibili soprattutto in relazione a fatto che gli arbitri e le società interessate erano comunque sempre diverse.

Un importante episodio di conflitto di interessi fu il momento della nomina del rimpiazzo di Boggi come arbitro internazionale. Solitamente ciò avveniva su segnalazione da parte del Presidente dell’AIA al Presidente della FIGC che provvedeva alla nomina. I due designatori ritenevano però che la scelta fosse esclusivamente tecnica e su questa base proposero Tombolini, che si contrappose al candidato AIA appoggiato da Gonella, che era Farina. Non riuscendo a trovare un accordo rimisero la scelta al Presidente Federale, non prima di aver aggiunto un terzo candidato, De Santis, e aver commissionato uno studio tecnico quantitativo sul rendimento degli arbitri che fu preparato dallo stesso Galati, che però lo considerava poco significativo in quanto basato semplicemente su dati statistici e privo di altre importanti informazioni di tipo caratteriale e culturale. A spuntarla in quel caso fu Massimo De Santis (e probabilmente dei tre era davvero il migliore tecnicamente, visti i disastri che gli altri due hanno combinato negli anni successivi).

Galati lavorò quindi alla Segreteria CAN per poco più di sei mesi dal luglio 99 a gennaio del 2000. Successivamente, essendo in buoni rapporti con Virginio Quartuccio chiese di andare a lavorare alla segreteria AIA, e in séguito al settore giovanile scolastico dove conobbe Innocenzo Mazzini che, quando venne eletto vicepresidente della FIGC nel dicembre 2001, gli propose di seguirlo presso la sua segreteria dove prestò servizio fino al maggio del 2005.

Tra gli episodi salienti dei suoi anni alla vicepresidenza federale Galati ricorda una telefonata di Mazzini in cui il vicepresidente federale gli confidò che Abete aveva effettuato dei controlli tra le buste paga dei dipendenti e i bonifici effettivamente erogati, trovando numerose discordanze. La circostanza avrebbe fatto ipotizzare l’esistenza di capitoli di bilancio falsi presso la FIGC, ma di questa vicenda non si seppe nulla. (n.d.r. nonostante una misteriosa interpellanza parlamentare effettuata dal senatore Gigi Malabarba, membro del Comitato di Controllo Parlamentare sui Servizi Segreti in data 7 marzo 2006 atto 4-10255 seduta nr. 964 della XV Legislatura. Il senatore in questione chiese spiegazioni in Parlamento circa l'origine di alcuni bonifici di poche migliaia di euro che vennero rintracciati sui conti di alcuni impiegati della FIGC.)

Galati ricorda inoltre che Mazzini aveva rapporti, telefonici e non, con tutti i presidenti di società, nell’ambito del suo ruolo istituzionale di vicepresidente federale.

Nel maggio del 2005 Galati lasciò la segreteria di Innocenzo Mazzini sostanzialmente perché si sentiva sfruttato e non gratificato, in quanto riteneva di avere un grado troppo basso rispetto alle effettive responsabilità, che gli venivano affidate infatti mediante delle lettere di incarico specifiche.
Il suo divenne un vero e proprio calvario, si innescò un contenzioso con la FIGC e la sua vicenda assunse i contorni del mobbing, anche perchè a causa di gravi motivi di salute fu costretto a rimanere per lunghe settimane in malattia. Nel novembre 2005 rientrò al lavoro e nel marzo del 2006 venne trasferito alla CAF, la Corte di Appello Federale, a quei tempi nell’occhio del ciclone per il caso Genoa.

Alla CAF Galati non aveva grossi incarichi, ma si accorse subito delle gravi carenze nell’ambito delle procedure di protocollo dei documenti, per cui decise prudentemente di non apporre la sua sigla sui documenti che maneggiava. Denunciò questa carenza ma di fatto, essendo già in pieno mobbing, venne marginalizzato e successivamente velatamente accusato di aver fatto sparire alcuni documenti.

In particolare ci fu un episodio in cui scomparve un documento riguardante la vicenda Boudianski-Zetulayev, (i giocatori erano stati tesserati dalla Reggina ma erano della Juventus, e quest’ultima aveva presentato ricorso, vincendolo, sulla base di un conflitto tra una norma dell’ordinamento statale e una norma sportiva). L'arcano viene spiegato dall'avv. Prioreschi nel corso del controesame: il documento non fu illecitamente sottratto agli archivi, ma era stato inviato alla procura di Roma nell'ambito del processo GEA.

Fino a questo punto le dichiarazioni del testimone Galati sono molto interessanti. Ma diventano addirittura deflagranti nel corso del controesame effettuato dall’Avv. Prioreschi che sapientemente fa emergere alcuni importanti circostanze.

La prima riguarda il giornalista di Repubblica Corrado Zunino.

Galati conferma che lo chiamò il secondo giorno dopo l’uscita delle intercettazioni, il 4 maggio 2006, mentre c’era ancora il segreto istruttorio sul materiale che veniva diffuso. Zunino lo chiama e gli disse di volerlo incontrare e che conosceva la sua vicenda; Galati accettò perché sperava di poter affrontare la sua questione lavorativa, spiegargli il suo concetto di dipendente come servizio pubblico, parlare della prima volta in cui un sindacato era entrato all’interno di una federazione privatizzata. Il giornalista gli promise di fare un articolo che parlasse del suo mobbing e dei diritti dei lavoratori, e che non avrebbe mai usato il suo caso; ma fin da subito deluse le sue attese e dopo qualche tempo, ad ottobre 2006, lo invito di sera presso la sede sportiva di Repubblica a Roma, chiedendogli di aiutarlo a sbobinare le intercettazioni relative a Calciopoli, che erano in possesso di Zunino su alcuni CD che contenevano tutti i files.Il finale del controesame di Prioreschi è deflagrante. L’avvocato di Moggi chiede a Galati se conosce Alessandro Lulli, ex-guardalinee, collaboratore della Figc, addetto Club Italia per i rapporti con gli arbitri internazionali. Galati annuisce e parla di un episodio che all’epoca aveva sottovalutato, ma che alla luce di quanto accaduto in questi anni appare davvero inquietante.

Lulli gli confidò che nell'aprile 2005 era andato a fare l’accompagnatore della terna arbitrale per la partita Milan-Inter di Champions League e gli disse che la terna non era rimasta contenta del trattamento ricevuto dalla società ospitante (il Milan); poi iniziò uno strano discorso sul fatto che aveva parlato con un dirigente dell’Inter, probabilmente individuato nella figura di Rinaldo Ghelfi, e questi gli aveva confidato che avevano commissionato ad una società privata di investigazioni una indagine/dossier ai danni della classe arbitrale, specificandone perfino il costo di circa 500 mila euro. Indagine però illegale e quindi inutilizzabile. Resta da capire quali fossero le risultanze di questa indagine.

(Qualche tempo fa Moratti aveva confermato che c’era stata una indagine o qualcosa del genere, specificando però che i risultati erano stati negativi. Fatta questa considerazione ci sono tre possibili ipotesi. La prima è che il dossier di Ghelfi è lo stesso dossier confermato da Moratti e quindi è inutilizzabile perché non contiene nulla. La seconda è che il dossier di Ghelfi è diverso da quello confermato da Moratti. La terza è che il dossier confermato da Moratti conteneva qualche spunto interessante ma Moratti ha mentito, per evitare che qualcuno gli chiedesse conto delle informazioni illegalmente acquisite).

Tra quelle ascoltate finora riteniamo la testimonianza Galati una delle più ricche e adatte a capire fino in fondo la realtà del caso Calciopoli. Il lettore più attento avrà sicuramente notato che Dario Galati non nomina mai Luciano Moggi, e non certamente perché è il suo difensore d’ufficio. Non lo nomina perché focalizza la sua analisi sul conflitto di interessi, sulle contraddizioni interne alla FIGC, sulle lotte di potere, sui punti deboli del sistema federale e della Lega.
Tutta roba che non fa “sentimento popolare” e che non serve a eliminare nemici scomodi e sfortunatamente molto bravi.

Come nella migliore tradizione, mentre tutti guardano il dito, Dario Galati guarda alla luna, e lucidamente ci aiuta a capire.

Fonte: www.ju29ro.com

giovedì, luglio 02, 2009

LA GUERRA NON E' FINITA

Tornano d'attualità i temi di Farsopoli e ora che il processo entra nella fase calda, noi dobbiamo continuare sulla strada intrapresa.

Da qualche giorno seguo la vicenda Gilioli sul suo blog personale, il che mi ha fatto molto riflettere. Per chi non fosse informato, tal giornalista dell'Espresso ha pubblicato ad inizio settimana un pezzo sul gionale di tiratura nazionale nel quale mette in dubbio qualsiasi aspetto del processo di Napoli, facendo chiaramente intendere tantissime inesattezze. Non entro nel merito, in quanto l'hanno già fatto altri e ne ho dato contro in uno dei post precedenti, ma mi ha sopreso (positivamente) l'attacco che il giornalista ha subito sul suo blog.

La mia opionione è semplice: bravi a tutti. Nessuno che si è permesso di insultare il Gilioli, ma ha piuttosto argomentato le proprie tesi con dati e fatti certi, lasicando agli oppositori le solite congetture da bar, i "lo sanno tutti" e soprattutto, la mia preferita in assoluto, "quel che è stato è stato, ormai nulla può cambiare le decisioni della giustizia sportiva".

Premettendo che io non credo alla buona fede dei giornalisti, così come non la credo dei gelatai, dei baristi. Ovvero, non credo alla buona fede in generale e non mi piace ragionare per categorie. Ma voglio sperare che il Gilioli abbia espresso il suo libero pensiero e in questo contesto hanno fatto bene i lettori a segnalargli, con i dovuti modi, che le cose non stavano proprio in quel modo. Come detto, i file integrali di tutte le udienze del processo sono a disposizione di tutti sul sito di Radio Radicale, e cosa c'è di meno malleabile che le registrazioni integrali, nelle quali possiamo sentire gli interrogatori sia dal punto di vista dei contenuti, che dal tono nel quale vengono posti. Io me li sono ascoltati tutti e posso dire di essere motlo sollevato: se il tribuna è giusto (non come nel 2006), le cose si rovescieranno.

Purtroppo per molte persone, ormai Internet è una fonte inesauribile di notizie e grazie ad esso non dobbiamo passare dal filtro dei giornalisti dei quali, lo dico da sempre, non mi fido. Ne abbiamo avuto lampante prova nel 2006, ne abbiamo costante riprova ogni giorno.

Cari giornalisti, il popolo non ha l'anello al naso e con un minimo di impegno può reperire da solo le notizie, ognuno così è giornalista di se stesso. Negli anni avete abusato della vostra posizione per fare disinformazione e ora molti hanno aperto gli occhi, dubitando di goni cosa voi scriviate. Non è che essendo iscritti all'abo avete più potere di noi, anzi l'avevate, ma questo potere morirà assieme alle vecchie generazione. Rassegnatevi, siete finiti. E io ne godo.

Detto questo, vorrei riprendere a pieno ritomo l'attività del blog, ma per fare questo mi serve aiuto. Chiunque volesse proporsi, senza impegno alcuno, è pregato di contattarmi all'indirizzo mail: antiinfjuve@hotmail.it

mercoledì, luglio 01, 2009

GLI AUDIO INTEGRALI DEL PROCESSO

Per chi fosse interessato ad ascoltare i processi di Napoli senza passare dal filtro fazioso e prezzolato dei giornaliai italiano, è pregato di utilizzare i seguenti link, gentilmente forniti da Radio Radicale e a disposizione di tutti. Io consiglio di ascoltare per bene le udienze in aula, per capire le differenze con quello che i giornalai ci spacciano per conclamate verità.

16 giugno 2009, teste Gianluca Paparesta
26 maggio 2009, teste Danilo Nucini
19 maggio, teste Romeo Paparesta

I GILIOLI FIORISCONO

Calciopoli: "L'Espresso" nello stagno interista


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Piovono rane nello stagno di Calciopoli. Arriva da lontano l'isolato gracchiare colpevolista del giornalista nerazzurro Alessandro Gilioli. Prima dell'articolo firmato su "L'Espresso" questa settimana su Calciopoli, ci eravamo accorti di lui solo perchè l'avevamo trovato fra gli autori vari di "Basta Perdere". Di cosa si trattava? Di un libro scritto a più mani in cui "ventuno scrittori raccontano la loro insana passione sull'Inter". Chissà se nell'immagine di copertina del libro il Gilioli, essendo uno fra i due curatori della pubblicazione, fa lo psicologo o l'interista sdraiato sul lettino della psicanalisi. Fatto sta che il libro è uscito nel 2002, magari dopo il 5 maggio, e da apprendista psicologo il nostro Gilioli ha cercato un po' di stendere l'Inter sul lettino per capire ancor meglio la propria natura di perdenti. Fra i titoli perla dei capitoli del libro segnaliamo: nerazzurri razionali, nerazzurri psichiatrici, nerazzurri innamorati, nerazzurri da piccoli, nerazzurri inconsolabili, nerazzurri immaginari, nerazzurri per amore e per forza.
basta perdere

Chissà in quale categoria di interisti si è infilato Gilioli? Magari in quella "psichiatrici" o "da piccoli"? Non lo sappiamo, chiederci di leggere anche il libro per scoprirlo sarebbe troppo. Di questo giornalista, tifoso nerazzurro, ci è bastato leggere appunto l'articolo "Dimenticare Calciopoli" sul numero de "L'Espresso" del 27 giugno. Roba indigesta da leggere per chi come noi del processo di Calciopoli sta seguendo i fatti. Poi abbiamo visto che chi aveva scritto cotanto articolo non è propriamente una persona "sopra le parti" ma un tifoso nerassurro ed è stato come prendere un Alka Seltzer. Ci siamo digeriti tutto lo stagno!

Ora che abbiamo inquadrato con certe tinte il personaggio, possiamo capire perché il pezzo in questione attacchi scrivendo di "Giudici svogliati. Parti civili eliminate. Pm trasferiti. E un clima molto perdonista. Così sta naufragando il processo su cui doveva rifondarsi il pallone italiano." Abbiamo capito male o forse il Gilioli è fra quelli che ritengono che la rifondazione dei sistemi non la facciano le leggi ma i processi? Se le cose non vanno così i giudici sono svogliati, non va bene che siano state eliminate le parti civili e chi se ne importa se sono stati gli stessi pm (Beatrice) a chiedere il trasferimento magari al sentore dei primi tanfi di bruciato!

Et voilà, il Gilioli individua subito "la frase rivelatrice" dell'andazzo che tanto lo preoccupa del processo di Calciopoli. Fa riferimento a quando la presidente Casoria al termine dell'udienza del 19 maggio si lasciò scappare un "ci sono processi più seri da fare, in questa sezione", specificando che si trattava di quei processi che riguardavano persone rinchiuse in carcere. Ma questo l'articolo non lo dice, ma l'autore si sgomenta di quella frase e non si capacita tanto da scrivere: "proprio così: processi più seri, come se quello in corso a Napoli su Calciopoli fosse una mezza buffonata, un'inutile parata." Sigh, "se lo dice il magistrato - considera il Gilioli - non è che il resto del mondo possa prendere troppo sul serio l'esito giudiziario."

Che il Gilioli non sia minimamente sfiorato dal dubbio che il tutto sia veramente una "mezza buffonata" lo si capisce dalle righe successive in cui riprende il refrain più gettonato dell'estate 2006 alludendo a "quello che pure è stato il maggiore scandalo della storia del calcio italiano, con la squadra più scudettata del paese finita in serie B". Il paradosso arriva quando l'aficionados nerazzurro si lamenta del fatto che "i giornali - con rarissime eccezioni - non regalano al processo di Calciopoli più di un mezzo colonnino al mese, e nessuno ne parla più nemmeno nei bar sport in tivù."

Ehi, boys!!! Non sarà per caso perché i fatti che escono dalle udienze, "distrattamente" non menzionate nell'articolo, stanno dimostrando che le cose non sono andate come ormai solo chi ha i paraocchi non vuole vedere? Qualcuno dica anche in curva nerazzurra che si possono ascoltare i files delle udienze scaricandole dal sito di Radio Radicale, sempre che non si voglia approfittare dei report che scriviamo puntualmente su ju29ro.com!

giglioli

Alessandro Gilioli (il primo da destra)

Si riflette anche nel pezzo pubblicato su "L'Espresso"(...) sui grandi campioni che lasciano la serie A per emigrare all'estero, con la Nazionale azzurra che fa pietà perfino contro la Nuova Zelanda, con le percentuali di riempimento degli stadi inferiori non solo alla Spagna e all'Inghilterra, ma anche alla Germania. Sempre colpa di Moggi? Eh già, si scrive che "nonostante lo snocciolarsi di testimonianze talvolta agghiaccianti sul degrado di dirigenti e arbitri in gran parte rimasti ai vertici del giro, l'atmosfera del processo pare se non proprio innocentista (alla fine qualche singolo imputato pagherà) certamente perdonista verso il sistema nel suo complesso, verso l'establishment pallonaro in cerca di continuità e silenzio." E' curiosa la generalizzazione di testimonianze definite "agghiaccianti", non si dice quali, ma secondo il giornalista è più utile accennare a una presunta "atmosfera perdonista" che evidentemente condiziona il processo. Chissà se il Gilioli si è ascoltato la deposizione e il contro-interrogatorio all'arbitro Nucini, improvvisato 007 al servizio dell'amico nerazzurro, o magari Gazzoni Frascara costretto a fare nomi e cognomi di chi "si dice" abbia firmato fideiussioni farlocche.

Il fatto che siano state fatte fuori dal processo le parti civili è per il giornalista de L'Espresso "una prova molto concreta dell'andazzo", perché in fondo, si evidenzia nell'articolo, "Juventus, Lazio e Fiorentina sono già condannati dalla giustizia sportiva." Eh sì, il processo sportivo come la madre di tutti i processi. Strano concetto di giustizia quello che traspare da questo passaggio. Si prende a riferimento un processo sportivo sbrigato in quindici giorni, azzoppato di un grado di giudizio e in cui la difesa non ha praticamente avuto la possibilità di eccepire nulla. Ma questo dovrebbe accadere solo nelle dittature e non nei tribunali di uno stato di diritto!

Ma non contento il Gilioli si spinge ancora più in là con l'argomento "Non si tratta di briciole: in caso di risarcimento civile, i tre club sotto processo avrebbero dovuto sborsare ... una cifra tra i 150 e i 300 milioni di euro: vale a dire i mancati ricavi, tra pubblico e diritti tivù, derivanti dalla retrocessione. Ovvio che una fuoriuscita simile di cash (per cui Juventus, Fiorentina e Lazio erano chiamate in solido) avrebbe ridimensionato drasticamente le disponibilità di cassa delle società condannate, riducendo le loro chances di acquistare nuovi giocatori e di pagare profumatamente i campioni già in organico. Uno scenario da incubo, tanto per la Juventus e la Fiorentina (che l'anno prossimo devono giocare la Champions League) quanto per la Lazio (che pure ha davanti a sé una competizione europea e dietro di sé una montagna di debiti pregressi). E' il punto che preferiamo di tutto il pezzo: è la conferma che dal lettino della copertina di "Basta perdere", il Gilioli tifoso nerazzurro non si è più rialzato!

A ridere per le motivazioni dell'esclusione delle parti civili non sono tanto gli addetti ai lavori a cui fa riferimento l'articolista (docenti universitari, magistrati, avvocati etc) ma chi legge deduzioni secondo cui l'esclusione "non avrebbe avuto una proporzionata eco di stampa solo per l'accondiscendente rispetto nei confronti di soggetti eccellenti quali le proprietà delle società interessate, soprattutto il gruppo Fiat e la Tod's". Chissà perchè quando scoppiò Calciopoli i giornali nell'orbita Fiat sono stati i primi ad alzare il ditino e appuntarlo contro Moggi e Giraudo? Qualcuno lo spieghi al Gilioli seondo cui "l'orientamento della giuria di Napoli è comunque emerso in modo chiaro: si potrà condannare qualcuno ormai fuori dal giro - come Giraudo e Moggi - ma il sistema calcio non deve essere turbato." Ma certo, ormai sono atmosfera e orientamenti quelli che dettano le sentenze nei processi, chissenefrega dei fatti!

E il Gilioli, per quel che scrive, "sembra" preoccupato come sembra preoccupato il pubblico ministero Giuseppe Narducci riguardo all'andamento del processo. Perchè? Ma perchè "le tre giudici Teresa Casoria, Maria Pia Gualtieri e Francesca Pandolfi manifestano spesso la loro noia, capiscono palesemente poco o niente di calcio e soprattutto non sembrano interessate a comprendere i collegamenti della 'cupola' così come emergono dalle intercettazioni." Rispetto all'accertamento dei fatti in sede civile quindi, secondo il Gilioli, è rilevante che le giudici non si interessino di calcio per tacer del resto. Aberrrante! Ma perché non trovare un altro ex consigliere di amministrazione dell'Inter per la presidenza della IX sezione del Tribunale di Napoli?

L'ultima dallo stagno è riservata alla conclusione "Difficile che almeno Moggi e Giraudo ne escano senza danni - sentenzia l'articolo - Ma rischia anche di passare il principio secondo cui il calcio italiano già è in crisi per conto suo, ci manca solo che gli si chieda di pagare per errori del passato." Auspica nuovi protagonisti il Gilioli, anche in Federazione e in Nazionale che "dopo un breve intermezzo sono tornate in mano agli uomini dell'era Calciopoli..." Gilioli fa le carte al processo continuando ad annusare le atmosfere. Ancora una volta sembra che non contino i fatti processuali per arrivare alle sentenze, ma "il principio secondo cui..." L'allusione poi a Lippi in particolare come "uomo dell'era di Calciopoli" è la degna fine di un pezzo da "caccia alle streghe".

Che dire ancora? Pezzi come questi, scritti da chi si fa scudo di un'autorevole testata, per celare la propria maglietta da tifoso, ci fanno vergognare anche per chi, scrivendo, vergogna non ne ha.

PAPARESTA DA TESTE CHIAVE DELL'ACCUSA A SCAGIORNATORE

Paparesta smentisce i condizionamenti di Moggi e scagiona Bertini

paparesta
L'altro ieri, in un'aula di tribunale di Napoli, grazie alla deposizione dell’ex arbitro, vittima di Farsopoli, Gianluca Paparesta, per l’ennesima volta sono state fatte a pezzettini le balle del 2006, quando i maggiori media mistificarono alcune conversazioni telefoniche riguardanti la famosa Reggina – Juve 2004-05 per far credere che Moggi condizionasse gli arbitri avvalendosi di fantomatici metodi di intimidazione. Fu davvero un caso di sfacciato capovolgimento della realtà, basti ricordare che stiamo parlando di una partita persa dalla Juve grazie a clamorose sviste arbitrali (un rigore negato e due gol annullati ai bianconeri) e che chi sbagliò quelle valutazioni, danneggiando il cammino in campionato della Juve, oltre, ovviamente, a non subire alcuna ritorsione “fisica” come i pinocchi delle gazzette dell’estate 2006 hanno avuto la spudoratezza di raccontare senza mai fare realmente ammenda una volta smascherati, non subì alcuna conseguenza per la propria carriera, dato che in quella stagione è poi stato uno degli arbitri più e meglio impiegati dell’intera CAN, dirigendo 40 partite, tra serie A, B e coppe europee. Semmai, come ha raccontato ieri ai giudici, la sua carriera è stata stroncata dalla calunniosa campagna giornalistica di Farsopoli, altro che Moggi; infatti, una volta archiviata la sua posizione a Napoli, è stato dismesso proprio sull’onda del clamore del fasullo scandalo.
D’altronde, se uno ascolta l’udienza di ieri per quel che è realmente stata (sempre sia lodata Radio Radicale) e poi si mette a leggere i resoconti delle maggiori testate, non può che avvertire la presenza di qualcosa di patologico nell’ostinazione con cui i fatti che ne scaturiscono vengono deformati. Viene da chiedersi, tanto per dirne una, se è solo per motivi di tempo che mai nessuno riporta quel che produce il controesame dei difensori, limitandosi tutti al riassunto della tesi dei pm. Che resoconto è mai questo? Lo sanno, questi esperti di giudiziaria, che, a differenza della Figc nel 2006, il CSM, almeno per ora, non è commissariato da un tifoso dell’Inter?

La deposizione di Paparesta, guidata nella sua prima parte dalle domande del pm Narducci, inizia con la rievocazione delle sue traversie seguite a Farsopoli: dopo lo scoppio dello scandalo, non è più stato riammesso ad arbitrare. Inizialmente, essendo indagato, le ragioni di opportunità ci stava pure, ma dopo l’archiviazione dell’inizio 2008, è stato dismesso comunque.

LA BUFALA DEL SEQUESTRO

Reggina-Juve del 6 novembre 2004: anche qui, Gianluca conferma quanto già raccontato dal padre. Rievoca le proteste nel post-partita di Moggi e Giraudo, veementi ma prive di insulti, e nega di esser mai stato chiuso nello spogliatoio, d’altronde c’erano altre persone con lui. Nel controesame di Trofino (avvocato di Moggi), ammette che la vistosità della reazione dei dirigenti juventini era proporzionata alla vistosità dei suoi errori, nel senso che nel mondo del calcio è una cosa che, per quanto eticamente sanzionabile, capita eccome, e spesso per motivi meno evidenti.
Sul mancato referto relativo alle proteste juventine, nonostante i tentativi del pm di fargli attribuire la sua decisione alle intimidazioni Juve, nel controesame dell’avvocato Trofino, ammette che se, al posto della Juve, ci fosse stata l’Inter o il Milan, le sue valutazioni sarebbero state le stesse. Sulla sospensione che ebbe dalla CAN per quegli errori, inoltre, ritiene che si sia trattato di normale prassi e non di pressioni bianconere. D’altronde, come fa rilevare l’avvocato di Bergamo, nel 2004-05 Paparesta arbitrò un numero ragguardevole di partite, 40 tra campionati, coppe, tornei, un numero che fa di lui un arbitro di punta, uno che viene valorizzato, non certo penalizzato. Inoltre, dopo quel Reggina – Juve, lo stop che subì fu assolutamente minimo: il 14 novembre, e cioè la settimana dopo, già arbitrava Torino-Venezia. Il 25 novembre, addirittura, una partita internazionale come Benfica – Dinamo Zagabria. Il 28 novembre Messina-Fiorentina di serie A.

IL CELLULARE DI PAPA’

Il teste ha poi ripercorso la storia dei rapporti del padre con Moggi e Fabiani, ribadendo punto per punto quanto già raccontato in prima persona da Romeo, per cui vi rimandiamo al corrispondente resoconto.
Sulla telefonata post Reggina – Juve a Moggi, Paparesta conferma l’uso del cellulare del padre, che l’aveva invitato a farsi sentire con Moggi per reagire agli attacchi dei media e alle accuse di malafede da parte dei dirigenti juventini. Dal controesame degli avvocati di Fabiani e Bergamo, finalmente capiamo che Gianluca Paparesta manco sapeva che quel cellulare provenisse da Moggi, né che contenesse una sim svizzera. La provenienza del cellulare Gianluca la scoprì solo dopo lo scoppio di Farsopoli. Oltre alla telefonata in cui Moggi gli riattacca il telefono, Gianluca, su invito del padre che gli prestò l'apparecchio, usò quell’utenza anche il giorno dopo, a Bagno di Romagna, previo contatto pomeridiano con Fabiani. Il ruolo di Fabiani in quel caso, come evidenziato nel controesame dell’avvocato dell’ex ds messinese, fu solo quello di interessarsi affinché si spegnessero le polemiche scoppiate in quei giorni. La sera, poi, Gianluca ebbe con Moggi un colloquio più pacato, anche se ciascuno restò fermo alle rispettive posizioni.
Altri contatti ipotizzati dall’accusa sono stati smentiti: il 17 gennaio 2005, da Quarto d’Altino, dove l’arbitro si trovava in compagnia del padre, partì una telefonata a Fabiani, ma si trattava di un appuntamento telefonico di papà Romeo, e Gianluca ricorda che il padre aveva il telefono scarico e provò ripetutamente a chiamare dall’albergo.
Per quanto concerne la telefonata tra Moggi e Bergamo del febbraio 2005, quella famosa in cui parlano della griglia del sorteggio arbitrale per l’imminente giornata di campionato, con Moggi che afferma di sapere che Gianluca tornerà il venerdì da una trasferta in Turchia per un torneo giovanile, il teste nega di aver sentito Moggi, ipotizza che l’informazione gli fosse stata data dal padre (che gliel’ha poi confermato), e per altro fa notare che tale informazione era sbagliata, perché in realtà tornò in Italia solo il sabato (come sosteneva il suo commissario Bergamo).
Per il resto, oltre ai contatti post-Reggio, non ne ebbe mai altri con Moggi e Fabiani, né su quella svizzera né tramite altre utenze. Paparesta conosceva Fabiani di vista, come un dirigente qualsiasi, che incrociava solo quando arbitrava le partite della sua squadra. E Fabiani mai tentò di contattare Paparesta, nemmeno per il tramite di suo padre.

I RAPPORTI CON BERTINI

C’era poi un’altra ipotesi accusatoria sulla quale si fonda l’attribuzione di una Sim svizzera a un altro arbitro, Paolo Bertini. Ebbene, mai Paparesta ebbe contatti con Bertini su Sim svizzere.
Attenzione: Paparesta ha raccontato che Bertini era, tra gli arbitri, quello a lui più vicino, amico e confidente. I due si sentivano spesso, si facevano coraggio nei momenti difficili delle rispettive carriere. Ebbene, su esplicita domanda del difensore dell’arbitro toscano, Paparesta ha detto che Bertini non gli ha mai parlato di telefonini svizzeri, né ricorda di averlo mai chiamato su utenze straniere.
Questo dato non è certo da poco, perché va a smontare un assunto adottato dalla giustizia sportiva in occasione della cosiddetta "Calciopoli" 2, allorché Bertini venne sanzionato (in primo grado; in seguito fu assolto per il "ne bis in idem") proprio per queste accuse della giustizia ordinaria.

JUVE – LAZIO DI COPPA ITALIA

Prima di Reggina – Juve, si era ipotizzato che la longa manus della fantomatica cupola moggiana avesse iniziato a prendere di mira l’arbitro barese dopo la finale di coppa Italia 2004, nel maggio di quell’anno. Si era detto che Paparesta era stato sottoposto a sospensione della CAN in seguito al malcontento della Juve, che aveva perso la coppa.
In realtà, dal controesame di Trofino, scopriamo che Paparesta aveva subito una sospensione a causa della violazione del precetto disciplinare che impedisce agli arbitri di rilasciare dichiarazioni ai giornalisti dopo il
match. Paparesta era stato intervistato dalla Rai, e quindi i designatori l’avevano sanzionato. Inoltre, l’avvocato di Bergamo ha ricordato all’arbitro la dichiarazione, in quel post-partita, del laziale Giannichedda: “Devo ringraziare l’arbitro, è stato buono a non darmi il secondo giallo”. Quindi, ci furono anche degli errori pro-Lazio che spiegano la diffidenza di Moggi nei suoi confronti.
Al di là di tutto, resta il fatto che, come ricorda l’avvocato, la sanzione non fu particolarmente pesante: Bergamo autorizzò Paparesta ad andare ad arbitrare un torneo a Ostuni pochi giorni dopo il match incriminato, e che comunque in giugno arbitrò una partita di B e il 27 luglio venne pure mandato a dirigere un match di intertoto.

I RAPPORTI CON I DESIGNATORI

A Paparesta sono state fatte alcune domande sui rapporti fra gli arbitri e i designatori nel periodo incriminato. L’arbitro
barese si descrive come una persona introversa, che non rientrava nel novero degli arbitri con un rapporto di particolare confidenzialità con i designatori. Richiesto di fare dei nomi, descrive Trefoloni come il più vicino a Bergamo e Pairetto, e in secondo luogo De Santis e altri.
Curioso poi che il pm abbia chiesto a Paparesta di rievocare come i designatori valutarono, insieme agli arbitri, due partite molto contestate di quell’anno, e cioè, Lazio-Brescia e Lazio-Fiorentina, dirette rispettivamente da Tombolini e Rosetti. Gianluca si ricorda che a Coverciano ci si soffermò molto su un mancato rigore alla Lazio nella prima, e su un mancato rigore alla Fiorentina nella seconda. Curioso, si diceva, più che altro per il fatto che la stessa domanda non gli è stata posta per Reggina-Juve. Evidentemente, i designatori non sottoposero Paparesta a grandi pressioni, per quegli errori ai danni della Juve.
Richiesto dall’avvocato di
Pairetto, Paparesta poi nega di aver mai ricevuto da Pairetto richieste di privilegiare qualche squadra in particolare.
E infine, quando l’avvocato di Bergamo gli chiede un parere sul sistema arbitrale ora in vigore per paragonarlo a quello sotto processo, l'ex fischietto barese non rileva particolari differenze.

A proposito, a questo resoconto manca un dettaglio fondamentale: Gianluca Paparesta è stato chiamato a deporre in quanto testimone dell'accusa, risultando, come si è visto, molto più utile alla difesa. E ciò fa tanta più impressione, se consideriamo che sempre l'altro ieri il grande accusatore di Moggi, Franco Baldini, non si è nemmeno presentato.

Fonte: www.ju29ro.com

DANILO NUCINI: UN UOMO UN PERCHE'

Il mio nome è Bond, Danilo Bond


nucini
Qualche mese fa ti chiedevo un po' scherzando un po' sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico,
tanto da sentirci almeno una volta protetti, e tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa
non potevo chiedertela, non ne eri capace.

Fantastico.
Non ne era capace la tua grande dignità, non ne era capace la tua naturale onestà,
la sportività intatta dal primo giorno che entrasti nell'Inter
Strofa di una nota hit dell’estate 2006



Danilo Nucini, ex fischietto bergamasco attivo in serie A e B dalla seconda metà degli anni ’90 alla stagione 2004-05, si è presentato in aula, l’altro ieri (26 maggio), per raccontare l'ostracismo a lui riservato dall'intero mondo arbitrale, tanto da privarlo dalla possibilità di fare carriera ad alti livelli. Si è ripetutamente definito uno spirito libero, un uomo senza padroni, ma la storia che ha raccontato ha molte falle, e nel raccontarla è incorso in numerose imprecisioni e contraddizioni, reagendo con spocchia e nervosismo a chi glielo faceva notare.
Molta specie ha fatto il racconto della sua assidua frequentazione, mentre era un arbitro in attività, con un massimo dirigente dell’Inter, il compianto Giacinto Facchetti, che ha descritto come un punto di riferimento costante a cui si rivolgeva per trarre conforto dai suoi problemi di carriera.
Senza contare le numerose inesattezze e bizzarrie che costellano la storia degli incontri con Fabiani e Moggi e la faccenda della SIM italiana con relativa omessa denuncia. Ma andiamo per ordine.

L'OSTRACISMO DEL MONDO ARBITRALE

Nucini accusa la Commissione Arbitrale Nazionale di aver sempre gestito con logiche clientelari le carriere, senza criteri meritocratici, ripetutamente dichiarandosi vittima del sistema.
Significativa però l’ammissione di aver avuto problemi con tutti i commissari che si sono succeduti alla guida della CAN, nessuno escluso, da Casarin, a Baldas/Mattei, a Pairetto e Bergamo. Nucini racconta candidamente di aver litigato con tutti. Inoltre, ammette di non aver mai legato nemmeno con i colleghi, di essersi sempre tenuto isolato dagli altri. A suo dire, il problema non era lui, ma resta il fatto che chiunque si trovasse attorno non gli andava bene. Insomma, il classico piantagrane. Tranne il primo anno, con la CAN commissariata, momento di emergenza che portò alla cooptazione di molti arbitri dalle serie inferiori, permettendogli di accedere al livello più alto, arbitrare in serie A e B, traguardo che in caso contrario difficilmente avrebbe potuto raggiungere.
Per cercare di dare sostanza alle sue accuse contro il mondo arbitrale, cita la vecchia storia del giornalista Di Tommaso di Tuttosport, che nella famigerata stagione 1997-98, secondo un’inchiesta dalla concorrente (!) Gazzetta, venne accusato di aver tenuto rapporti inopportuni con alcuni arbitri, i quali però, una volta sottoposti a procedimento disciplinare, vennero scagionati. Non sarà questa l’unica volta in cui Nucini userà argomentazioni legate non tanto a fatti, ma a campagne di stampa e a opinioni vicine alle ragioni dell’Inter (l'affare Di Tommaso scoppiò in corrispondenza delle polemiche sul famigerato rigore di Ronaldo e conseguenti piagnistei).

JUVENTUS BOLOGNA 1-0 del 14/01/01

Nucini racconta di essere stato ostracizzato dai designatori Bergamo e Pairetto dopo aver concesso un rigore contro la Juve, nel match interno contro il Bologna del 14 gennaio 2001. Attribuisce a quell'episodio una sospensione di 40 giorni che subì. Poi però ammette di aver anche risposto male a Pairetto il quale, al successivo raduno settimanale a Coverciano, gli aveva fatto notare l’errore. Ma il rigore c’era? Prima parla di un'intervista nella quale, secondo un racconto telefonico della moglie immediatamente successivo alla partita, Iuliano, l'autore del fallo, gli avrebbe dato ragione; poi è costretto ad ammettere di aver subito unanimi critiche da tutti gli organi di stampa, e non solo per il rigore; un arbitraggio disastroso, a parere di tutti.
Invito il lettore a leggere
L'articolo del Corriere su quella partita, eloquente fin dal sottotitolo: “L'arbitro Nucini il peggiore in campo”. Ma leggetelo tutto, ne vale la pena. I cronisti Padovan e Franchetti dedicano due terzi dello spazio che hanno a disposizione al commento degli errori dell’arbitro, cosa più unica che rara, tale da oscurare la prestazione dei giocatori. Per altro, la sua direzione viene definita sfacciatamente pro-Juve fino a pochi minuti dalla fine (ha la nomea di arbitro casalingo), allorché l'arbitro assegna un rigore molto dubbio al Bologna, sotto per 1-0 (rigore poi sbagliato da Cruz).
Siamo sicuri che i designatori lo criticarono solo per quel rigore? Addirittura, il teste racconta di aver fatto resistenza all’invito di Bergamo a chiedere scusa a Pairetto per la reazione a Coverciano. Dunque, Nucini arbitrava male e rispondeva male ai rilievi dei designatori. Di più: lamenta la mancata solidarietà dei colleghi, a suo avviso troppo competitivi con le nuove leve.
Gli si chiede se dopo la partita i dirigenti bianconeri andarono a protestare, ma la risposta è no. Per dare una parvenza di sostanza alle sue “sensazioni”, si attacca a un gadget post-partita, di quelli che i club ospitanti danno sempre agli arbitri e che, nel caso della Juve, era costituito da uno zainetto contenente una maglia e la videocassetta del match: in quel caso, Nucini vi trovò una casacca bianconera con un quadrato nero invece del nome del giocatore. In pratica, descrive l'episodio come si trattasse una ritorsione da thriller, manca solo il sangue.
Dunque, da quella gara, da quel rigore contro la Juve, a suo dire l’avrebbero ostracizzato. Peggio: dall’anno successivo gli avrebbero fatto arbitrare solo partite di serie B. Vero? No, falso. Basta controllare: Lecce - Parma, 18° giornata, 14 gennaio 2002, e Verona - Fiorentina, 25° giornata, 3 marzo 2002 (e altre 3 nel 2002-03). In realtà arbitrò partite di serie A fino all’ultimo anno di carriera, il 2004-05, quando ad esempio diresse un contestatissimo Fiorentina – Messina.
Insomma, su questo il teste mente.
Non solo, sempre nel 2000-01, dopo quel Juve-Bologna diresse altre 4 gare di serie A, di cui una della Juve stessa (Juve-Reggina, vittoria della Juve) e, quando gli avvocati difensori glielo fanno notare, si rifugia nell'evocazione di una fantomatica strategia dei designatori per dismetterlo senza destare sospetti. Delirante.
Ma quale fu la prima partita di A che diresse dopo quel Juve-Bologna?

INTER – UDINESE 2-1 del 25/02/01

Questo è il vero momento chiave, molto più del rigore dato contro la Juve. Infatti, in seguito a una mancata ammonizione all’interista Di Biagio, Nucini viene redarguito negli spogliatoi dal commissario arbitrale, e poi telefonicamente da Bergamo. Come negli altri casi, l’arbitro non accetta la critica, ribatte a muso duro al commissario, e Facchetti, che assiste alla scena, il giorno dopo lo chiama.
Un dirigente interista che telefona a un arbitro, per altro dopo un errore arbitrale in suo favore. Gli avvocati vanno a nozze: “E’ normale questo? Era consentito dal regolamento?” No, ammette, ma Bergamo è una città piccola e la conoscenza con Facchetti risaliva già al '98, no, al '99, no, al '97. Ci si incontrava, si beveva un caffè (come Baldini e Auricchio a Roma?). Gli chiedono perché non ha segnalato all’Ufficio Indagini la telefonata del dirigente interista, tanto più che in precedenza il teste aveva detto di aver segnalato ai designatori la presenza di Moggi negli spogliatoio dopo un Napoli-Ancona arbitrato da lui (che lo aveva semplicemente, e cortesemente, salutato, ammette), senza che la sua “denuncia” avesse seguito; “eh, ma per la telefonata dipende dal contenuto”; “eh, ma Moggi a Napoli non doveva starci”. Gli si fa notare che all’inizio si era lamentato del comportamento di arbitri accusati (poi assolti) di aver frequentato un giornalista, che dunque predica bene e razzola male. E’ costretto a convenire.
Poi il dossier. L'ex arbitro parla di un
dossier, compilato da lui, sugli errori arbitrali pro-Juve (diretti e indiretti), relativo alla stagione del 5 maggio, il 2001-2002, e su come i designatori, a suo avviso, li valutassero in ottica filo-juve. L'idea sarebbe nata dall’indignazione per un rigore concesso da Bolognino in un Juve-Chievo del 15 settembre 2001. Il documento viene acquisito agli atti. Nel dossier c'è un Parma-Juve, in cui a dire del testo ci fu un rigore non concesso ai padroni di casa da Racalbuto; interviene il legale di Racalbuto che gli fa notare che in realtà quella partita fu vinta dal Parma e che anche la Juve reclamò per la mancata espulsione di Almeyda. Risposta. "Io scrivevo quello che interessava a me". L'avvocato va oltre: "Sa qual è la sospensione più lunga comminata a un arbitro? 8 mesi, che vennero inflitti a Racalbuto per un rigore dubbio concesso alla Juve contro la Roma". Nucini abbozza.
Gli si chiede se con Facchetti si cominciarono a vedere dopo quell’episodio, ma lui ammette che si frequentavano già prima, al bar, anche nell’ufficio di Facchetti a Bergamo, dove faceva l’assicuratore. Parlavano di “impressioni verbali, sensazioni, episodi e poi l'elenco delle partite”. Con che frequenza si vedevano? Frequentemente, anche settimanalmente.
Poi la questione Fabiani, e il racconto di Nucini si trasforma in una spy-story.

IL MIO NOME E' BOND, DANILO BOND

Fu Facchetti, secondo il racconto dell’ex arbitro, ad avere l’idea. Nucini, dopo il "tragico" 5 maggio, aveva presentato al suo amico il dossier sulla Juve, a suo dire convincendolo a fatica (in effetti mai gli interisti avevano recriminato prima di allora…) del presunto marcio nel calcio (durante il controesame dei difensori, il teste ammette ripetutamente che si trattava solo di sue “sensazioni” non suffragate da prove). Facchetti gli avrebbe consigliato di diventare “amico” degli arbitri, in particolare di De Santis (dossierato Telecom). E a una cena di Natale (2002?), sempre Facchetti gli avrebbe poi detto: “Informati su chi è Fabiani” (singolare: anche lui dossierato Telecom).
Durante una cena, Nucini avrebbe così chiesto ai colleghi chi fosse questo Fabiani, recependo del nervosismo (?) da parte di Racalbuto. E il giorno dopo, De Santis, col pretesto di uno strappo sull'auto di Nucini al campo di allenamento di Linate, gli avrebbe chiesto perché fosse interessato al soggetto, confidandogli di conoscerlo per essergli stato collega presso un carcere minorile, prima di nuovamente rimproverarlo per il rigore dato contro la Juve ormai più di un anno prima (remember l’articolo del Corriere "Nucini il peggiore in campo"!).
In seguito, dopo un Cosenza - Triestina (di cui Fabiani era DS) arbitrata il 16 marzo 2003 dallo stesso Nucini, in aeroporto sarebbe avvenuto il primo incontro, durante il quale il DS gli avrebbe dato i suoi numeri di telefono. L’avvocato di Fabiani, nel controesame, ha contestato la presenza del suo assistito quel giorno in aeroporto, producendo i documenti di viaggio predisposti dalla Triestina per quella trasferta, che non prevedevano il volo di ritorno per lui. Inoltre, davanti al pm Nucini racconta di un Fabiani che promette di fargli avere un buon voto dal commissario arbitrale, ma al controesame dell’avvocato innesta la retromarcia, in realtà si sarebbe trattato solo un breve e amichevole saluto.
Dopo quell'episodio, Nucini sarebbe stato chiamato da Fabiani che lo avrebbe invitato al bar dell’hotel Cristallo a Bergamo, dove l’avrebbe rassicurato che ci avrebbe pensato lui a fargli tornare ad arbitrare la serie A. Tramite "il suo uomo". Peccato che, come già detto, nel 2002-03 Nucini la serie A l'aveva già fatta: Piacenza – Empoli del 26 ottobre 2002, Piacenza – Como del 2 marzo 2003 (quindi solo 14 giorni prima della partita di Cosenza) e Como – Perugia del 12 aprile.
L’"uomo di Fabiani", ovviamente, sarebbe Moggi, che in quell’occasione sarebbe stato contattato al cellulare, per farlo parlare direttamente con Nucini. Davanti al pm, il teste rievoca un ambiguo invito di Moggi: “Fai quello che dice lui” (ma poi al controesame, al solito, parzialmente ritratta, parlando di uno semplice scambio di frasi di cortesia), e di uno show di Fabiani che, una volta chiusa la chiamata con Moggi, si sarebbe vantato di poter designare gli arbitri. Così il pm gli chiede cosa accadde dopo quell’incontro, e il teste risponde che in effetti andò finalmente a fare una partita di A. Peccato che in aula citi proprio quel Piacenza – Como, una gara che si era svolta due settimane prima di Cosenza – Triestina, e cioè ben prima del primo incontro al bar. Si arriva alla stagione 2003-2004. Nucini si aspetta di partire dalla A, ma lo mandano in B per Palermo – Cagliari. La sua direzione viene contestata dall’osservatore Ingargiola, ma Fabiani, a suo dire, l’avrebbe chiamato per rassicurarlo: “Non preoccuparti, non fare casini, ci penso io”. Il teste esegue, a Coverciano non fa casini, ma viene punito comunque: quindi Fabiani è un cazzaro? E poi perché non l'aveva fatto designare per la A?
A quel punto, finalmente, Fabiani si sarebbe deciso a presentargli il “suo uomo”. Appuntamento a Greggio, sulla MI-TO, dove avrebbe caricato in macchina il teste, recandosi in un paesino per fare un bancomat e comprare una ricarica telefonica da un tabaccaio (strampalato e confuso il racconto). Poi di nuovo alle rispettive macchine: a questo punto Fabiani l’avrebbe guidato a Torino, all’hotel Concord, dove in una stanza li avrebbe raggiunti Moggi in persona, che dopo i convenevoli avrebbe fatto un paio di chiamate dimostrative a entrambi i designatori, trattandoli male, perorando la causa di Nucini e invitandoli a valorizzarlo (e guarda caso, almanacchi alla mano, l'unico campionato in cui Nucini non arbitrò manco una partita di A fu proprio quello: alla faccia della cupola moggiana!); inoltre, avrebbe ingiunto a Pairetto di non designare Dondarini per la Juve. E dove andò il Donda a fare danni quella domenica, secondo il teste? Ovvio, a Udine, a punire l’Inter, la grande vittima dei soprusi moggiani (e guarda caso, cronache alla mano, nell'intervallo di quella partità - a proposito: nell'intervallo?! - l'amico interista di Nucini si rese protagonista di una visita di protesta nel camerino degli arbitri che, per quanto "ufficiale", sul Corriere venne definita "inopportuna").
Quando Moggi si dilegua, Fabiani avrebbe consegnato a Nucini una SIM italiana.
Dunque, non straniera? No, italiana. Bah.
Esilarante, infine, la ricostruzione delle istruzioni che gli avrebbe impartito Fabiani: "Mi spiegava che le cellule si dividono... le cellule di qui... le cellule di là...". Forse voleva dire "celle", comunque è un capolavoro di nonsense.

LA SIM MAI USATA, ANZI SI’; MAI DENUNCIATA, ANZI SI’; ANZI, NO; NON VOGLIO DIRLO

Dunque, la Sim di Fabiani. Italiana. Qua tutto si fa ancora più confuso e grottesco.
Nucini racconta di aver subito chiamato Facchetti in autostrada, di ritorno dall'incontro all'Hotel Concord, per raccontargli della Sim. Tempo dopo, a casa di Facchetti, gli avrebbe poi fatto un resoconto più dettagliato. “Ecco, è questo il problema”, avrebbero concluso i due. Dovremmo essere ormai verso la fine del 2003, ed è interessante verificare quando, secondo alcuni articoli di stampa del 2006, iniziarono le attività di Tavaroli per l'Inter, perché ci sono curiose incongruenze (del tipo che il famoso "dossier Ladroni" sarebbe in realtà già di un anno prima).
Ma la Sim? Nucini la usò? No. Anzi, sì. Forse un paio di volte. Il teste continua a contraddirsi. D’altronde, come gli fanno poi notare gli avvocati, agli inquirenti aveva raccontato di essersi segnato il numero (comunicato solo a Facchetti) e di averla buttata subito. No, ora ricorda meglio, non subito, prima ci sarebbero state un paio di chiamate di Fabiani.
Ma Facchetti e Nucini non decisero di sporgere denuncia? A quel punto avrebbero in mano una bella bomba: la sim. Qualcuno vicino all’Inter consiglia di mandarlo dalla Boccassini, alla procura di Milano. Lui ci va, ma la sim l’aveva già buttata. Perché? Non poteva tenerla e dare la possibilità al magistrato di intercettare quel numero? Ma allora che disse al pm milanese? Mistero. Nucini non vuole parlarne. “Parlammo di calcio”. Insomma, un "qui studio a voi stadio" con uno spruzzo di "un giorno in pretura".
E l’ufficio indagini della Figc? Era lì apposta. Macché, lui, Nucini, l'uomo senza briglie, non si fidava di nessuno.
Di nessuno. Anzi, di uno si: “L'ho detto a Giacinto Facchetti, perché era l'unico l'unico, che poteva smontare tutto! Se io mi fossi rivolto all'ufficio indagini, a chiunque, nessuno mi avrebbe ascoltato, ma mi avrebbero buttato fuori!”.
Gli chiedono se è vero, come riportato da alcuni giornali, che voleva lavorare per l’Inter, magari fare l’addetto agli arbitri. Nucini prima nega decisamente qualsiasi ipotesi di tal genere, poi deve ammettere che Facchetti gli aveva offerto un posto di lavoro. Tiene a specificare che lui avrebbe rifiutato sdegnoso.
Gli avvocati lo incalzano: “Negli incontri con Moggi e Fabiani, non le è venuto in mente di portare un registratore?". Risposta. “Il registratore non è elegante. E poi non faccio l’investigatore.”
E per finire questo prolisso resoconto, una piccola chicca: infervorato, sotto i colpi del controesame dei legali che gli contestano le discrepanze tra la testimonianza resa in aula e quelle rese nel 2006 e 2007 agli inquirenti, Danilo Bond si lascia andare: “Sa cos'è? Per venire qua mi sono letto un file di 250 pagine che ho archiviato e allora non l'avevo fatto!”.

I legali si scatenano: “Ah sì? E dove le ha prese queste informazioni? E quando le avrebbe raccolte? Ce l'aveva anche nel 2007 dai Carabinieri, allora? Prima di venire qua in questi giorni ha parlato con qualcuno di questo processo? Si è consultato con qualcuno?".
Un avvocato fa rilevare strane uguaglianze testuali tra due sue precedenti deposizioni agli inquirenti, come se la seconda fosse frutto di copiaincolla della prima. Il giudice cerca di calmare gli animi. Danilo Bond non accetta le insinuazioni su eventuali "suggeritori" nell'ombra:

No, no, non mi son consultato con nessuno, stia tranquillo, avvocato! Non ho mai avuto nessun padrone, avvocato”. Sarà.

Fonte: www.ju29ro.com

MOGGI NO A BOLOGNA, UNO SPOT PER L'IPOCRISIA

E' durata una giornata l'idea di vedere Moggi al Bologna, anche solo come consulente personale del presidente Menarini. Tramonta così, sotto le immani proteste del popolo rossoblù e non solo, l'unica ancora di salvezza per una squadra che è destinata a naufragare. Ma andiamo con ordine.

E' di lunedì sera la voce che Luciano possa entrare nella società bolognese, dapprima come socio, poi come consulente personale dei Menarini. Scoppiano immediate le reazioni, preventive come al solito. Secondo autorità e benpensanti, infatti, una persona inibita non può ricoprire incarichi di nessun tipo. Tutto giusto, tutto bello. Esattamente come accade per Preziosi, che da perennemente inibito opera bellamente nel moneod del calcio da presidente del Genoa, costruisce una buona squadra e raggiunge l'Europa League e si concede modello meretrice a qualsivolgia microfono o telecamera lo cerchi. Il tutto alla luce del sole, il tutto con la benedizione di Federcalcio e affini. A proposito della prostituzione intellettuale di Mourinhana memoria. Non da ultimo si considerino le vibranti proteste dei tifosi rossoblù, sponda Genoa. Ne avete avuto tracce? Chiaremente no, perchè l'ipocrisia che aleggia nel mondo del calcio, culminata con la farsa delle farse chiamata Farsopoli, si limita agli orticelli altrui ed esclusivamente se al suo interno crescono erbaccie bianconere, delle quali metà Italia è allergica.

Qualcuno ricorda l'inibito Galliani salire su un aereo per Barcellona per Ingaggiare Ronaldinho, in barba alle decisioni della giustizia federale? Qualche protesta ma nulla di più, esattamente come qualche mese prima, quando sempre da inibito piazza il colpaccio Pato vantandosene a TV e giornalai compiacenti (ed evidentemente compiaciuti). Quacuno ha udito le vergini pallonare stracciarsi le vesti? Evidentemente se uno dei due colori è il rosso e non il bianco, certe cose sono permesse.

Ma veniamo all'attualità, che mai come adesso fa rima con banalità. Banali sono le prteste dei bolognesi, volgari se non peggio quelle delle istituzioni felsinee, che lasciano degradare la propria città sotto un'aura di impunita criminalità (leggere qui please) ma che si mostrano sempre pronti quando si tratta di mostrare la faccia bella della propria moneta, quella inzuppata di facili moralismi e perbenismo. E chi se ne frega se nel capoluogo emiliano è ormai impossibile vivere tranquillamente o se una qualsiasi ragazza non può girare liberamente per strada da sola, manco fossimo nel regime iracheno di Saddam. L'importante è mostrarsi belli e compiacenti, magari con i possibili elettori. Così va la vita, ormai l'abbiamo capito. Tu sbatti il mostro in prima pagina e per il resto sei tranquillo, soprattutto se sei un intoccabile, un protetto. Ma al popolino questo poco interessa.

Ma c'è un però..... I tifosi si sono espressi chiaramente: meglio la B o la C che Moggi al Bologna. E' un punto di vista, ma ho la strana sensazione che verrà presto disatteso. Infatti, in questo momento la squadra bolognese è a pezzi: senza prospettive, senza un euro che sbatte contro l'altro, senza giocatori di valore coi quali fare cassa e di conseguenza riprogrammare il mercato. E' semplicemente, al 1° luglio, la squadra abbondantemente peggiore della serie A, per giunta immobile sul mercato, con l'aggravante dello svincolo di alcuni giocatori importanti. Insomma, la B sarebbe garantita. E questo non può che far piacere ai militanti\miliziani rossoblù.

In questo scenario cupo c'era una mente lucida, un certo Renzo Menarini, che da proprietario del Bologna e quindi interessato non solo affettivamente, ma anche economicamente alle sorti sportive del club, che aveva avuto un'ottima idea. Ingaggiare un personaggio scomodo come consulente personale, senza vincoli di cartellino o cose simili, senza infrangere nessuna legge se non la fantomatica morale (a Bologna questo è reato capitale, peggio che le avventure narrate nel link sopra); fidandosi di colui che è indiscutibilmente il re del mercato e in barba a pregiudizi e minaccie. I tifosi, alle prime vittorie, capiranno la scelta fatta. Qualche buona operazione Luciano l'avrebbe chiusa di sicuro, sull'onda delle squadre costruite a Torino senza che la proprietà mettesse il becco di un quattrino, pur avendolo. In Emilia la situazione è, come detto, obbligata: non ci sono soldi ma si deve rifare da 0 una squadra competitiva, esiste qualcuno migliore dell'ex dg bianconero per portare soddisfacientemente a termine questa attività?

Purtroppo per i miei concittadini, questo non sarà più possibile, ma confesso di essere contento per loro: non volevano Moggi e non l'avranno, volevano piuttosto la B ed è probabilissimo che l'avranno. Contenti loro.

Una sola domanda mi sorge spontanea: ma quando a dicembre i rossoblù saranno ultimi in classifica, puntando dritto verso la B, cosa diranno tifosi, istituzioni, giornalai e TV locali? Se esiste un minimo di coerenza in questi soggetti, saranno felice di ciò e non protesteranno come hanno fatto tutto lo scorso anno (a ragione, aggiungo io). Io sono seduto sulla riva del fiume per ben altri motivi, ma resto volentieri immobile per seguire questa vicenda, pronto a rivangare questi giorni e queste frasi alla prima protesta. Sono certo che mi divertirò molto....

Il messaggio è chiaro: meglio la B o la C che Moggi in squadra. E allora, buona retrocessione, caro vecchio e glorioso Bologna.


juve

juve/


NON UN EURO ALLA GAZZETTA!!!

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