lunedì, ottobre 30, 2006

JUVENTUS - FROSINONE 1 a 0



Settima vittoria consecutiva, la 5° senza subire gol, la 3° per 1 a 0, il 200° gol di Alex Del Piero i maglia bianconera, i 13 punti in classifica. Questi sono i temi di Juve-Frosinone, la partita che ha messo di fronte le uniche due debuttanti assolute nel campionato cadetto.

Vince ancora la Juve, senza subire gol e ancora col minimo scarto, ma soprattutto Madama fatica anche contro i ciociari.

Vittoria tutto sommato meritata (a differenza di Trieste), ma francamente era lecito attendersi di più.

I voti, da oggi senza commenti

Buffon 7
Birindelli 5,5
Kovac 5,5
Boumsong 6
Balzaretti 6
Camoranesi 6
Zanetti 6,5
Paro 6
Nedved 6
Bojinvo 5
Trezeguet 5,5

Marchionni 6,5
Marchisio s.v.
Del Piero 8

Deschamps 5: Deve osare di più

Voto generale alla prestazione della Juve: 5,5. Buoni i tre punti, meno il gioco. Mercoledì col Brescia e lunedì a Napoli si capirà dove può arrivare questa Juve.

Sono molto felice per il gol nuemro 200 di Alex, un premio ad un grandissimo campione. Mi sarebbe piaciuto vedere fin dove sarebbe arrivato s enon avesse avuto il gravissimo infortunio di Udine, la malattia prima e la morte poi del padre, le accuse di mezza Italia di doping (grazie Zeman!) e sulle sue preferenze sessuali (si, si sono sentite anche queste voci...).

Alex si è sempre dimostrato un grandissimo calciatore, ma ancor prima un vero uomo, il capitano perfetto per lo "stile Juve". Gli invidiosi possono solo prendere nota e sperare che qualche calciatore si ispiri a lui (il lama Totti, il killer Macellazzi, il quadrupede Gattuso, ecc...).

Nonostante la B, noi siamo orgogliosi del nostro capitano!!!

E FU L'ARBITRATO....

Le tanto attese sentenze dell'arbitrato del CONI sono state rese pubbliche nella serata di venerdì, verso le 22.30 e, come previsto, c'è stato un primo microscopico passo verso la giustizia.

Alla Juventus vengono restituiti 8 dei 194 punti indebitamente ed ingiustificatamente sottratti (86 + 91 + 17), lo stesso numero alla Lazio, 4 alla Fiorentina e nessuno al Milan.

Mi hanno fatto molto ridere le proteste dei fiorentini, che tendono a paragonarsi ai bianconeri. Infatti, per loro, lo sconto è stato la metà che alla Juve (4 contro 8), ma sarebbe meglio non dimenticare che loro giocano in serie A e noi in B (è bene non dimenticarlo mai).

Farsopoli è giunto alla conclusione (a meno che i viola non ricorrano al TAR, cosa che auspico in modo che la FIFA escluda tutte le squadre italiane dalle coppe europee, come aveva minacciato più volte quando il ricorso voleva essere eseguito dalla Juventus), e la riduzione della penalizzazione porta questa faccenda da vergognosa a semplicemnte ridicola. Si doveva andare al TAR, contro tutto e tutti, e far venir fuori la verità!

A maggio dissi che alla fine la sola società a pagare sarebbe stata la Juve, vediamo se ciò è avvenuto....

MILAN: 30 punti di penalizzazione nel campionato 2004/2005, 8 in quello attuale in serie A. Esclusione dai gironi di Champions (guadagnati sul campo) e partenza dai preeliminari (poi vinti).

LAZIO: 30 punti di penalizzazione nel campionato 2004/2005, che hanno portato all'esclusione dalla Coppa UEFA (niente popò di meno che!!!), 3 punti in quello attuale in serie A, il che pone la Lazio come la squadra meno penalizzata in Farsopoli.

FIORENTINA: 30 punti di penalizzazione nel campionato 2004/2005, che hanno portato all'escluzione dai preeliminari di Champions League, 15 in quello attuale in serie A.

JUVENTUS: Revoca di due scudetti (2004/2005 e 2005/2006) quando sul campo la squadra era stata SEMPRE AL PRIMO POSTO, retrocessione in serie B con 9 punti di penalizzazione, esclusione per ALMENO 2 anni dalle coppe europee, danno economico enorme dato dai mancati ricavi europei e dalla cessione sottocosto dei migliori giocatori della rosa (con ovvia conseguenza lo smantellamento della stessa).

Si, forse avevo ragione..... A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si prende...

venerdì, ottobre 27, 2006

IL GIORNO DEGLI SCONTI

Leggo su ogni testata giornalistica che stasera, in occasione delle sentenze dell'arbitrato del CONI, ci saranno gli sconti alle società penalizzate in Farsopoli.

Tutto bene, solo che io non li chiamerei sconti, bensi "avvicinamento alla giustizia". Le voci più autorevoli vogliono 7 punti di riduzione per i bianconeri, al pari della Lazio. Se così fosse....

TENETEVELI!!!!

L'ho detto e lo ripeto che non voglio l'elemosina, perchè giustizia sarebbe una serie A magari con penalizzazione e la restituzione dello scudetto che vergognosamente è cucito sulle maglie dei perdenti.
Per chi fosse troppo impaziente e non volesse attendere fino a stasera, vi scrivo in anteprima le sentenze... Tratte, come al solito, dal vangelo di Farsopoli: La Gazzetta dello Sport

ROMA, 27 ottobre 2006 - Riduzioni sì, ma niente di eclatante. Juventus e Lazio potranno comunque sorridere: sette punti in meno. Poco o niente al Milan, e la Fiorentina diventa un caso. Il professor Ronzani ha convocato i suoi colleghi Guido Cecinelli, Marcello Foschini, Luigi Fumagalli e Giulio Napolitano per scrivere il testo definitivo delle sentenze brevi che saranno rese note "ufficialmente" solo nel pomeriggio a Borsa chiusa. Ieri c’è stato un rincorrersi di voci che alimentavano anche la scelta di far slittare le sentenze a lunedì, a bocce ferme, poi è prevalsa la fretta. A pranzo Ronzani ha incontrato Foschini e Cecinelli, una telefonata agli altri, per concordare linee guida e tempi. Il problema di evitare tensioni al Meazza nel derby Milan-Inter di sabato è stato valutato, soppesato, archiviato. "La giustizia non si ferma", è il motto scelto dal collegio arbitrale. Del resto, alla fine, le riduzioni non cambieranno molto le classifiche. Quella del Milan soprattutto.

IL CASO VIOLA - Le posizioni su questo sono quanto mai discordi. Da un lato ci sono le colombe pronte a riconoscere le tesi difensive della Fiorentina (ne parliamo in altra pagina), a derubricare l’illecito e a restituire a Diego Della Valle ciò a cui più tiene, una completa riabilitazione. Si avverte tuttavia la necessità di confermare un impianto accusatorio che se interamente smontato andrebbe a stravolgere anche le sentenze emesse nei confronti di De Santis e Mazzini. "Non ci sono i presupposti giuridici, noi non abbiamo il potere di derubricare da 'illecito' a 'slealtà'", si oppongono i falchi. E dovrebbero alla fine prevalere.

LE PENALIZZAZIONI - Innanzitutto una premessa indispensabile: "Ogni squadra è un caso a sé, non vogliamo sentir parlare di 'percentuali di sconto', non siamo al supermercato". I giudici-arbitri ci tengono al loro ruolo. Ci sono quattro posizioni distinte da esaminare e per ognuna di queste sarà necessario trovare la misura. "Eccessiva", è stata giudicata la penalizzazione della Juventus soprattutto aggiunta alla serie B, alla cancellazione dei due scudetti, all’esclusione dall’Europa. Per i bianconeri ci sarebbe la riduzione di sette punti. È facile che da novembre la Juventus possa ripartire con la sola penalizzazione di dieci punti: un bel balzo in classifica.

FIORENTINA E LAZIO - La posizione dei viola è legata molto alla derubricazione dell’illecito. In caso contrario i punti di sconto sarebbero molti di meno: 3 o 4. La Lazio dovrebbe gioire per i 7 punti in meno di penalizzazione che dovrebbe ottenere, anche perché la sua posizione non è cambiata dalla sentenza della Corte federale a oggi: era la più difendibile. E Lotito avrebbe così la strada spianata per un ritorno in Lega. Il Milan è il caso più "imbarazzante" per il collegio arbitrale: togliergli qualcosa o non togliergli niente? Non è stato eccessivamente penalizzato, avendo mantenuto la Champions League, seppure dai preliminari, e sarà difficile cancellare la responsabilità oggettiva provocata dalle azioni di Meani. Alla fine dovrebbe prevalere il mantenimento della attuale penalizzazione.

REGGINA E AREZZO - Intanto alla Cca del Coni sono arrivate le istanze di Reggina e Arezzo. In novembre le udienze: è chiaro che in qualche misura le sentenze di Juventus, Fiorentina, Lazio e Milan faranno

Gianni Bondini e Maurizio Galdi

Fonte: Gazzetta.it

Da notare con particolare attenzione la sicurezza con cui è scritto questo articolo. I giornalisti sembra non abbiano dubbi, quindi, come per le prime due sentenze-farsa, ho tutti i motivi del mondo per credere ale parole della carta igienica rosa.

Vedremo a sentenze pubblicate, ma la sensazione che alla fine la Juve sarà l'unica a pagare davvero (lo dico da maggio) si materializza ogni giorno di più.

Concludiamo con un altro simpatico articolo, giusto pe rnon dimenticarci che Telecom ce l'ha messo in culo a tutti. Anche se nessuno ne parla.... Strano, no?


MILANO - Romano Prodi e la moglie Flavia Franzoni sono stati spiati a lungo, per due anni, almeno 128 volte. In particolare, i controlli illegali, riguardavo i conti in banca del premier. Nel mirino degli spioni, però, ci sarebbero anche altre alte cariche dello Stato, personalità politiche, oltre a personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport. (è di oggi "27.10.2006" la notizia che tra gli spiati c'è anche del piero)

Gli accessi abusivi che riguardano Prodi e la moglie, Flavia Franzoni, avevavo lo scopo di controllare la loro posizione tributaria. Della vicenda si sta occupando la Procura di Milano, che ha ricevuto una denuncia del ministero dell'Economia.

Sono quindi scattate 128 perquisizioni nei confronti di altrettanti presunti autori degli accessi abusivi. Fra questi i dipendenti delle Agenzie delle Entrate, dell'ufficio dogane e del Demanio e militari della Guardia di Finanza. Le operazioni sono eseguite dallo Scico della Guardia di Finanza di Roma. L'inchiesta, da quanto si è saputo, è affidata al pm milanese Francesco Prete.

Prodi e la moglie non erano gli unici spiati. Ci sarebbero anche altre alte cariche dello Stato, attuali e passate, tra le persone oggetto di accessi abusivi all'anagrafe tributaria, a quanto è emerso nell'ambito dell'indagine condotta dalla Procura di Milano e partita sulla scorta di una denuncia da parte del ministero dell'Economia per conto del presidente del Consiglio, Romano Prodi.

Oltre a personaggi politici e istituzionali di alto livello, a quanto si è appreso, sarebbero stati oggetto di spionaggio anche personaggi molto noti appartenenti al mondo dello spettacolo e dello sport.

Le 128 perquisizioni a carico dei presunti responsabili degli accessi abusivi al sistema informatico sono in corso in tutta Italia, presso i domicili di queste persone e in diversi uffici pubblici.

giovedì, ottobre 26, 2006

FANTALADRI


Aggiornamento del campionato fantaladri, dopo l'8° giornata in serie A

INTER: Nulla da segnalare, incredibilmente, per la formazione merdazzurra, a parte il fatto che il Livorno ha schirato, in pratica, la formazione primavera. Turnover proprio contro il'Inter... che strano. Vorrei segnalare il bassissmo numero di ammonizioni ai milanesi e le sistematiche squalifiche agli avversari. Per citare ciuffolo Mancini:"Credo che non sia cambiato nulla dall'anno scorso". Per una volta mi tocca dargli ragione.

FIORENTINA: Nulla di particolare da segnalare

MILAN: Contrasto dubbio in area tra Kaladze e Pellissier. Il rigore potrebbe starci. Non mi sento di dare 1 punto perchè il contatto non è clamoroso, ma un mezzo punto è d'obbligo.

ROMA: Ai giallozzozzi ho "graziato" gli errori dell'arbitro domenica contro il Chievo, ma ieri sera sono stati talmente clamorosi che non posso fare a meno di evidenziare l'ottima performance. Iniziamo dalla fine, ovvero dal gol di Mexes, in chiaro fuorigioco (il guardalinee che cosa stava guardando?). Il gol è chiaramente irregolare (1 punto) a cui ci sommo mezzo punto perchè è la rete che fissa il pareggio allo scadere. Sull'episodio del rigore su Totti, il calcetto di Cudini al lama nazionale è di tale potenza che non ucciderebbe nemmeno una mosca. Rigore, quindi, stra-regalato ed il fatto che venga sbagliato non influisce nel punteggio. La Caf commina, quindi, la bellezza di 2,5 punti per la Roma.

LA NUOVA CLASSIFICA:

Inter 4
Roma 3,5
Milan 2,5
Fiorentina 0,5

Nota di merito per il Palermo, sia per l'ottimo campionato di serie A, che per le ottime prestazioni "furtive". Ieri nel derby col Messina abbiamo assistito all'ennesimo favore ai rosanero: il rigore vittoria è stato commesso 3 metri fuori dall'area, col guardalinee appostato a 2 metri dall'azione. Chissà che i piagnistei di Zamparini non centrino in tutto ciò? In ogni caso, quest'anno non lo sento protestare come al solito.... Che sappia qualcosa?

IL TELECOM-PLOTTO

La tragica fine di Adamo Bove, il supermanager della security Telecom “suicidato” con un volo di 40 metri lo scorso 21 luglio, potrebbe essere solo l’ultimo atto del duro scontro fra poteri finanziari (e paramassonici) occulti per il controllo del colosso italiano di telefonia e, forse, del futuro delle telecomunicazioni in Europa. Vediamo gli inediti assetti del potere in Telecom, fra uomini di area Opus Dei , faccendieri e piduisti.

Adamo Bove, il manager della security Telecom volato già il 21 luglio scorso da un ponte della Tangenziale di Napoli, era tra i professionisti di fiducia dell’Opus Dei. Il suo nome e la sua foto - con la scritta “deceduto” e la data sbagliata, 27 luglio - figurano ancora oggi fra i docenti degli Elis Fellows, i corsi professionali ad alto livello messi in campo dalla Prelatura romana con l’obiettivo di formare la nuova classe dirigente del Paese. Per entrare a far parte del prestigioso organigramma occorrono requisiti ben precisi: «I Fellows sono persone che sanno dare "valore e valori" ai giovani che frequentano Elis - si legge nella presentazione ufficiale - ed aderiscono al nostro Manifesto». Vale a dire il documento che sancisce la nascita di Elis dentro la compagine religiosa fondata da Escrivà. Più che esplicita, dunque, l’appartenenza dell’intero apparato formativo alla potente “famiglia” guidata da monsignor Javier Echevarría. Inoltre, «chi frequenta l’Opus Dei sa bene - dice un ex alunno - che non è ammesso alcun docente privo di solide “referenze” nel vasto milieu della compagiine cattolica». Ma la presenza di big targati Telecom, nei corsi Opus Dei, non si limita al solo Bove. La corposa lista dei professionisti fellows, anzi, vede di gran lunga in prima fila uomini chiave del colosso di Marco Tronchetti Provera. A cominciare da Rocco Mammoliti, ingegnere, altro supermanager della information security Telecom, e poi Attilio Achler, responsabile Network Operations, Giovanni Chiarelli (Technical Information Services), Maurizio Gri (Sviluppo e Formazione area Marketing), Luigi Ernesto Marelli (responsabile del Personale divisione RETE), Matteo Mille (pianificazione acquisti IT), Franco Moraldi (Sviluppo e Formazione area Tecnology), Stefano Nocentini (Innovation & Engineering), Pietro Pacini (Telecontact Center), Lorenzo Roberti Vittory (Risorse Umane - Management Services). Tutti folgorati dal Verbo di san Escrivà. O, quanto meno, fedeli a quei principi.

«Al di là degli aspetti morali o religiosi - fanno sapere alcuni dissidenti - Telecom Italia è entrata da qualche anno nel Dna dell’Opus Dei con la nascita del Consorzio Consel, che permette agli affiliati un accesso diretto alle principali aziende di Stato poi privatizzate». Non c’è infatti solo Telecom fra i membri del consorzio fondato in Italia dall’Opus: fra gli altri, figurano giganti come Vodafone, Wind, Autostrade, Acea, Siemens. Ma a far la parte del leone è proprio Telecom con il suo management. E’ stato organizzato ad esempio dal duo Elis-Telecom il corso di formazione biennale (2005-2007) intitolato non a caso “Next Generation Network - Telecommunication Manager” per perfezionare le abilità nel settore di “Gestione e sicurezza delle reti Full IP”. A patrocinare l’iniziativa, il ministero per le Comunicazioni, gestito all’epoca dal nazional alleato Maurizio Gasparri. «Il motivo che portò Telecom Italia a dar vita al Cedel fu la possibilità di promuovere azioni formative dirette a giovani meritevoli, in una modalità integrata scuola-impresa», si legge nella pubblicità dell’iniziativa. Anche perchè «Telecom Italia ha sempre apprezzato il livello qualitativo dei corsi realizzati, assumendo circa il 60% dei diplomati dalla Scuola di Formazione Elis». Per garantire questo costante flusso delle nuove professionalità opusdeiste nei colossi finanziari italiani, l’accoppiata Elis-Telecom ha dato vita ad un apposito comitato scientifico. Del quale facevano parte lo scomparso Adamo Bove, in quota Tim, e l’altro uomo ombra in Telecom del general manager security Giuliano Tavaroli, vale a dire Fabio Ghioni. Tutti e tre fianco a fianco con protagonisti della galassia Opus Dei nel Campus Biomedico o nelle tante altre filiazioni di Elis.

CAPPUCCI IN CAMPO

Ma Telecom non è “solo” Opus Dei. Proprio a partire dalla tragica fine (tuttora avvolta nel mistero) di Adamo Bove è possibile intravedere l’inedito scontro in atto fra superpotenze occulte per il controllo del colosso telefonico italiano e, forse, del futuro delle telecomunicazioni in Europa. L’ombra della massoneria si allunga infatti sui destini di Telecom attraverso Emanuele Cipriani, il detective a capo della società investigativa Polis d'istinto, arrestato con Tavaroli su ordine del gip milanese Paola Belsito con l'accusa di intercettazioni illecite. Tra i due esisteva - secondo la ricostruzione degli inquirenti - un patto scellerato, una «gestione dei rapporti patrimoniali quantomeno anomala e difficilmente compatibile con quanto dovrebbe accadere in un settore rilevante di una grossa multinazionale». Oltre 2 milioni di euro fra il 2004 e il 2005: queste le parcelle versate da Telecom all’agenzia di Cipriani, inserita fra i consulenti per la sicurezza Telecom. Ma secondo gli investigatori quelle indagini, «piuttosto che un interesse immediato e diretto del gruppo Pirelli Telecom», servivano a «far lavorare i privati su indagini di interesse dei Servizi, o semplicemente già note ai Servizi, facendone ricadere il costo su Pirelli Telecom». Per creare, alla fine, soprattutto fondi neri.

Chi è veramente Cipriani? Dell’antico legame con la famiglia Gelli lui stesso non fa mistero: «da oltre 15 anni - dichiara - sono amico di Raffaello Gelli e di sua moglie Marta». Al punto che risulta essere stato ospite per lungo tempo in un appartamento dei Gelli a Montecarlo: «i soldi che sono stati ritrovati all’estero - racconta l’investigatore fiorentino ai pm - sono tutti miei... Per quanto riguarda le mie disponibilità presso Monaco, inizialmente indicai la domiciliazione presso l’abitazione dei signori Gelli e ciò quando gli stessi erano residenti a Montecarlo... I rapporti con la famiglia Gelli sono esclusivamente di amicizia...».

Della venerabile coppia la Voce si era già occupata a dicembre 2005, rivelando che a partire dal 2001 entrambi erano stati membri di una commissione umanitaria all’interno dell’Onu. Più di recente ritroviamo i due alle prese con la querelle su Villa Ada, nella capitale: all’interno del mestoso parco pubblico lady Marta Sanarelli Gelli lo scorso anno si proponeva infatti di realizzare, attraverso la società Antiqua 2001, un mega ristorante, poi bloccato dalle proteste dei comitati civici.

FAMIGLI CRISTIANI

Intanto, grazie all’amico Cipriani, decine di migliaia di dossier su vip e gente apparentemente comune cominciano ad essere elaborati e passare di mano in mano fra l’agenzia fiorentina, i servizi segreti e il vertice Telecom. A coadiuvare il lavoro della Polis d’istinto erano, fra gli altri, due giornalisti: Guglielmo Sasinini e Francesco Silvestri, sempre in tandem, attivi a Famiglia Cristiana e, in precedenza, collaboratori della rivista ufficiale dei carabinieri. Entrambi si erano fatti vivi con la Voce: la prima volta dopo la pubblicazione sul nostro giornale dell’inchiesta sul rapimento delle due Simone. Ci chiedevano altri materiali: rispondemmo che, come sempre, tutto quanto risultava documentato era già stato pubblicato. Poco più d’un anno fa Sasinini richiamò per domandarci se avessimo notizie su un imprenditore. Il tono misterioso della telefonata ci indusse a rifiutare ogni forma di normale scambio fra colleghi.

Trait d’union fra i giornalisti del popolare settimanale religioso e l’agenzia fiorentina era stato proprio un uomo Telecom. Secondo la testimonianza resa al gip Belsito dalle ex segretarie di Cipriani, infatti, Sasinini era stato visto frequentemente in compagnia di Tavaroli e di Adamo Bove. Nel 2002 il giornalista stipula con Cipriani il primo contratto di consulenza su input del comune amico Giuliano Tavaroli, che era in procinto di transitare, insieme allo staff riservato di Tronchetti Provera, dalle segrete stanze Pirelli a quelle di Telecom. Il passaggio avviene nel 2004; un anno dopo Sasinini rinnova il contratto non più con Polis d’istinto, ma direttamente con Telecom. «Per quelle attività - dicono in ambienti vicini al giornalista - Sasinini percepiva un compenso annuo pari a 160 mila euro, compresi gli onorari derivanti dalla direzione del nuovo mensile Noi Security».

SICURI DI “NOI”

A che doveva servire e, soprattutto, che cosa era veramente quel periodico? Intanto, nasceva probabilmente da una costola di Noi., il mensile di casa Telecom diretto da Cinzia Vetrano con Gian Carlo Rocco di Torrepadula come responsabile “Communication and Image”. 63 anni, Rocco di Torrepadula è presente nell’organigramma di Telecom Italia spa in veste di procuratore così come Gustavo Bracco, capo delle risorse umane, che della pubblicazione risultaba direttore editoriale. Quanto a Noi Security, dalle esigue tracce che si possono rinvenire oggi appare innanzitutto come un organo informativo ufficiale di casa Telecom. Lo conferma l’immagine che pubblichiamo in apertura: è ripresa dal sito della FTI, Forum per la Tecnologia dell’Informazione, che ancora il 2 gennaio 2006 riporta un brano tratto dalla newsletter di Noi.Security, la cui scritta campeggia sul logo Telecom. Ed è solo un caso che il bollettino abbia preso l’identico nome della società di vigilanza Noi Security Agency, che negli Stati Uniti ha vinto appalti «per garantire la sicurezza dal terrorismo - scrive il pacifista Aldo Capitini - di complessi per l’edilizia popolare a Pittsburgh, Filadelphia, Los Angeles, Brooklyn, Chicago, assicurandosi in pochi anni 20 milioni di dollari di fatturato, ma anche incappando in disavventure finanziarie e giudiziarie causate dall'eccessivo amore degli agenti per auto di lusso e ragazze»?

Forse una coincidenza, dovuta al fatto che il direttore responsabile dell’omonimo giornale di casa Telecom, Sasinini, è riconosciuto da tempo come giornalista esperto di terrorismo mediorientale. Un uomo, comunque, che vive da anni sotto scorta. Nel 1999 la Padania, riportando la cronaca dell’aggressione subita nella sua casa milanese dalla compagna di Sasinini, scrive che il giornalista, «caporedattore e inviato di Famiglia Cristiana, esperto di terrorismo islamico e profondo conoscitore delle Br», viveva già «da cinque anni sotto scorta». Chi pagava questa scorta - assai prima dell’11 settembre - e perchè? Il quotidiano della Lega aggiungeva poi alcune ipotesi sulla matrice dell’aggressione nella casa di Sasinini «che fa parte del gruppo Libera, quello di Caselli, che lavora per il sequestro dei beni dei Corleonesi». «Sasinini fu l’unico a pubblicare due lettere scritte da Moro durante la prigionia al nipote. Allora si credette che fosse in possesso dell’interno memoriale. Sasinini - concludono - ieri ha ricordato di aver ricevuto minacce a tal proposito anche dai vertici del governo. "Tutti mi chiamano Mino e loro, per intimidirmi, mi rammentavano la fine fatta da Mino Pecorelli"». Dalla stessa matrice antimafia provengono poi sia la moglie di Sasinini Katia Re che il suo alter ego giornalistico Francesco Silvestri, entrambi collaboratori, a inizio anni duemila, del periodico Narcomafie.

QUESTIONE D’ISTINTO

Sentito dal gip Belsito come persona informata sui fatti, Sasinini racconta nel dettaglio i suoi rapporti di consulenza con Tavaroli e soprattitto con Emanuele Cipriani, vale a dire il personaggio intorno al quale ruotano praticamente tutte le quattrocento e passa pagine dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Una ricostruzione tanto minuziosa da risultare inquietante per gli stessi magistrati, che definiscono questo sistema di investigazioni illecite come «un possibile ed evidente strumento di pressione, di condizionamento, di minaccia, se non addirittura di estorsione nelle mani di un ristretto gruppo di persone». Al punto che gli inquirenti non mancano di sottolineare che il sistema creato da Tavaroli e Cipriani è «una struttura la cui esistenza genera certamente un notevole allarme». Nessuna traccia comunque è finora emersa, dal lavoro dei magistrati, su coloro che detengono quote nella Polis d’istinto srl insieme allo stesso Emanuele Cipriani (20.000 euro sui 100 mila del capitale sociale) e a sua moglie, la trentaseienne Benedetta Leoni, presente nell’azionariato con 33.300 euro. Si tratta di due personaggi finora mai balzati agli onori delle cronache.

La prima è Eliana Albanese, classe 1928. Attuale detentrice di quote nominali in Polis d’istinto per 17.700 euro (e non presente in nessun’altra società), la Albanese è stata fino al 2001 socio accomandatante della sigla “spiona” di casa Cipriani. Succedeva in questa carica al fondatore dell’agenzia, Patrizio Martelli, fiorentino, 68 anni, che l’aveva ricoperta fino al 1998. Facendo ancora un passo indietro troviamo anche il nome del socio accomandatario che nel ‘90 passa il testimone a Cipriani: si tratta di Antonio Berneschi, nato ad Arezzo nel 1961, il quale nel ‘93 esce definitivamente dalla Polis. Attualmente Berneschi risulta titolare di un’altra sigla investigativa operante a Firenze. Si tratta della agenzia investigativa Pubblica & Privata «fondata - si legge nella brochure - negli anni Novanta da Antonio Berneschi che vanta un’esperienza ultraventennale in forza al Nucleo Informativo dell’Arma dei Carabinieri e alla Sezione Speciale Antiterrorismo (attuale R.O.S.) dove ha conseguito diversi encomi per attività di investigazione».

Ma torniamo alla Polis d’istinto e al quarto ed ultimo socio. E’ il quarantaseienne Luciano Seminara, presente nell’organigramma Polis con 29.000 euro e in una sfilza di altre sigle, sempre come socio. Il più recente acquisto risale ad appena l’8 agosto di quest’anno, quando fa il suo ingresso nella romana R.A.S.T. Recupero Ambientale Smaltimento Trasporti, una srl con quasi 50 mila euro in dote, nel cui parterre Seminara fa ora la parte del leone. R.A.S.T. e Polis d’istinto - insieme alla M.C.S., una srl con 12 mila euro di capitale e sede a Roma - sono le uniche tre società facenti tuttora capo a Seminara, il quale fra il 2001 e il 2006 aveva ceduto le sue partecipazioni in altre srl tutte con sede nella capitale: si tratta di Tetris, S.C.Q., Giambus & Dodo Charter and Broker, Traiano 2000 Bioimmagini ed infine ADA Europe. Di tutte queste aziende - com’era prevedibile - è sparita ogni notizia dal web. Così come criptata appare attualmente la Nice Consulting srl (www.niceconsulting.com), dedita alla “consulenza per la gestione dei patrimoni mobiliari e immobiliari”, partecipata da Emanuele Cipriani con 4 mila euro (sui circa 25 mila del capitale sociale) e della quale, comunque, non c’è traccia nella corposa inchiesta della magistratura milanese.

LO SCONTRO

Un lavoro - quello reso dalla Procura e dal gip - che appare solo come un primo squarcio in un universo torbido destinato probabilmente a portare alla luce altri clamorosi filoni d’inchiesta. Perchè una schedatura a tappeto come quella messa in campo per anni dalla “spectre” di Tavaroli, Cipriani e dagli 007 che ruotavano intorni a loro (in primis l’agente Sismi Marco Mancini, vedi box), non poteva evidentemente avere solo la finalità di creare fondi neri da dirottare in paradisi fiscali, come è finora stato accertato. Di certo, però, nella monumentale ordinanza del gip Belsito la figura di Adamo Bove non risulta in alcun punto inficiata da ombre o sospetti specifici, ma piuttosto inserita in un contesto popolato da criminali e loschi faccendieri.

Cos’altro di nuovo aveva scoperto su di loro Bove, il quale nei mesi precedenti aveva già offerto un contributo decisivo alle indagini della procura di Milano che portarono all’arresto dei dirigenti Sismi per il sequestro di Abu Omar? Che cosa stava per rivelare agli inquirenti prima di essere catapultato già dai 40 metri del viadotto di via Cilea della Tangenziale, lasciando accese le quattro frecce della Mini di sua moglie, la brillante ricercatrice partenopea del Cnr Wanda Acampa? «La presenza di Adamo Bove e di alti funzionari Telecom a corsi di formazione dell’Opus Dei - spiega un esperto di fatti parareligiosi - potrebbe indicare che lo scontro per il controllo Telecom tra massoni “deviati” come l’amico di Gelli Emanuele Cipriani, e la nomenklatura finanziaria dell’Opus abbia visto, almeno per ora, soccombere quest’ultima». Con una vittima sul campo: l’ex poliziotto napoletano Adamo Bove, per la cui morte - ha raccontato Wanda Bove all’Espresso - non ho ricevuto da Tavaroli nemmeno un biglietto di condoglianze. Uno scenario fosco. Sul quale, a Napoli, è chiamato a far luce un pubblico ministero di grande esperienza come Giancarlo Novelli. L’ipotesi accusatoria è: istigazione al suicidio.



Caro Bove le scrivo…

Circa tre anni fa Adamo Bove aveva avuto contatti professionali con una delle principali agenzie investigative operanti sulla piazza napoletana ed oltre, la A Zeta di Antonino Restino. «Eravamo stati noi - ricorda Carmine Evangelista, investigatore di punta della sigla partenopea - a cercare un contatto con il dottor Bove, come spesso facciamo con altri potenziali clienti, per sottoporre alla Tim il caso di una truffa sulle schede telefoniche che stava avvenendo nel Napoletano». Quella proposta non ebbe seguito, perchè nel frattempo la società stava attivando altri meccanismi di contrasto. Bove però aggiunse: «Sono io che chiedo qualcosa a voi: di aiutarmi a scoprire se esistono soggetti interni alla Tim responsabili di fornire tabulati interni della Tim ad una rete esterna di investigatori. E chi sono queste persone».

Dunque Adamo Bove fin dai tempi della sua permanenza in Tim aveva avuto sentore della fuga illecita dei tabulati e intendeva vederci chiaro.

Ma non finisce qui. L’ultima mail scambiata fra Bove ed Evangelista è del 12 luglio di quest’anno. Esattamente nove giorni prima del tragico volo dalla Tangenziale. «La mail che il dottor Bove ci inviò nel luglio scorso - dettaglia Evangelista - era la risposta ad una nostra nuova sollecitazione. Gli avevo scritto dopo aver letto sull’Espresso che aveva preso il posto di Giuliano Tavaroli in Telecom. Conoscendo la sua cortesia e professionalità, proponevo a Bove nuove forme di collaborazione con la nostra agenzia». Il messaggio restò per alcune settimane senza risposta. Poi il 12 luglio Adamo Bove scrive. Nella mail spiega ad Evangelista e Restino che nell’ambito delle sue nuove mansioni «non rientrano attività per le quali io possa avvalermi della vostra collaborazione perchè non ho facoltà di effettuare verifiche interne».

Riletto oggi, quel messaggio suona come una rivelazione: «E' mai possibile - si chiede Restino - che un manager a capo della security Telecom non avesse quei necessari poteri di controllo?». L’ipotesi è che quella nomina fosse in realtà stata svuotata di reali poteri, forse proprio in ragione dei sospetti che Adamo Bove nutriva da tempo sulla fuga dei tabulati. E molti dubbi il manager di A Zeta Antonino Restino li avanza anche sulla versione ufficiale del suicidio: «Mi sembra impossibile che un investigatore esperto come Adamo Bove, se voleva proprio porre fine alla sua vita, non lo abbia fatto con le modalità tipiche di chi fa questo mestiere, cioè rendendo palesi le ragioni del suo gesto. Un investigatore di professione non si butta giù lasciando accese le quattro frecce dell’auto...».

Perplessità, infine, sull’elenco delle società di investigazione che, come riportato dai quotidiani, lavoravano per conto di Telecom. «In Italia - dice subito Restino - esistono sei, sette importanti agenzie, riconosciute da tutti coloro che operano in questo settore. Nessuna fra queste fa parte di quell’elenco. La Polis d’istinto era nel nostro ambiente e all’interno della Federpol (la più autorevole associazione di categoria, ndr) pressochè sconosciuta, e così le altre». Il dubbio, insomma, potrebbe essere che almeno alcune, fra queste sigle, fossero state messe in piedi ad hoc? Restino annuisce. E rincara la dose: «Ancor più sorprendente è poi la lista delle somme percepite per quegli “incarichi”. Parliamo di parcelle fino a 5 milioni di euro. E siamo totalmente fuori mercato. Il fatturato medio delle principali agenzie investigative in Italia arriva a massimo uno, due milioni di euro». In un anno.



La scorciatoia per il paradiso

I Centri di formazione Elis fondati dall’Opus Dei hanno una scorciatoia diretta per il paradiso. Non si tratta di assoluzioni plenarie o benedizioni, ma del Consorzio Consel, che Elis ha fondato nel 1992 insieme a partner societari del calibro di Telecom Italia, Stet, Italcementi, Ericsson, e ancora Anas, Italtel, Italia Lavoro, Albacom, Wind, Siemens e Trenitalia, per citare solo i nomi più altisonanti. Fusioni suggellate in tempi più recenti dall’ingresso diretto di Elis nell’azionariato di uno fra questi giganti: quella stessa Tim dai cui alti ranghi proveniva un prestigioso docente dei corsi di perfezionamento Elis come Adamo Bove e Rocco Mammoliti. Attraverso un’attenta selezione dei discenti ed un’ancor più accurata scelta del corpo docente, Elis, “Attività per la formazione della gioventù lavoratrice e per la solidarietà sociale”, rende possibile ai giovani rampolli di area Opus la formazione e l’accesso diretto nei ranghi operativi delle principali aziende italiane, che per la restante parte degli aspiranti restano quasi regolarmente solo un miraggio.

Uno dei canali diretti per l’accesso è il programma Elis Fellow, «orientato al coinvolgimento a titolo di volontariato nelle attività Elis di dirigenti, quadri, docenti universitari e altri personaggi di rilievo nella società», con l’unica condizione che aderiscano al Manifesto Elis, contenente in maniera esplicita i principi formativi dell’Opus. «Il nostro compito - spiegano all’Avel, altra costola di Elis votata a rappresentare una sorta di agenzia per il lavoro - è quello di fare da trait d’union fra i nostri corsisti e le aziende alla ricerca di personale specializzato». In primis, naturalmente, quelle aderenti al Consorzio, come la stessa Telecom, in cui le carriere dei pii giovani vengono prontamente avviate con appositi stages. Ai convegni organizzati dal Centro Elis di via Sandro Sandri nella capitale non hanno fatto mancare la loro presenza, negli ultimi anni, grossi big dell’imprenditoria e della politica. Nel 2002, quando era inquilino di Palazzo Chigi, fece un salto Giuliano Amato per parlare di “Lavoro nel modello sociale europeo”. Quello stesso anno il direttore di Elis Bruno Picker (che solo qualche mese fa magnificava sulle colonne de La Stampa le nuove sinergie dei suoi centri formativi con la Rai), ebbe l’onore di ospitare il numero uno di Sviluppo Italia Carlo Borgomeo (tuttora docente, peraltro, ai Corsi Fellows), lo scomparso Gianmario Roveraro (soprannumerario Opus) in rappresentanza delle Residenze Rui, ma anche il giornalista Rai Giovanni Minoli, il presidente di Italia Lavoro Luigi Covatta e il general manager Telecom delle Risorse umane Mario Rosso. Andiamo avanti. Sempre nel 2002 ci va, fra gli altri, l’allora vertice Bankitalia Antonio Fazio; l’anno dopo il sottosegretario al Lavoro Pasquale Viespoli. Il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo si fa vedere in visita ufficiale a fine 2005 per inaugurare il nuovo anno formativo e benedire, subito dopo la Santa Messa, le solenni celebrazioni del quarantesimo anniversario dalla nascita di Elis. Sempre nel 2005 si segnalano le presenze di personalità come Vito Gamberale, Francesco Chirichigno e Mario Landolfi, quest’ultimo nella sua veste di ministro per le Telecomunicazioni. A novembre 2004 si segnala, infine, una fugace apparizione di Giuliano Tavaroli, intervenuto alla presentazione delle “corsie preferenziali” Elis Fellows in qualità di vertice Telecom.



Telecom e piduisti

C’è ancora lunga ombra della P2 in tutta la vicenda che, dalle prime indagini sul sequestro illegale di Abu Omar, conduce fino agli spioni di casa Telecom. Quell’ombra ha due nomi e cognomi. Il primo è quello di Emanuele Cipriani, l’investigatore privato amico della famiglia Gelli (vedi articolo principale), l’uomo chiave di tutta l’inchiesta della Procura milanese. Ma il secondo è quello di Marco Mancini, l’agente del Sismi arrestato l’estate scorsa proprio per il sequestro di Omar ed oggi nuovamente nell’occhio del ciclone per le amicizie - e spiate - pericolose con l’ex manager della security Telecom Giuliano Tavaroli. Negli anni '80 i brigadieri dei Carabinieri Mancini e Tavaroli lavorano insieme nel nucleo contro le brigate rosse agli ordini del colonnello Umberto Bonaventura. Trovato morto in circostante misteriose all’interno della sua abitazione romana nel 2002, alla vigilia della testimonianza decisiva sul caso Mitrokin, Bonaventura era stato lo stesso ufficiale sospettato di aver portato via dal covo di via Montenevoso, nel 1978, l’originale del memoriale di Aldo Moro.

A comandare quel reparto speciale dell’Arma anti BR era il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la cui appartenenza agli elenchi della P2 è stata confermata dallo stesso Licio Gelli in un’intervista rilasciata alla Voce nella primavera di quest’anno. «Il nostro era un rapporto magnifico, leale - ha dechiarato il Venerabile - lui era iscritto alla P2 così come suo fratello Romolo, altro generale dei Carabinieri. Ma l’uno non sapeva dell’altro. Era la nostra regola». Quanto all’epoca del loro sodalizio, Gelli è abbastanza preciso: «Ci conoscemmo a metà anni settanta, a Roma». Prima, dunque, del periodo in cui maturò il blitz nel covo di via Montenevoso.

Torniamo a Mancini, che nel 1984 ritrova Bonaventura al Sismi e fa carriera nella sua ombra. Quando Bonaventura esce di scena Mancini, divenuto nel frattempo referente in Italia della Cia, scala il vertice dei Servizi italiani, proprio mentre l’amico Tavaroli diventa il responsabile unico della sicurezza nei colossi targati Marco Tronchetti Provera: prima Pirelli e poi Telecom. Immortalato dalla stampa internazionale sulla scaletta del velivolo militare che ha riportato in Italia la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, Mancini e la sua divisione del Sismi rappresentavano probabilmente l’ala interna antagonista rispetto a quella guidata da Nicola Calipari. Scrive il Manifesto: «Durante il sequestro Sgrena percepimmo nettamente un contrasto all'interno del servizio, precisamente tra la prima divisione e l'ottava, quella diretta da Calipari e impegnata nelle mediazioni. Fra noi per capirci parlavamo di “Sismi 1” e “Sismi 2”. Se una partita si è giocata tra “i due Sismi”, la sparatoria di Baghdad l'ha chiusa. E Mancini è andato a prendere Giuliana, ferita. Ma un navigatore di lungo corso di quegli ambienti, che peraltro vuol bene all'ex capo della prima divisione, ci aveva avvisati fin da subito: “C'è il Sismi di Calipari e il Sismi di Mancini. E questi ultimi - diceva l'amico 007 - sono capaci di inventarsi di sana pianta un'operazione...”». Costata la vita a Nicola Calipari.



State Buora se potete…

A chi riferiva Giuliano Tavaroli l’andamento di schedature a tappeto ed acquisizioni illegali dei tabulati ad opera di spioni superpagati da Telecom? A Marco Tronchetti Provera, come sembrano ipotizzare i magistrati milanesi, o all’amministratore delegato Carlo Buora, come sostiene il difensore di Tavaroli, Massimo Dinoia? Sessant’anni a maggio, un lungo passato nel management Fiat, dopo una fugace apparizione nei ranghi alti di Benetton, a inizio anni novanta Buora fa il suo ingresso in Pirelli, dove in breve diventa l’assoluto alter ego di Tronchetti Provera, che affida al collaudato manager lo strategico compito di rappresentarlo in Olimpia, Telecom, Tim, e di tenerne alte le sorti anche dentro colossi come Rizzoli Corriere della Sera, Mediobanca, Ras, Immobiliare Unim e, più recentemente, l’Inter. E’ quasi con l’intero bagaglio di queste partecipazioni che Buora va a sedere nell’aristocratico consiglio d’amministrazione dell’Istituto Oncologico Europeo targato Umberto Veronesi, che vede schierato fra i suoi azionisti il salotto buono dell’alta finanza italiana: alle stesse Pirelli, Telecom, Mediobanca, Rcs e Ras si aggiungono infatti Capitalia, Unipol, Generali, la Milano Assicurazioni della famiglia Ligresti (quest’ultima presente anche nell’azionariato Tim), Mediolanum e la tormentata Bpi di Giampiero Fiorani. Un bel pezzo, insomma, del capitalismo “rosso”, con una spruzzatina (non di più) d’azzurro berlusconiano. Di veramente suo, Carlo Buora, non conserva ora più nulla: solo poche settimane fa, il 28 luglio di quest’anno, si è spogliato infatti dell’unica quota societaria posseduta, con la donazione al figlio Jacopo, 25 anni, della sua partecipazione in E.M.T.O. srl, la finanziaria che aveva fondato insieme alla moglie Daniela Borgogni. Quest’ultima resta presente nella sigla milanese insieme a Jacopo e alla figlia ventinovenne Francesca Buora. Ventiquattromila euro di capitale sociale, sede nel capoluogo lombardo, la società è amministrata con ampi poteri da Cinzia Dattilo, classe 1953, anche lei milanese doc, e si occupa di «acquisto, vendita e permuta di beni immobili, gestione dei propri immobili e finanziamento degli enti cui partecipa o ai quali, comunque, è interessata». A fine anni ottanta E.M.T.O. aveva incorporato l’Immobiliare Gimla, altra srl lombarda amministrata dall’anziano Roberto Filippa da Montegrotto d’Asti.

Dei recenti trasferimenti di quote e nude proprietà E.M.T.O. fra i componenti della famiglia Buora si sono occupate le fiduciarie Istifid e Compagnia Nazionale Fiduciaria spa. De minimis non curat praetor. Ha ben altro da fare, il supermanager Buora, chiamato dai giudici per spiegare cosa sapeva sul sistema di spionaggio interno alla security Telecom. Quanto ai conti svizzeri sulla Banca del Gottardo, un secco chiarimento lo ha fatto lo stesso Tronchetti Provera che, in una conferenza stampa all’indomani del ciclone giudiziario, ha difeso Buora (nominato nel frattempo vicepresidente esecutivo di Telecom): «Avevo, come il dottor Buora, un conto in Svizzera, chiuso a fine 2000. Su quel conto non è mai avvenuto niente di irregolare».

Staremo a vedere.

di Rita Pennarola

Fonte:lavocedellacampania.it

FALLIMENTO ALLA MILANESE

Fallimento alla milanese


Mentre la società tanto cara a Peppino Prisco si è cucita sulle maglie uno scudetto vinto fuori dal campo grazie alle conseguenze di quella battaglia mediatica e giudiziaria che ha appassionato l’opinione pubblica, si alzano le grida, neanche tanto contenute, di quanti affermano che la squadra ha meritato questo premio per la sua correttezza e il senso etico dei suoi dirigenti, giocatori e, non ultimo, della proprietà. Prima che sull’onda emotiva inizi un processo di beatificazione in vita dell’Inter, varrebbe la pena di soffermarsi su vicende – molte delle quali recenti – sulle quali l’opinione pubblica non è forse adeguatamente informata. Non per ripicca, ma per mostrare che certi usi e costumi del mondo calcistico sono generalizzati e come tali vanno considerati, se si vogliono intraprendere vere riforme. Prima, però, è necessaria una premessa di carattere storico-quantitativo riferita ai numeri del campionato di calcio di serie A.

Il nostro massimo campionato di calcio ha visto negli ultimi dieci anni crescere i suoi ricavi a dismisura. Il fatturato complessivo delle squadre che hanno dato vita alla stagione 1997/98 è stato di circa 650 milioni di euro, e in quello stesso anno il risultato operativo di gestione o primo margine (che si ottiene sottraendo ai ricavi il costo del lavoro, gli ammortamenti e gli altri costi operativi) è stato negativo per 220 milioni. Nella stagione 2003/04 – ricordiamo che i bilanci delle società di calcio sono infrannuali per essere coincidenti con la stagione sportiva – il totale dei ricavi è stato di 1,150 miliardi di euro e il risultato operativo di conseguenza è risultato negativo per circa 600 milioni. Nella sostanza sono cresciuti i ricavi e sono parimenti aumentati i debiti e quindi il deficit della gestione. Ma il dato più interessante si desume confrontando non il primo margine, ma il secondo: cioè il risultato che si ottiene aggiungendo o sottraendo le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalle cessioni dei giocatori. Inutile dire che le minusvalenze a livello aggregato non si sono verificate, e anzi i bilanci hanno risentito in maniera mirabolante dei maquillage contabili operati dalle società. Così nel primo degli anni oggetto dell’analisi quantitativa, cioè la stagione 1997/98, le plusvalenze sono state pari a circa 200 milioni, cioè meno di un terzo del totale dei ricavi, e in ogni caso le stesse hanno contribuito a rendere il conto economico “aggregato” delle squadre di serie A meno pesante, visto che fra il primo e il secondo margine si sono insinuati appunto i 200 milioni di euro di plusvalenza.

Ma è stato nella stagione 2001/02 che il nostro calcio ha toccato il fondo e quello può veramente essere definito come l’anno zero del pallone italiano. La stagione considerata si è infatti conclusa con la radiazione della Fiorentina di Cecchi Gori e la nascita della Florentia Viola di Diego Della Valle, ripescata direttamente in serie C2 per meriti sportivi. In quell’anno, a fronte di un fatturato complessivo dell’intero massimo campionato di poco più di 1,100 miliardi di euro, il solo costo del lavoro – cioè gli stipendi dei calciatori, dei dirigenti e di tutto il personale dipendente delle squadre della serie A – è stato quasi pari al totale dei ricavi, attestandosi a poco più di 1 miliardo di euro. Questo dato sarebbe da solo sufficiente a delineare lo specchio di quello che qualche anno dopo sarebbe stato definito da due giornalisti esperti di calcio, Marco Liguori e Salvatore Napolitano, Il pallone nel burrone (Come i maggiori imprenditori italiani hanno portato il calcio al crac, Editori Riuniti, Roma 2004). Ma in realtà il dato è ancora incompleto giacché in quella stagione il totale delle plusvalenze è stato di circa 800 milioni di euro. Come a dire che il plusvalore stava diventando superiore al valore che avrebbe dovuto generare quelle plusvalenze.

Per rendere comprensibile ciò che si sta tentando di spiegare con il supporto dei numeri anche a chi con i numeri non ha dimestichezza, provo a dare una spiegazione non quantitativa. I ricavi di una squadra di calcio sono dati prevalentemente, almeno in Italia, dalla vendita dei biglietti dello stadio, degli abbonamenti, dalla cessione dei diritti televisivi e radiofonici in campo nazionale e internazionale, dalle sponsorizzazioni e dal merchandising. I ricavi di un intero campionato, conseguentemente, si ottengono dalla somma dei ricavi di tutte le squadre che vi partecipano. La plusvalenza o la minusvalenza è invece data dalla differenza fra il valore contabile di un qualsiasi giocatore al momento della cessione rispetto al valore contabile posto a bilancio. Così se il giocatore Aristoteles è iscritto nel bilancio della Longobarda con un valore di 100mila euro, la sua eventuale cessione per un milione e 100mila euro genera per la squadra cedente un plusvalore di un milione di euro, che è appunto la differenza fra il valore iscritto al bilancio e il corrispettivo della cessione.

Nella stagione 2001/02 quindi le squadre, almeno stando a quello che è indicato nei bilanci regolarmente approvati e depositati ai sensi dell’Art. 2423 del Codice Civile – che recita «Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria delle società ed il risultato economico dell’esercizio» – hanno ottenuto, vendendo i loro giocatori, una somma quasi pari alla somma di tutte le voci precedentemente indicate. La stagione 2002/03, pur conservando un totale dei ricavi analogo a quella precedente, con un incremento del fatturato di soli 40mila euro, vede una consistente riduzione del costo del lavoro, che scende da 1.000 a 880 milioni. Ma è soprattutto il primo margine, cioè la perdita operativa, che diminuisce da 1.050 a 685 milioni, e sono le plusvalenze, diminuite da circa 800 a 150 milioni, che danno il senso del cambiamento. Verrebbe quindi da chiedersi se sia improvvisamente diminuito il valore dei tanti campioni delle nostre squadre, se siano rinsaviti i presidenti, i dirigenti e il variopinto circo Barnum che ruota intorno al gioco, almeno per noi, più bello del mondo, o se sia intervenuto qualche elemento esterno.

La risposta è facilmente intuibile oltre che nota. Sarebbe stato troppo attendersi una presa di coscienza dei dirigenti e proprietari delle nostre squadre, che anzi continuano a dimostrare di essere insensibili a tutto ciò che accade, anche con riferimento alle recenti vicende. Ciò che accadde è stato l’ennesimo, e purtroppo non ultimo, soccorso da parte delle istituzioni. Infatti era avvenuto che il “sistema calcio” si era avvitato su stesso: da un lato le plusvalenze hanno consentito alle società che vi hanno fatto ricorso di migliorare sulla carta i bilanci annuali, dall’altro però il maggiore plusvalore di un anno genera automaticamente un peggioramento dei conti dell’anno successivo, dal momento che chi vi ricorre è costretto a iscrivere quote di ammortamento sempre maggiori. Quando le società si sono rese conto di non essere in grado di far fronte a quei bilanci che pure avevano redatto e approvato, hanno chiesto aiuto alle istituzioni. Sarebbe a questo punto un utile esercizio di stile domandarsi se è stato corretto tale atteggiamento da parte delle istituzioni o se non sarebbe stato il caso di correre ai ripari.

Entriamo in dettaglio facendo un esempio tra i tanti possibili. Da un’analisi comparata dei bilanci della Internazionale FC S.p.A, regolarmente approvati e depositati, si evince che negli anni considerati, cioè dalla stagione 1997/98 alla stagione 2004/05 (il bilancio chiuso al 30 giugno 2006 non è ancora disponibile), la società ha avuto un risultato operativo complessivo – ricordiamo che il conto economico si azzera alla fine dell’anno, quindi l’analisi considera i deficit operativi – pari a oltre 760 milioni di euro, con un disavanzo medio annuo pari a circa 95 milioni di euro, cioè in pratica ogni mese la società Inter spende per la sua gestione operativa circa 8 milioni più di quello che incassa. Ovviamente non esiste nessuna legge che vieti agli imprenditori di spendere per le proprie società, in qualunque settore esse operino. Ma i soci della squadra del patron nerazzurro non hanno dovuto capitalizzare l’intera somma, poiché per circa 400 milioni di euro si è riusciti a far fronte agli impegni – che altrimenti sarebbero stati non procrastinabili – con l’abilità degli uomini di mercato, che sono riusciti a realizzare cospicue plusvalenze derivanti dalla cessione di alcuni dei giocatori fedeli alla causa nerazzurra.

Così se, da un punto di vista puramente tecnico, sono stati i vari Ronaldo, Vieri e Adriano a segnare caterve di gol, altri comprimari hanno reso alla causa quanto i celebrati campioni. Si scopre quindi che Matteo Ferrari ha generato plusvalenze non soltanto nel bilancio al 30 giugno 1998, quando ha reso alla causa interista soltanto 257.196 euro (la valuta è stata convertita), ma anche nel bilancio chiuso al 30 giugno 2002, quando la sua cessione al Parma ha fruttato la bellezza di 9,7 milioni di euro di plusvalenza. Il funambolico Kallon, oltre ad aver segnato qualche gol utile alla causa interista, ha fruttato circa 7,2 milioni di plusvalenza nel bilancio chiuso al 30 giugno 2000, per effetto della doppia operazione di riscatto della comproprietà dalla Reggina e della cessione al Vicenza, ed è riuscito a fruttare altri 4,3 milioni di euro di plusvalenza nel bilancio chiuso al 30 giugno 2005 per effetto della sua cessione alla squadra del Monaco. E se gli uomini di mercato nerazzurri sono riusciti persino a generare più di una plusvalenza con lo stesso giocatore, non deve meravigliare che nelle stagioni considerate siano riusciti a ottenere quasi 800 miliardi del vecchio conio in plusvalore.

Nel bilancio chiuso al 30 giugno 2002, l’ultimo prima dell’entrata in vigore della famigerata legge, sono quindi riusciti a generare oltre 100 milioni di plusvalenza, di cui oltre 50 derivanti dalla cessione al Parma di Adriano, del già citato Ferrari, di Frey, Gresko e Hakan Sukur, e altri 42 derivanti dalla cessione ai cugini evidentemente non tanto odiati del Milan di Bogani, Brocchi, Seedorf e Simic. Nel primo caso si è poi capito che il Parma, il cui bilancio era consolidato nella tristemente famosa Parmalat, spendeva i soldi dei risparmiatori italiani, nel secondo evidentemente si trattava della inguaribile passione del Cavalier Berlusconi i cui uomini sono ancora oggi soliti ripetere che le «emozioni e i sentimenti non devono essere quotati». Il 27 febbraio 2003 la XIV Legislatura parlamentare ha tramutato in legge un decreto emanato dal governo, il cui premier, per onor di cronaca va ricordato, era anche presidente onorario e azionista di riferimento di una squadra, il Milan, il cui vicepresidente e di fatto numero uno sul campo era presidente della Lega calcio, che sarà ricordato come “legge salvacalcio”. Tale legge era stata “consigliata” anche dalla Federcalcio, il cui numero uno illo tempore era Franco Carraro che nel tempo libero si occupava anche delle sorti della banca d’affari Mediocredito Centrale, controllata da Capitalia e grande elargitrice di finanziamenti e di tutti i supporti necessari delle squadre capitoline ma non solo.

La legge “salvacalcio”, in contrasto con tutte le norme civili e fiscali nazionali e comunitarie – e per la quale è stato avviato un procedimento d’infrazione contro il governo italiano perché la legge ha camuffato un “aiuto di Stato” vietato dall’articolo 87 del Trattato europeo –, ha quindi permesso alle società di calcio di effettuare le svalutazioni necessarie a riportare i bilanci a un livello sostenibile, consentendo il riporto delle stesse nell’arco di dieci anni. Le sole svalutazioni effettuate dalle squadre meneghine e capitoline sono state pari a 900 milioni, e alle società con la citata legge è stato concesso di «spalmare le perdite nei dieci esercizi successivi». Senza l’intervento dello Stato, le società avrebbero dovuto ricapitalizzare le società per l’improvviso depauperamento del patrimonio societario. In particolare la sola svalutazione operata dalla squadra di Massimo Moratti nell’esercizio chiuso al 30 giugno 2003 è stata di 319 milioni, ma anche le altre squadre metropolitane di Roma e Milano hanno fatto la loro parte. Dall’esame del bilancio riferito alla stagione 2002/03, quello appunto chiuso al 30 giugno 2003, si desume che nella sostanza l’Inter, come tanti altri contribuenti italiani, ha aderito ai condoni posti in essere dal precedente governo. Nella voce “Altri oneri straordinari” troviamo scritto: «(omissis) e rappresenta l’accantonamento eseguito a fronte dell’adesione alla definizione automatica per gli anni pregressi ex Art. 9 L. 289/02 (condono tombale), all’integrazione degli imponibili per gli anni pregressi ex Art 8 L. 289/92 (integrativa semplice), nonché alla definizione delle liti pendenti ex Art. 16 L. 289/02».

Entrando nel dettaglio delle acrobazie contabili della squadra vincitrice dello «scudetto alla carriera» (Silvio Berlusconi dixit), il centravanti argentino Hernán “Valdanito” Crespo, comprato durante la campagna acquisti dell’estate 2002 dalla Lazio per 38 milioni, per effetto della svalutazione era stato iscritto a bilancio per una valore di soli 4 milioni, ma durante il calciomercato estivo, cioè nel mese di agosto dell’anno 2003, era stato poi venduto alla squadra londinese del Chelsea per 24 milioni. Quindi il giocatore argentino, peraltro riaccasatosi quest’estate con il medesimo club di via Durini dopo essere stato oggetto dei desideri di molte squadre italiane, ha consentito nel giro di due soli mesi di ottenere una serie di vantaggi contabili alla squadra di Moratti, una prima volta con l’iscrizione nell’attivo di una somma consistente, una seconda volta, quando la sua valutazione è servita a riportare l’indebitamento a un livello sostenibile per effetto della citata “Legge salvacalcio”, una terza volta infine quando, pur in presenza della svalutazione appena iscritta, la società ha potuto iscrivere a bilancio la plusvalenza con un nuovo beneficio contabile.

E per chiarirsi i dubbi si riporta qui di seguito un estratto della Relazione della società di revisione ai sensi dell’Art. 2409-Ter del Codice Civile, la KPMG SpA a firma del partner responsabile Massimo Maffeis:«(omissis) la società ha iscritto nell’esercizio 2003/2004 una plusvalenza, ammontante a €20,8 milioni, relativa alla vendita effettuata nel mese di agosto 2003 del diritto alle prestazioni professionali di un giocatore sulla base di un’interpretazione della norma coerente con la raccomandazione emessa dalla Lega Nazionale Professionisti, come indicato nella nota integrativa. Tale diritto era stato oggetto di svalutazione, capitalizzata in accordo con l’art. 18 bis della legge 23 marzo 1981, introdotto con la legge n. 27 del 21 febbraio 2003, nella voce “Oneri pluriennali da svalutazione diritti”, nel bilancio chiuso al 30 giugno 2003.
«Poiché alla data di redazione del bilancio al 30 giugno 2003 il corrispettivo della cessione di tale diritto era noto, la capitalizzazione di cui sopra sarebbe dovuta essere corrispondentemente ridotta, non ricorrendone più i presupposti in ossequio ai corretti principi contabili di redazione del bilancio. Conseguentemente la voce “Oneri pluriennali da svalutazione diritti” e “Ammortamento delle immobilizzazione immateriali” al 30 giugno 2005 sono rispettivamente sopravvalutati di €13,6 milioni e €2,0 milioni... (omissis)».

Discorso analogo si potrebbe fare per il difensore neocampione del mondo Fabio Cannavaro, che non tanti sotto la Madonnina rimpiangono, ma la cui cessione ha generato per la sua ex squadra una bella plusvalenza di quasi 10 milioni, come si evince dalla lettura del bilancio al 30 giugno 2005 (p.24). La plusvalenza è anch’essa figlia del precedente abbattimento del valore d’iscrizione a bilancio effettuato quale conseguenza dell’applicazione della legge 27/2003, discutibile ma legittima.
Quello che risulta di difficile comprensione è capire la ratio della valutazione, nello stesso bilancio d’esercizio, delle “Compartecipazioni ex Art. 102 Bis delle Noif” dei forti giocatori Ticli, Livi, Ferraro, e Varaldi per 1,750 milioni di euro ciascuno e di iscrivere fra i costi passivi, nella voce “Debiti per compartecipazioni ex Art. 102 Noif” 6 milioni di euro per gli altrettanto forti giocatori Brunelli, Deinite, Toma Duk e Giordano.

La controparte di entrambe le operazioni contabili è stata la squadra del Milan, a sottolineare il buon rapporto tra le due società. Si deve sottolineare che le società che hanno fatto ricorso ai “benefici effetti” della legge 21 febbraio 2003, n.27, non hanno commesso alcun reato. Tralasciando i discorsi sulla bontà di una legge criticata da subito dagli addetti ai lavori e dalle persone di buon senso, il fatto che a soli due anni dall’entrata in vigore, sulla scorta anche delle citate critiche, quella stessa legge sia stata abrogata dal decreto legge n.155 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.151 del 1° luglio 2005, sempre comunque sotto il governo Berlusconi, dovrebbe indurre più di una riflessione. Il 14 luglio 2006, all’indomani della vittoria dei recenti mondiali tedeschi, il quotidiano confindustriale Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo, passato sotto silenzio, in cui si racconta del compromesso raggiunto dal Milan e dall’Inter con la Federazione italiana gioco calcio. Nella sostanza si è registrato un intervento a “gamba tesa” della Covisoc, la Commissione di Vigilanza sulle società calcistiche. Fino al 1996 la stessa aveva il compito di intervenire nel merito dei comportamenti delle società calcistiche, per esempio autorizzando i prestiti. Da quella data, con il governo Prodi in carica, invece quei poteri le erano stati sottratti e oggi ha praticamente il solo compito di sorvegliare la gestione economica e finanziaria delle società al fine di garantire lo svolgimento dell’attività agonistica.

La Covisoc, presieduta da Cesare Bisoni, ha criticato i conti delle squadre milanesi a seguito delle analisi che le competono. Infatti nel corso dell’anno 2005 le due squadre, per mitigare la bocciatura del decreto salvacalcio, erano ricorse a un’operazione di cessione del marchio e, nel caso dell’Inter, anche alla successiva cessione in pegno a una banca per farsi anticipare la somma necessaria. Fin qui nulla di strano. Ma quelle cessioni del marchio erano state poste in essere con due diverse società controllate dagli stessi club. Il Milan ha compiuto la vendita a una società controllata per la somma di circa 181,3 milioni, invece l’Inter ha effettuato la cessione del marchio alla controllata Inter Brand per circa 150 milioni. La Covisoc ha applicato il semplice criterio delle partecipazioni infragruppo e quindi ha considerato come non avvenute le due cessioni. Entrambe le operazioni sono state eseguite per assorbire senza impattare il patrimonio netto e senza dover chiedere agli azionisti di riferimento di mettere mano al portafoglio per ricapitalizzare la società. Ma dopo la bocciatura della Covisoc, che aveva chiesto alle società di compiere le richieste capitalizzazioni, il compromesso raggiunto con la Federazione è stato quello di compiere per l’anno in corso una ricapitalizzazione, che per l’Inter è stata di 20 milioni oltre al congelamento di altri 20 milioni derivanti dalle eventuali cessioni della campagna acquisti e trasferimenti, e per il Milan è stata definita in misura inferiore. Ovviamente il problema si porrà entro il prossimo 30 giugno 2007.

Per quella data le due società, e le altre alle quali è stato richiesto di compiere le necessarie capitalizzazioni, avranno solo tre alternative. La prima prevede una robusta capitalizzazione, e questo potrebbe essere un problema anche per portafogli consistenti e per cuori passionali come quello dei due patron; la seconda prevede un cambiamento delle regole in corsa con effetto retroattivo, e il calcio più di una volta ci ha regalato coup de théâtre. La terza? Varie ed eventuali
Giannicola Rocca
Fonte: Il Domenicale

martedì, ottobre 24, 2006

LA LIBERTA' DI STAMPA.....

ITALIA AL 40° POSTO PER LA LIBERTA' DI STAMPA


Nel World Press Freedom Index 2006, il quinto rapporto sulla libertà di stampa nel mondo pubblicato oggi da Reporters sans frontières (Rsf), l’Italia figura al 40esimo posto – guadagnando così due posizioni rispetto all’anno precedente – ma è stata scavalcata da paesi come Bolivia, Ghana, Bulgaria e Panama, e tra gli Stati dell’Europa occidentale precede (di poco) soltanto la Spagna. Il piccolo passo in avanti dell’Italia, precisa l’organizzazione, si deve “alla fine dell’era di Berlusconi” e soprattutto al fatto che durante l’ultima campagna elettorale il suo abuso degli spazi televisivi è stato ripetutamente criticato.



In base a quello che vedo, credevo fossimo più in basso nella classifica... Certo, stare dietro a certi paesi fa male, ma con me sfondano una porta aperta...

FORZA JUVE SEMPRE!!!

LE SOLITE NOTIZIE

Sandulli : "Nessuna prova"

L`ex presidente della Corte Federale Piero Sandulli sulle sentenze: `Non c`erano prove`. La dichiarazione e` stata rilasciata a Lunedi` di Rigore, la trasmissione condotta da Fabio Ravezzani su Antenna3. `Andrebbe forse letta bene e riconsiderata tutta la sentenza - ha detto Sandulli - Pur non essendoci prove di vicende che possano motivare la violazione dell`articolo 6, tuttavia c`erano avvenimenti che non ci hanno lasciato tranquilli perche` hanno comportato un campionato non regolare` .

Immediata la reazione di Luciano Moggi, ospite in studio, alla messa in onda dell`audio di Sandulli. `Visto e considerato che Sandulli ammette che non c`e` stato illecito da parte della Juventus - ha detto Moggi - Non posso far altro che far rilevare la grande confusione d`idee. E allora bisogna spiegarmi perche` ha assolto Carraro e condannato la Juventus`.

Ironica la reazione di Maurizio Zamparini, anche lui ospite. `A me devono dare la medaglia d`oro perche` ero l`unico onesto in campo`, ha detto il presidente del Palermo


LEGGI L'ARTICOLO SU YAHOO

Sandulli, presidente Corte Federale : "Lo scudetto non andava assegnato"

"Noi non ci siamo preoccupati d'altro che della non assegnazione del titolo. Quella credo fosse la decisione migliore, sia per quanto riguarda l' Inter che il Milan. A titolo personale credo che sarebbe stata giusta la non assegnazione" sono le dichiarzioni di Piero Sandulli, presidente della Corte Federale. Il Milan ha chiesto lo scudetto, ma "non mi sembrerebbe opportuno - ha commentato Sandulli - Probabilmente non lo era neanche assegnarlo alla terza classificata. Si sarebbe potuto lasciare non assegnato il titolo a carattere di memento".

Fonte: calciomercato.com

Nel Frattempo si attende l'esito dell'Arbitrato? A questo punto ritengo più che mai che sia stato tutta una macchinazione per affondare la Juve e far vincere qualcosa ai perdenti.

Sinceramente, mi auguro che non ci vengano dati punti di sconto, cosicchè ce ne torniamo in A zitti zitti partendo da -17, poi si divrebbe (sempre zitti zitti) piazzare una causa tale da mandare in bancarotta la FIGC. Non sono un giurista, ma se fossi nei dirigenti della Juve chiederei un risarcimento di qualche migliaia di milioni di € sia alla Federazione che alla società PERDINTERNAZIONE FC, tanto ormai credo l'abbiano capito pure i muri la falsità di Calciopoli.

Io sto sempre in riva al fiume ad aspettare.... Ormai mi ci sono affezionato....

lunedì, ottobre 23, 2006

TRIESTINA - JUVENTUS 0 a 1


Sesta vittoria consecutiva per i bianconeri, la 4° senza subire gol, ma la seconda immeritata.

A Trieste la Juve scrive il segno più affianco ai suoi punti in classifica grazie alla seconda rete di Cristiano Zanetti in 5 giorni (in precedenza ne aveva segnati lo stesso numero in oltre 200 partite), ma soffre oltre il dovuto e conquesta la vittoria grazie al sacrificio, a Buffon e al gol annullato dall'arbitro alla formazione alabardata.

Quest'ultimo episodio è molto particolare e contorto. Ovviamente le malelingue hanno già cominciato a parlare di congiura e di Juve in C, ma personalmente mi ha stupito la sicurezza con cui l'arbitro ha annullato la rete dei padroni di casa.

Dalle immagini televisive non si nota nessun fallo, ma l'arbitro era a 2 passi ed è intervenuto con straordinaria decisione e tempestività (il fischio si è sentito chiaramente prima che il giocatore triestino concludesse, quindi non si potrebbe neanche parlare di gol annullato).

Per completezza di informazione, vorrei rendere noto quello che ho trovato su un forum a proposito di questo episodio. L'utente afferma che nel primo replay fornito da SKY si vedeva in maniera INEQUIVOCABILE come c'era un netto fallo di un giocatore della Triestina, a due passi dall'arbitro. I replay seguenti, però, erano privi di quell'inquadratura e tutto sembrava regolare...

Passiamo ai singoli voti...

Buffon 7: Per la seconda volta in 5 giorni salva il risultato e permette alla Juve di portare a casa i 3 punti. La serie B non vedrà mai più un giocatore così....
Birindelli 5: In palese difficoltà. Dalle sue parti la Triestina affonda con incredibile facilità
Kovac 5: Insicuro e poco tranquillo, commette errori non da lui.
Boumsong 6,5: Il crescendo delle ultime settimane è confermato anche a Trieste. In questo momento è il perno difensivo più solido ed affidabile. Ed è tutto un dire.....
Chiellini 5,5: Fa il suo, ma l'espulsione pesa molto (anche se inguista), e obbliga la Juve in trincea. Camoranesi 6,5: Le migliori giocate partono da lui. Non è al massimo della forma e della "voglia", ma date le premesse di inizio stagione è già molto.
Zanetti 7,5: Il suo secondo gol consecutivo vale la 6° vittoria di seguito. L'ex perdente, con i suoi due gol, frutta alla Juve ben 4 punti ed il salto dal meno al più in classifica. Insostituibile: ottimo nell'interdizione, prezioso nelle verticalizzazionin per le punte, fondamentale negli inserimenti.
Giannichedda 5,5: Partita di lotta. Non fa mancare la sostanza, ma non è assolutamente ai livelli del compagno.
Nedved 6: Sufficienza stiracchiata, grazie all'assit per il gol di Cristiano. Corre e ci mette l'anima, presto arrivirà anche la giocata decisiva.
Del Piero 5: Non ci siamo. Il 200° gol lo ossessiona e complica la vita a lui e a Trezegol. Ci vuole la sveglia, oppure un Bojinov
Trezeguet 6: Si batte e difende, ma ha poche palle giocabili. Sull'unica conclusione a botta sicura, Rossi compie un miracolo.

Zalayeta 5,5: Chi l'ha visto? Perchè giochi lui e non Bojinov è un mistero...
Paro s.v.: Entra nel finale
Balzaretti 6: Entra per colmare il vuoto lasciato dall'espulsione di Chiellini e si guadagna la sufficienza grazie a qualche buona chisura ed alcuni preziosi interventi.

Deschamps 5,5: Vince ancora, ma alcune su scelte non mi convincono. Capisco che gli attccanti titolari siano Alex e David (non sempre però....), ma perchè quando sostituisce il capitano fa entrare Zalayeta e non Bojinov. Perchè non insistere con Paro? Perchè ignorare totalmente Marchionni? Perchè ancora panchina per Balzaretti? Didì deve capire che una risorsa importante di questa nuova Juve sono i giovani e noi abbiamo 3 tra i più bravi ragazzi in circolazione. Perchè bruciarli?

Voto generale alla prestazione della Juve: 5,5. Missione compiuta: vittoria nelle 3 trasferte consecutive (Piacenza, Treviso e Trieste), col minimo sforzo e tanta, tanta sofferenza. Ora ci aspettano 2 partite in casa (Frosinone ed il recupero col Brescia) dopo l'arbitrato, prima di andare a Napoli. La Triestina, probabilmente, avrebbe meritato il pareggio, ma in ogni caso la Juve vince (per convincere ci sarà tempo in futuro, e non è così indispensabile), annullando una penalizzazione che poteva rappresentare un grosso problema, soprattutto a livello psicologico.

Bene così, ma fatemi soffrire meno, please.....


FORZA JUVE SEMPRE!!!!!!!!!!

giovedì, ottobre 19, 2006

GUARDA COSA MI TOCCA LEGGERE...!

Roma, panico dopo la vittoria (La Stampa)

Appena fuori dallo stadio il pullman dei giallorossi è colpito da una molotov.
Vetri rotti, due agenti feriti.


Il colpaccio della Roma al Pireo (0-1 per i giallorossi) finisce nella paura. Flash e telecamere esaltano la partita quasi perfetta di Francesco Totti quando scoppia il caos. Gli ultrà greci attaccano di sorpresa. Volto coperto e bottiglie molotov in mano, provano a colpire il pullman della Roma che, motore acceso, sta aspettando che finiscano le ultime interviste. Il parabrezza va in frantumi, si sente odore di benzina bruciata. L'agguato dei tifosi dell'Olympiacos coglie in contropiede le forze dell'ordine. «Erano una cinquantina - dirà poi Totti -. Qualcuno ha provato a spacciarsi per romanista, urlando frasi in italiano. Guardate che casino».

Panucci è severo: «Questi sono delinquenti». Il bilancio provvisorio parla di due feriti fra gli agenti. Ristabilita la calma, la squadra giallorossa viene accompagnata a sirene spiegate verso l'aeroporto con una scorta degna di un G8, mentre intorno allo stadio comincia la caccia all'uomo da parte degli agenti. Già all’inizio della partita c’era stata qualche avvisaglia del clima molto teso sugli spalti. Dopo nemmeno un minuto Francesco Totti veniva colpito da un petardo («Che dolore, ho sentito un grande bruciore», così il dieci romanista), ma la sua reazione è stata da fuoriclasse: nessuna scena e gara che fila via.
Fonte: La Stampa
Premesso che la violenza è da censurare sempre ed in ogni sua forma, trovo ridicoli questi piagnistei.
Si sono mai chiesti lor signori cosa accade regolarment alla Juve (intesa come giocatori e dirigenti) e, soprattutto, ai suoi tifosi ogni qual volta si gioca fuori da Torino ed in particolare a Roma e Firenze?
Cari tifosi giallozzozzi, provate a fare una trasferta nella vostra città da tifosi juventini, e capirete subito molte cose....

L'EDITORIALE DI PADOVAN

Una giustizia formato Moratti

Il vittimismo di Massimo Moratti sta diventando un problema serio, forse irrisolvibile. Non pago di avere ottenuto uno scudetto a tavolino, di avere scampato ogni tipo di punizione sportiva (ah, la giustizia!) per il passaporto falsificato di Recoba (coinvolti il giocatore e il tesserato Gabriele Oriali), di essere stato protetto dalla grande stampa milanese sulle connessioni calcistiche della vicenda Telecom, il petroliere si permette ancora battute da bar dissimulate dal suo gelido snobismo. L'ultima -fiacca anche come battuta - riguarda Ibrahimovic e la faccenda dello sputo verso Sottil. Alla Gazzetta dello Sport di ieri, Moratti ha affermato: "Mi dispiace che Ibrahimovic, da quando è all'Inter, sia seguito dalle telecamere come non lo era mai stato in precedenza. Deve stare attento anche a come cammina". Detto, non tanto per inciso, che l'abitudine di pedinare i giocatori è - per stessa ammissione di Moratti - una regola di casa-Inter, il patron dimentica quanto successe a Ibrahimovic quando ancora giocava nella rinnegatissima Juventus. Correva la stagione 2004-2005, trentaduesima giornata, sei alla conclusione: durante Juventus-Inetr (arbitro De Santis) lo svedese viene espulso. Ma la prova tv lo inchioda ad una sanzione più pesante perché effettua una specie di cravatta, assai poco elegante, su Cordoba. Episodio registrato da una telecamera supplementare in dotazione a Mediaset. Risultato: Ibrahimovic squalificato per tre turni (uno per il rosso, due da prova televisiva) in vista dello scontro diretto con il Milan, impegnato spalla a spalla a contendere lo scudetto alla Juve. Quella volta, a San Siro, risolse Trezeguet su assist di Del Piero (rovesciata). Arbitro Collina, una garanzia, così dicevano. Certo, a riesumare molti episodi (grazie al prezioso ausilio di Massimo Fiandrino), viene solo da sorridere, pensando che fu proprio quella del 2004-2005 la stagione dello scandalo. Possibile che il sistema-Moggi, così potente e così ramificato, non arrivasse a mitigare o a interdire un sempliceprovvedimento disciplinare? Fu davvero del tutto irregolare quel campionato se allora Ibrahimovic pagò in un momento tanto cruciale della stagione, mentre oggi che è all'Inter nemmeno viene giudicato? E quale potere sovrintendere adesso il calcio se nelle prime sei partite l'Inter si è già trovata di fronte due squadre prive di altrettanti titolari, espulsila domenica precedente e squalificati in settimana? E' accaduto con Sampdoria (Falcone e Delvecchio nella gara con l'Empoli) e Catania (biso e Stovini in quella con la Fiorentina). Riaccadrà domenica (settimo turno) quando l'Inter si sconterà con l'Udinese per difendere il primato. Farlo senza Muntari, cacciato a Parma, sarà forse più facile. Eppure Moratti non si lamenta.

Giancarlo Padovan
Fonte: Tuttosport

mercoledì, ottobre 18, 2006

E L'ITALIA PASSO' DA GIUSTIZIALISTA AD ASSOLUTISTA

Leggo oggi che l'Inter sarebbe assolta (qualcuno aveva dei dubbi) per il caso intercettazioni illegali e spionaggi.

Il simpatico Ghelfi ha spiegato agli 007 federali che lui ha pedinato Vieri (stando bene attento a non tirare in ballo Moratti, l'uomo-onestà per antonomasia), cosa si deplorevole ma non punibile dal punto dalla giustizia sportiva, mentre per De Sanctis ha confessato che ha fatto tutto da solo Tavaroli.

Ora, mi sorge il dubbio che sta gente ci credano tutti dei poveri deficienti!

Ma dico, come è possibile che il responsabile della sicurezza di Telecom (Tavaroli, appunto) abbia così a cuore gli intrallazzi dell'arbitro De Sanctis? Semplice tifo? Delirio di potere? A me sembra un fatto incredibile e gravissimo allo stesso tempo.

Ma, putroppo, gli onestissimi sono riusciti a farla franca dal punto di vista giuridico e sportivo e, non ho dubbi, salveranno anche l'aspetto morale. I media, infatti, non parlano mai di questo argomento e se lo fanno sottolineano sempre come l'onestissimo Moratti e la sua cricca, qualora avessero fatto gli atti incriminati, non sarebbero da incolpare perchè si difendevano dal mostro di Lockness-Moggi.

Incredibile, non ho davvero più parole.

Ma, per fortuna, ci sono rimasti due baluardi mediatici a cui aggrapparti, due pali nel deserto nerazzurro che è la società ed il calcio che provano quantomeno a scovare (e rendere pubblica la verità). Mi rendo bene conto che per 1 giornale che fa un'informazione corretta ce ne sono una ventina in mala fede, ma voglio proporvi il servizio apparso oggi su LIBERO, in merito al passaporto falso di Recoba.

E' un articolo un pò lungo, ma vale davvero la pena leggerlo tutto attentamente....







LA VERA STORIA DEL PASSAPORTO FALSO DI RECOBA

Il documento falso venne pagato ottantamila dollari: i vertici della società erano stati informati da Oriali


Pubblichiamo ampi stralci della sentenza della Commissione disciplinare della Lega Calcio relativi al "caso Recoba passaporto falso", che il 27 giugno 2001 stabilì le seguenti pene: squalifica fino al 30 giugno 2002 per Alvaro Recoba, inibizione fino al 30 giugno 2002 per Gabriele Oriali, inibizione fino al 31 marzo 2002 per Franco Baldini, oltre a una sanzione di due miliardi di lire per la società nerazzurra. Ma questo è solo il primo atto dell'intricata vicenda. La pena per il giocatore venne confermata dalla Commissione d'appello federale e ridotta a quattro mesi dalla Camera di conciliazione del Coni (sanzione pecuniaria per la società ridotta a soli 1,4 miliardi di lire). Il 25 maggio 2006 Recoba e Oriali hanno patteggiato sei mesi di reclusione (sostituiti con una multa di 21.420 euro) in sede penale, richiesta accolta dal gip del Tribunale di Udine. Nell'inchiesta, divisa in vari filoni, furono coinvolte trentuno persone, fra le quali dodici calciatori di Milan, Roma, Lazio, Sampdoria, Udinese e Vicenza. Sul sito www.legacalcio.it/comun/0001/cu507 è possibile consultare, per tutti gli interessati alla vicenda, il comunicato ufficiale nella sua interezza.

L'esame del merito richiede una premessa in ordine all'oggetto dell'accertamento demandato a questa Commissione, che non può riguardare direttamente l'autenticità, ovvero la contraffazione del passaporto italiano del calciatore Recoba Rivero Alvaro apparentemente emesso dalla Questura di Roma il 9 novembre 1998, essendo tale materia ovviamente riservata al giudice penale. Dagli atti del procedimento emergono circostanze univoche, concordanti ed incontrovertibili che consentono di affermare (pur prescindendo dal rilievo, desumibile dalla documentazione acquisita ed evidenziato nell'atto di deferimento, che il passaporto italiano del calciatore non risulta essere mai stato rilasciato dalla Questura di Roma) che il Recoba non aveva alcun titolo al rilascio di un passaporto italiano per assoluta inesistenza in capo allo stesso dei presupposti indispensabili, ed in primo luogo del diritto alla cittadinanza italiana. A siffatta conclusione si perviene, anche a tacere per il momento dei riscontri probatori e delle argomentazioni logiche che verranno approfondite esaminando le singole posizioni degli incolpati, sulla base delle sole dichiarazioni rese dal calciatore all'Ufficio indagini ed alla Procura della Repubblica di Udine.

In sintesi, il Recoba ha riferito di aver preso per la prima volta in considerazione la possibilità di diventare cittadino comunitario al suo rientro presso l'Internazionale dopo un periodo di permanenza in prestito al Venezia. In tale occasione egli chiese notizie al proprio padre il quale gli precisò che la famiglia aveva "antenati nelle isole Canarie". Le ricerche svolte in quella direzione, dapprima da un collaboratore del procuratore Casal, tale Daniel Delgado, e poi da uno studio legale spagnolo incaricato allo scopo dalla Soc. Internazionale, non approdarono ad alcun risultato: riferisce infatti il Recoba che la ricerca era "lunga e difficile". Il calciatore ha inoltre escluso di aver mai svolto alcuna pratica od inoltrato alcuna richiesta tendente al rilascio di un passaporto italiano.

BENEFICI ILLEGALI PER IL CALCIATORE
Non è necessario spendere ulteriori parole per concludere che il passaporto italiano consegnato al Recoba in Roma nel settembre 1999 non corrisponde né alla cittadinanza uruguaiana di cui il calciatore era in possesso dalla nascita né a quella spagnola che egli avrebbe eventualmente potuto conseguire "jure sanguinis", se le ricerche svolte il Spagna per l'individuazione di antenati spagnoli avessero avuto esito positivo. E sotto il profilo soggettivo si può anche tranquillamente affermare che in nessun caso il calciatore avrebbe potuto confidare nella veridicità "ideologica" del passaporto italiano che gli venne consegnato alla Borghesiana il 12 settembre 1999 dall'Oriali.

In linea generale, e fatto salvo l'accertamento delle singole responsabilità, è innegabile che l'uso di tale passaporto al fine ottenere la variazione di status federale del calciatore, con la consapevolezza che il documento non poteva essere genuino perché incompatibile con la cittadinanza non italiana del Recoba, costituisca grave violazione dei principi di lealtà, probità e rettitudine alla cui osservanza sono tenuti tutti i destinatari delle norme federali, come dispone l'art. 1 comma 1 del C.G.S. Si tratta infatti di utilizzare mezzi scorretti, o addirittura fraudolenti, al fine di ottenere il riconoscimento di un titolo non spettante, traendone un indebito vantaggio. È superfluo il sottolineare, in proposito, che il fatto di diventare "comunitario" ha recato benefici non solo economici sia al calciatore, quanto meno sotto il profilo della libertà assoluta di circolazione del tesserato nell'ambito delle Federazioni comunitarie, sia alla Società di appartenenza, per una migliore utilizzazione dell'organico disponibile (...).

Passando all'esame delle singole posizioni, non sussistono dubbi sull'affermazione della responsabilità di Recoba Rivero Alvaro. Si è già detto che dagli atti non è desumibile alcuna valida ragione che consentisse al calciatore di credere nella genuinità del passaporto italiano in questione e, in particolare, non merita alcun credito l'affermazione del Recoba, allorchè sostiene di non aver rilevato l'anomalia della data di emissione del documento, anteriore di quasi un anno rispetto al momento della consegna dello stesso da parte di Oriali, o quando afferma di non aver notato che nel passaporto gli era stata attribuita una residenza romana mai esistita e meno ancora quando dichiara di non aver dato alcun peso alla circostanza che sul passaporto era applicata una sua fotografia di cui egli non aveva alcun ricordo e che non gli risultava comunque di aver consegnato ad alcuno.

IL COINVOLGIMENTO DI BALDINI
La difesa ha sostenuto che la condotta del Recoba dovrebbe ritenersi scriminata in considerazione della sua inesperienza ed ingenuità, dovute all'età giovanile, nonché della mancata conoscenza da parte sua di tutto quanto attiene a leggi, regolamenti, pratiche amministrative e burocratiche; tutti elementi questi che ne dimostrerebbero l'inconsapevolezza riguardo all'illiceità del suo tesseramento federale come cittadino comunitario.

Ad avviso della Commissione l'asserita inconsapevolezza del Recoba è irrimediabilmente smentita dalle circostanze di fatto sopra richiamate, la cui rilevanza non può essere contrastata ed esclusa soltanto in ragione dell'età del calciatore. E' notorio, infatti, e risulta dagli atti che il Recoba, seppure innegabilmente giovane, ha maturato esperienza in vari campi attraverso spostamenti e viaggi intercontinentali, trattative contrattuali di rilevanza economica, contatti con procuratori sportivi ed iniziative anche nella specifica materia dell'acquisizione di una determinata cittadinanza (si vedano la richiesta di informative al proprio padre, l'affidamento della pratica a uno studio legale spagnolo). Pertanto non mancano a Recoba l'intelligenza, la maturità e l'esperienza necessarie per comprendere che i passaporti non si materializzano dal nulla e che la trasformazione del suo status federale da extracomunitario a comunitario era irregolare.

La sconcertante faciloneria con cui Recoba, sebbene "stupito" di aver ottenuto un passaporto italiano, se ne è servito perché gli conveniva acquisire lo status di comunitario, assume, alla luce delle considerazioni sopra svolte, un significato probatorio decisivo ai fini dell'accertamento della partecipazione attiva e pienamente consapevole del tesserato alla realizzazione dell'illecito.

Quanto al sig. Gabriele Oriali risulta dagli atti che questi, all'inizio della collaborazione con l'Internazionale a giugno 1999, apprese che la Società aveva interesse alla variazione di status del Recoba da extracomunitario a comunitario e che a tal fine era stato interessato uno studio legale spagnolo, le cui ricerche si erano però arenate, trattandosi di pratica complicata che richiedeva in ogni caso, tempi molti lunghi.

Risulta altresì che l'Oriali si interessò della questione Recoba assumendo concrete iniziative finalizzate al conseguimento della variazione di status del calciatore, prendendo contatto con il Baldini per conoscere "come facevano alla Roma per i passaporti" e chiedergli l'indicazione di qualcuno che potesse aiutare l'Internazionale a modificare lo "status" del Recoba. Avuto dal Baldini il nominativo del Krausz (da lui peraltro già conosciuto), l'Oriali si attivò per l'avvio della "pratica", seguendone poi lo svolgimento sino alla conclusione. Egli provvide infine a consegnare al Recoba, il 12 settembre 1999, il passaporto italiano che gli era stato appena fornito dal Krausz.

A carico dell'Oriali gravano elementi di accusa, costituiti da circostanze di fatto accertate e da argomentazioni logiche deducibili dagli atti, così precise, articolate e stringenti da dimostrarne la responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. In particolare:

a) fu l'Oriali a ricevere il passaporto dal Krausz. Prima di consegnarlo a Recoba, egli ebbe modo di esaminarlo e di rilevare che la data di emissione risaliva al 9 novembre 1998, cioè quasi un anno prima del giorno della consegna. La circostanza è confermata dal Krausz, la cui deposizione all'Ufficio Indagini va ritenuta attendibile, per essere stata rilasciata spontaneamente da persona non tesserata e conseguentemente non obbligata a fornire informazioni agli Organi federali della Figc. La spiegazione di tale anomalia, che il Krausz dice di aver fornito all'Oriali ("Commentammo il fatto che il passaporto risultava rilasciato con una data anteriore ma a me era stato spiegato con la circostanza che trattasi di documenti facenti parte di un gruppo "riservato a casi particolari") è sintomatica della consapevolezza da parte dell'Oriali in ordine alla irregolarità del rilascio del passaporto;

b) Oriali ebbe anche modo di rilevare, esaminando il passaporto, che dal documento Recoba risultava residente a Roma, circostanza non corrispondente al vero, e che sul passaporto era applicata una fotografia del Recoba di cui egli "non sapeva nulla";

c) fu l'Oriali ad incaricare Krausz dello svolgimento della "pratica" in Argentina e ad autorizzare, dopo aver ottenuto l'assenso della Società, il versamento della somma di 80.000 dollari pretesi (cfr. le dichiarazioni sul punto del Krausz) dalla Liliana Rocca quale compenso per l'ottenimento del passsaporto;

d) fu l'Oriali a promuovere un incontro con Baldini, alla presenza del Ghelfi, nel corso del quale venne chiesto al Baldini di assumersi tutta la responsabilità dell'operazione, e di emettere fattura a proprio nome dei costi "dell'operazione Recoba";

e) l'Oriali, essendo a conoscenza dei precedenti infruttuosi tentativi svolti in Spagna per il conseguimento della cittadinanza comunitaria del calciatore, non poteva confidare nella correttezza e regolarità di un passaporto italiano di Recoba ottenuto in Argentina da una non meglio precisata "agenzia", in tempi a dir poco fulminei, dal momento che egli ben sapeva che da parte di Recoba non era stata presentata ad alcuna autorità italiana la domanda di rilascio del passaporto. Né egli poteva, in base alla logica ed alla comune esperienza, considerare serie e fondate le generiche e fumose assicurazioni fornitegli dal Krausz, anche tramite Baldini, che "tutto era regolare".

L'affermazione dell'incolpato, di non essere stato consapevole della pretesa illegittimità del documento e di non aver dubitato della correttezza delle persone alle quali aveva affidato, per conto della Soc. Internazionale, lo svolgimento della "pratica", si riduce a mera allegazione difensiva priva di effettivo riscontro, che non intacca minimamente il completo e convincente quadro probatorio raccolto a suo carico.

Deve quindi essere affermata la responsabilità disciplinare del sig. Gabriele Oriali. Per quanto attiene al sig. Franco Baldini è pacifico in atti che questi venne interpellato dall'Oriali, il quale gli chiese se conoscesse una persona in grado di verificare l'esistenza delle condizioni necessarie per modificare lo status del Recoba da extracomunitario a comunitario. I

l Baldini avrebbe indicato il Krausz (che l'Oriali già conosceva personalmente) ritenendolo adatto al compito sia perché questi in precedenza si era occupato di vicende analoghe, sia perché la moglie dello stesso collaborava con uno studio legale argentino. Dopo aver indirizzato Oriali al Krausz, il Baldini non si sarebbe più interessato direttamente al caso, limitandosi in alcune occasioni a fungere da tramite tra Krausz ed Oriali, poiché gli stessi avevano difficoltà di mettersi in contatto tra loro. La difesa ha sostenuto che la marginale attività del Baldini, limitatasi alla "presentazione" di Krausz ad Oriali (salvo sporadici e non significativi interventi di mero collegamento tra i due) ne escluderebbe il coinvolgimento nella vicenda del passaporto Recoba.

Osserva la Commissione che dagli atti si evincono numerose e concordanti circostanze che conducono al convincimento che il Baldini ebbe nella vicenda un ruolo ben più rilevante ed efficientedi quello di semplice tramite. In particolare:

a) tra il Baldini ed il Krausz esisteva un rapporto di collaborazione, nel senso che il primo aveva offerto al secondo, in un momento di difficoltà economica, l'opportunità di collaborare con il suo studio, operando in Argentina ove dimorava avendo sposato un'argentina;

b) il Baldini, proprio in virtù del rapporto di collaborazione di cui sopra, doveva ben conoscere la natura delle pratiche svolte dal Krausz in Argentina, l'inconsistenza delle vantate conoscenze ed esperienze presso agenzie e consolati e della altrettanto vantata possibilità di intervento della moglie nella veste di collaboratrice di uno studio legale (il Krausz ha dichiarato di aver reperito l'indirizzo di una "agenzia seria" attraverso depliant distribuiti a scopo pubblicitario, di fronte ad un Consolato e mai ha fatto cenno ad una qualsivoglia partecipazione della propria moglie alla vicenda);

c) risulta dagli atti che il Baldini costituì un punto di riferimento costante per lo svolgimento della "pratica" trasmettendo al Krausz la documentazione relativa al Recoba, smistando le comunicazioni via fax tra Oriali e Krausz ed infine - circostanza questa alquanto sintomatica - comunicando ad Oriali, circa 45/60 giorni dopo il primo contatto, che la ricerca era stata positiva e che tutto era a posto affinchè il Recoba divenisse comunitario - Al riguardo, le asserite difficol tà di contatto telefonico tra il Krausz ed Oriali non sono credibili poiché il Krausz riferisce di aver telefonato direttamente ad Oriali per tenerlo al corrente dell'andamento della pratica in varie occasioni, non ultima quella relativa alla richiesta del bonifico bancario. Se ne deduce logicamente che le notizie importanti, come indubbiamente era quella della "conclusione delle ricerche", dovevano passare attraverso il Baldini e che competeva a quest'ultimo comunicarle all'Oriali;

d) Oriali si rivolse a Baldini e non a Krausz per accertarsi che "tutto fosse regolare" e fu il Baldini a fornire le assicurazioni del caso;

e) nel maggio 2000 il Baldini fu convocato ad un colloquio con Oriali e Ghelfi, nel corso del quale gli venne chiesto di assumersi tutte le responsabilità del passaporto di Recoba e addirittura di fatturare a proprio nome le relative prestazioni. Tale tentativo di coinvolgimento del Baldini da parte dell'Internazionale non avrebbe evidentemente alcuna giustificazione logica, se egli si fosse limitato a "dirottare" Oriali verso Krausz. Né appare credibile la versione difensiva circa le motivazioni di rispetto quasi reverenziale che avrebbero indotto il Baldini ad accettare comunque il colloquio con gli esponenti dell'Internazionale.

In base ai suddetti elementi, la Commissione ritiene che debba essere dichiarata la responsabilità del Baldini, risultando pienamente provati il diretto e consapevole coinvolgimento nella realizzazione dell'illecito e l'efficacia causale dell'attività posta in essere per il conseguimento del fine.

RESPONSABILITÀ OGGETTIVA PER L'INTER
Al sig. Rinaldo Ghelfi, amministratore delegato della Soc. Internazionale, viene contestata la partecipazione alla illecita condotta posta in essere dai tesserati della sua Società, Recoba ed Oriali in concorso col Baldini e con terzi non tesserati. Peraltro, dagli accertamenti svolti in sede di indagini risulta un intervento diretto del Ghelfi nella vicenda soltanto nel maggio 2000, momento in cui era divenuta di pubblico dominio la notizia di possibili irregolarità riguardanti il conseguimento dello status di comunitario da parte del calciatore della Lazio Veron. Il Ghelfi, volendo essere certo che non vi fossero anomalie nella analoga pratica di Recoba, chiese chiarimenti ad Oriali e partecipò al noto incontro con lo stesso Oriali ed il Baldini.

Tale condotta del Ghelfi, di per sé, non appare disciplinarmente rilevante, sia perché avvenuta in epoca successiva alla modifica dello "status" del Recoba, sia perché priva di valore probatorio significativo ed univoco in ordine alla consapevolezza del Ghelfi circa l'irregolarità della posizione del Recoba. Su tale circostanza sussistono certamente forti dubbi, dal momento che Oriali - non essendosi attivato per il passaporto di Recoba a titolo meramente personale - deve aver tenuto informati i vertici della Società sull'andamento della pratica.

Dagli atti risulta che almeno in due momenti Oriali deve essersi consultato con i propri superiori: il primo quando si trattò di dare il "via" alla pratica in Argentina ed il secondo quando si trattò di effettuare su indicazione di Krausz, il bonifico di 80.000 dollari, che doveva essere autorizzato dai vertici societari. Ciò posto, è evidente che la richiesta di pagamento di una somma rilevante per lo svolgimento di ricerche documentali avrebbe potuto, e forse dovuto, ingenerare nella dirigenza dell'Internazionale sospetti di irregolarità e d'altra parte l'inesistenza nei libri contabili della Società di un pagamento di tale importo potrebbe significare che alla liquidazione del compenso si sia provveduto in forma non ufficiale, cosa che costituirebbe un ulteriore indizio di responsabilità a carico dei referenti dell'Oriali.

Dagli atti, tuttavia non è desumibile alcuna circostanza che faccia riferire al Ghelfi, in modo certo ed inequivoco, l'adozione di decisioni in tal senso, non potendosi escludere in modo assoluto l'ipotesi che altri soggetti abbiano provveduto nei predetti termini.

Ritiene pertanto la Commissione che il sig. Rinaldo Ghelfi debba essere prosciolto dall'addebito. La Soc. Internazionale risponde dell'operato dei propri tesserati Recoba ed Oriali a titolo di responsabilità oggettiva, senza che possono in alcun modo rilevare le allegazioni di buona fede formulate dalla stessa.


Avete letto bene, non c'è trucco e non c'è inganno. Questa è la sacrosanta verità, solo che nessuno ce la racconta (e credo che manchino ancora tantissimi elementi).

Ma continuate pure a credere che il potere fosse la Juve, che Moggi fosse il mostro, il male del calcio e del paese.

Nessuno può realmente concepire la gravità di questo incredibile scandalo che coinvolge molte componenti sociali. Nessuno, probabilmente, e come al solito, saprà mai la verità, ma quello che noto con disgusto è il menefreghismo della gente, che da giustizialisti assetati di sangue bianconero si sono trasformati di colpo ad assolutisti, per i quali tutto va bene.

La solita Italia ed i soliti italiani. Contenti voi....


juve

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NON UN EURO ALLA GAZZETTA!!!

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