martedì, luglio 10, 2007

CANDIDA CANNAVO', UN UOMO, UN MITO!

Il candido Cannavò
di MARCO GIANNATIEMPO


QUANDO Candido Cannavò succedette a Gino Palumbo come direttore responsabile della Gazzetta dello Sport, scranno occupato per 19 interminabili anni, Gianni Brera, in un insano impeto di razzismo all’italiana, alimentò il mito della razza “lumbarda” denunciando l’occupazione dei posti di potere da parte dei meridionali. Come quasi tutti i maestri, detestava il politicamente corretto, bandiva la banalità e brandiva la polemica. Da Gianni Brera, a più di quindici anni dalla sua morte, ereditiamo innumerevoli «breroidi», un patrimonio lessicale divenuto d’uso comune (Abatino, Bonimba, Rombo di Tuono, e poi centrocampista, cursore, goleador, melina, Padania, palla gol, rifinitura, e tanti altri), e l’insegnamento che il giornalismo, anche sportivo, non debba ricercare il già detto, il luogo comune, l’ovvio. Qualità in cui il Candido roseo, titolare delle colonne meno significative della stampa sportiva italiana, eccelle.


E VENIAMO al presente, 22 giugno 2007. Appena due giorni or sono, acquista un’aura di popolarità il caso plusvalenze. E arriva la notte a riprendersi la luce: di venerdì, i magheggi galliano-morattiani sono relegati in un commento ironico di Fabio Capello, nelle parole di Giancarlo Abete e, infine, nell’odierna rubrica del Candido. Tralasciando le scelte editoriali del giornale rosa, carro armato ai tempi di Calciopoli e ferraglia arrugginita dodici mesi più in là, addentriamoci nelle pieghe dell’articolo di Cannavò, intitolato «Plusvalenze: una storiaccia. Ma non facciamo confusioni».
E i dubbi affiorano imperiosi. Una storiaccia, come fosse un qualsiasi fatto di cronaca accaduto ieri l’altro. Giusto per informazione – non un pregio dei nostri fogli sportivi, per la verità – dei maquillage di bilancio se ne occupano egregiamente da anni due cronisti semi-sconosciuti, Marco Liguori e Salvatore Napolitano, che nel 2004, non proprio la scorsa mattina, denunciarono nel loro libro-inchiesta “Il pallone nel burrone” anche gli scambi di calciatori tra Inter e Milan (e Roma, Parma, e così via) quale mezzo illecito per ripianare i conti. Libro che ogni giornalista italiano che si occupi di finanza o di calcio avrebbe il dovere morale di leggere, quantomeno prima di sproloquiare. E il Nostro, così sorpreso dalle inchieste milanesi su San Moratti da Bosco Chiesanuova, pare non averlo sfogliato.


NAUSEA. La prima parola che arriva sulla punta delle dita del Candido. Nausea «per i sistemi da suk nordafricano con cui la società campione d’Italia e quella campione d’Europa hanno gestito il caso Suazo, che riguarda non il novello Maradona, ma un simpatico calciatore da sette anni in Italia». Siamo certi, da queste colonne, che il «simpatico calciatore», 94 reti in 255 partite in Serie A con la maglia del Cagliari, ricercato da mezzo mondo tra cui, appunto, la squadra campione d’Europa e quella campione d’Italia, abbia gradito il cortese aggettivo. E che, sfogliando le pagine del primo quotidiano sportivo italiano, si sia sorpreso di quanta ignoranza sull’argomento calcio regni tra coloro che regolarmente se ne occupano.


E ANCORA. «L’idea che l’Inter non potesse rispettare i parametri per l’iscrizione al campionato mi fa semplicemente ridere. Moratti avrebbe provveduto in ogni caso. Qualche esperto cervellone gli ha semplicemente evitato il fastidio di un’operazione ad hoc, uno dei tanti aumenti di capitale ai quali è abituato». Non si può non esser lieti che la notizia di reato susciti ilarità nel Nostro. A una certa età, esercitare il riso non è operazione da destinare alla bocca degli stolti. Che la colpa dei taroccamenti sia di un esperto cervellone, tuttavia, lascia perplessi. E non perché Moratti sia un individualista che fa tutto da sé, ma perché di esperti cervelloni, nelle indagini del Pm di Milano, non vi è traccia. Come lascia supporre il Nostro, il buon Massimo non è altro che una vittima di qualche malintenzionato così affezionato ai risparmi del patron che si prodiga negli artifici contabili più disparati. Per concludere il ragionamento, non lascia adito a dubbi il fatto che Moratti avrebbe provveduto in ogni caso all’aumento di capitale. Tutto il popolo nerazzurro ricorda con le lacrime agli occhi gli acquisti milionari di campioni del calibro di (tenetevi forte) Adani, Angloma, Almeyda, Batistuta, Bergkamp, Bia, Bianchi, Bindi, Blanc, Branca, Brechet, Brocchi, Camara, Caio, Carbone, Carini, Cauet, Centofanti, Choutos, Cirillo, Cinetti, Coco, Colombo, Colonnese, Mirco Conte, Corradi, Cordaz, Davids, Dell’Anno, Di Napoli, Domoraud, Fadiga, Farinos, Favalli, Ferrante, Ferrari, Ferron, Festa, Fresi, Fontana, Frezzolini, Fontolan, Galante, Gamarra, Ganz, Georgatos, Gilberto, Gresko, Guglielminpietro, Hakan Sukur, Helveg, Ince, Jugovic, Kanu, Karagounis, Robbie Keane, Kily Gonzales, Lamouchi, Luciano, Macellari, Manicone, Mazzantini, Mezzano, Milanese, Morfeo, Moriero, Mutu, Okan, Orlandini, Orlando, Orlandoni, Pacheco, Panchev, Padalino, Paganin, Panucci, Pasquale, Paulo Sousa, Pedroni, Peralta, Pistone, Rambert, Recoba, Rivas, Sartor, Seno, Serena, Sergio Conceiçao, Sforza, Shalimov, Silvestre, Simic, Sorondo, Tarantino, Tramezzani, Vampeta, Van der meyde, Ventola, Vivas, West, Winter, Wome, Zanchetta, Ze Elias, Ze Maria.
Continua il Nostro, sul passaporto falso di Recoba. «Ha pagato Recoba, ha pagato Oriali, ha sofferto – checché se ne dica – anche l’immagine dell’Inter». Ci tira su il morale, il Candido. E lascia un tarlo agli juventini, che avrebbero probabilmente sofferto volentieri se le pene fossero derubricate ad un mero “danno d’immagine”.


«DEPLORATI gli aspetti morali della vicenda… evitiamo la più disonesta delle mistificazioni: confondere il cancro di “Moggiopoli” con l’infezione delle plusvalenze. Nessuna cortina fumogena può nascondere il potere occulto che ha gestito il pallone, le designazioni arbitrali a comando, le tesserine telefoniche estere consegnate agli arbitri, gli scandali del 1998 e del 2000, i Baldas, i Ceccarini, i De Santis, gli scudetti dirottati a comando». Qui il Candido supera sé stesso, demolendo il record di – chiamiamole così – inesattezze stabilito in precedenza. Punto primo: il cancro di Moggiopoli e l’infezione delle plusvalenze. Si rammenti al Nostro che in tutti i Paesi del mondo, Italia esclusa, il falso in bilancio è un reato, sovente punibile con la detenzione. Secondo punto: il potere occulto che ha gestito il pallone. Le metastasi: le designazioni arbitrali a comando (mai dimostrate da nessuna intercettazione telefonica di cui si è a conoscenza), le tesserine telefoniche estere consegnate agli arbitri (ne riparliamo a processo concluso), gli scandali del 1998 e del 2000 (mai e dico mai sotto indagine da qualsivoglia magistratura ordinaria o sportiva di questo mondo), Baldas (il moviolista che faceva vincere le partite alla Juventus), gli scudetti dirottati al comando (s’usi il singolare: la giustizia sportiva ha preso in esame un solo campionato).
Candido Cannavò: un giornalista, un mito.

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juve

juve/


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