domenica, giugno 03, 2007

FACCIAMO CHIAREZZA SUL DOPING

UN PO' DI CHIAREZZA SUL DOPING

di Emilio Cambiaghi


Esaminiamo i farmaci che sono stati protagonisti nelle aule del processo alla Juventus: è stato assodato e reso noto che la farmacia personale del dottor Agricola ne annoverava ben 281. Un dato del genere, tuttavia, non è di per sé probante sull’uso dei medesimi per scopi illeciti: tutti (e ripetiamo “tutti”) quei farmaci non rientravano nelle liste delle sostanze proibite dal Coni (cosa che basterebbe, essa sola, per sgonfiare il processo), inoltre a quei tempi non si aveva idea precisa di quanti o quali prodotti una società calcistica di alto livello potesse disporre. Si spara una cifra, 281, ma non la si può confrontare con nessun’altra.
Se, per esempio, si fosse scoperto che il numero medio di farmaci posseduti da una società di serie A era di 100, allora sarebbe stato corretto sostenere che quelli “a catalogo” della Juventus erano eccessivi. Come vedremo più avanti, il possesso di questi prodotti era una consuetudine generalizzata anche in tutte le altre società, cosa comprensibile vista anche l’elevata estrazione scientifica dei medici e dei preparatori atletici che vi ci lavoravano. È ridicolo pensare che un solo medico, Agricola, conoscesse così bene i farmaci che aveva a disposizione mentre gli altri dottori fossero completamente all’oscuro di cosa questi usasse con i calciatori.
Ma proseguiamo con un’importantissima considerazione che tutti gli organi di informazione si sono ben guardati dall’esprimere: scorrendo la lista delle specialità farmaceutiche di casa Juve ci si accorge che i farmaci “unici” sono relativamente pochi: molti dei nomi in elenco non sono altro che ripetizioni della stessa medicina, la quale si presenta in formati diversi di somministrazione (fiale, compresse, buste, sciroppo, ecc…) o in differenti contenuti di principio attivo (100mg,200mg, ecc…). Per esempio, il principio attivo dell’aspirina (l’acido acetilsalicilico) è presente in quattro preparati di differente nomenclatura ma, a tutti gli effetti, equivalenti: Aspirina, Aspirina C, Aspirina C effervescente, Aspirina 500mg.
Fa sorridere, infine, notare nella lista a disposizione di Guariniello la presenza di alcuni farmaci di uso comune nella gran parte delle famiglie italiane. Ci riferiamo a nomi ben noti a chiunque possegga in casa propria un seppur minimo armadietto medico. Solo per citarne alcuni:

Ananase (blandissimo antiinfiammatorio), Aspirina (analgesico-antiinfiammatorio-antipiretico), Augmentin (antibiotico), Bacacil (antibatterico), Tachipirina (analgesico-antipiretico), Fastum gel (pomata per le contusioni), Allergodil (antiallergico per uso oculare), Feldene (antiinfiammatorio-antireumatico), Flectadol (antiinfiammatorio-analgesico), Fluimucil (mucolitico, sciroppo per la tosse), Bisolvon Linctus (mucolitico, sciroppo per la tosse), Mesulid (antiinfiammatorio), Plasil (antiemetico, disturbi gastrici), Centellase (pomata per edemi e per ulcere varicose), Imodium (antidiarroico), Polaramin (antistaminico), Buscopan (antispastico, disturbi gastrici), Nizoral (antimicotico), Otalgan (antidolorifico e antiinfiammatorio per l’orecchio, in gocce), Rinazina (decongestionante nasale, antistaminico), Toradol (antidolorifico, trovato in 6 forme diverse), Transact (cerotto antidolorifico), Verecolene (lassativo), Vivin C (compresse di vitamina C), Ciproxin (antibiotico), Zepelin (pomata e compresse analgesiche e antiinfiammatorie), Zimox (antibiotico).

Ipotizzare che una squadra di calcio potesse “doparsi” con un antibiotico, uno sciroppo per la tosse, un collirio, un analgesico o una pastiglia contro la diarrea è realmente al di là di ogni possibile supposizione.
La pubblicazione della notizia del ritrovamento di oltre 200 farmaci nello spogliatoio bianconero può essere lecita e persino doverosa, ma solo ed esclusivamente se accompagnata dalla precisazione che il 95% di essi sono inefficaci per una qualsiasi pratica volta al miglioramento delle prestazioni sportive. A meno che non si creda che un calciatore, se raffreddato, debba giocare con il naso chiuso per non avvantaggiarsi rispetto a chi non possiede un decongestionante.
In virtù di questo, se si esclude la pletora di farmaci che non possono verosimilmente influire né sulle prestazioni né sul recupero dalla fatica, ci si ritrova con una lista davvero esigua di prodotti non “ordinari”. E i nomi sono quelli delle solite scatolette (Voltaren , Neoton, ecc...) che affollano gli armadi medici delle società professionistiche italiane.
L’universale utilizzazione di questi prodotti farmaceutici non è mai stata abbastanza sottolineata dagli organi di informazione che, invece, hanno prodigato sforzi nel cercare di far passare l’equazione Juventus = abuso di farmaci = doping. Questa circostanza non è però sfuggita ai legali della società bianconera che al processo hanno prodotto prove di come le pratiche di integrazione e supplementazione farmacologica fossero talmente diffuse al punto da essere dichiarate preventivamente all’antidoping. Nello specifico vennero mostrati i verbali di prelievo antidoping per le partite di Juventus e Torino, concernenti il campionato e la coppa Italia 1997/98. In questi documenti emerge come i medesimi prodotti contestati alla Juventus (tra l’altro regolarmente denunciati), compaiano anche nelle liste di tutte le altre società italiane. Citiamo qui alcuni esempi che riguardano i farmaci dichiarati dalle squadre in occasione di partite contro la Juventus:

▪ 14 settembre 1997
Roma: Deflanat, Rinogutt

▪ 5 ottobre 1997
Fiorentina: Esafosfina, Neoton, Voltaren, Tad 600, Feldene, Danzen, Polase, Cebion, Supramyn, Epargriseovit, Losferron, Mesulid

▪ 9 novembre 1997
Napoli: Voltaren fiale, Ducos fiale

▪ 14 dicembre 1997
Piacenza: Voltaren, Muscoril, Neoton, Tad600, Zovirox pomata

▪ 4 gennaio 1998
Inter: Flectadon, Voltaren, Aulin

▪ 7 gennaio 1998
Fiorentina: Cebion, Polase, Glutanev, Esafosfina, Epargriseovit, Neoton, Rifocin, Aureomicina

▪ 8 febbraio 1998
Roma: Voltaren fiale, Rinogutt, Pi Food, Nutrix

▪ 28 febbraio 1998
Fiorentina: Friliver Energy, Creatina Complex, Polase, Esafosfina flebo, Cebion comp., Neoton cv, Odue, Ferlixit, Paefolic, Liosfernan, Epargriseovit, Ipoazotal, Feldene

▪ 5 aprile 1998
Lazio: Esafosfina, Biochetasi, Enterogermina, Epargriseovit, Samyr 200 fiale, Supradin, Cebion, Nofilex

In altri verbali, non citati qui per brevità, si legge come moltissime altre squadre abbiano dichiarato gli stessi farmaci contestati alla Juventus, Samyr compreso. In questo modo risulta ancora più evidente, se ce ne fosse bisogno, la diffusione capillare di queste sostanze in tutti gli spogliatoi calcistici tanto che, per dirla con le parole dell’avvocato Chiappero, «è importante sapere come si siano comportati gli avversari, non per adottare il principio del “così fan tutti”, ma per comprendere quale fosse, nell’ambiente calcistico, l’atteggiamento verso i farmaci».
Stessa musica anche dalle parole di Giuseppe Papadopulo, ex allenatore della Lazio: «Le flebo vengono usate da tutte le squadre. È necessario accertare quali prodotti contengono. Ma se il Neoton si può prendere, come sembra, allora non vedo perché non farle».
Nonostante tutte queste argomentazioni, che sanno quasi di palese ovvietà, i pm non hanno voluto assolutamente recedere dalle loro posizioni, continuando a vedere il problema solo a strisce bianconere. Secondo loro, infatti, la Juventus si distingueva dalle altre squadre perché gli stessi farmaci erano usati con più continuità, adducendo l’esempio di Vialli, il quale dichiarò il Voltaren per 11 volte dalla fine del 1994 all’inizio del 1996.

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Che tutto il bailamme sia stato montato solo contro la Juventus lo dimostra il caso del ridicolo PROCESSO AL TORINO, di cui vi propongo una breve cronistoria:

Pochi sanno che il procuratore Guariniello non si è occupato solo di Juventus. Nello stesso periodo in cui la società bianconera finiva sotto le forche caudine dei media, il pm torinese ha avuto la cura di sfruculliare anche i magazzini dei cugini granata. Il processo al Torino comincia addirittura prima (2001) di quello alla Juventus ma si instaura su basi completamente diverse. Vediamo perché.
Le indagini e i sopralluoghi ai campi di allenamento del Torino Calcio rivelano l’esistenza di una piccola farmacia, composta da 248 farmaci. Ben 128 vengono rinvenuti al Campo Agnelli, sede degli allenamenti delle formazioni giovanili. In un’udienza del 13 marzo 2001 la dottoressa Adriana Ceci commenta così l’accaduto:

c’è una fornitura completa, ricca di farmaci importanti (gastroenterici, cardiologici, neurologici, cortisonici, nda). Stranamente non trovo in tutti questi farmaci quelli che la legge prevede siano presenti per assicurare il pronto soccorso. Quindi è evidente che non c’è una finalità di garantire un trattamento di emergenza di pronto soccorso, ma c’è l’idea che per sostenere gli allenamenti e gare servano dei farmaci.

A parte l’Epo, generosa aggiunta esclusivamente bianconera, sembra lo stesso scenario che ha caratterizzato il processo alla Juventus. Tuttavia, i pm la pensano diversamente: il Torino non viene accusato per abuso di farmaci ma per violazione del dls 538/1992 riguardante il “commercio abusivo di medicinali”. Incredibile. Da una parte una società che, con tutte quelle specialità farmaceutiche a portata di mano, non poteva far altro che adoperarle per incrementare le prestazioni dei suoi atleti, dall’altra parte un’altra società colpevole solo di commerciare illecitamente in medicinali. Non si fa il minimo accenno al loro uso.
Il 13 dicembre 2001 si conclude il processo di primo grado a carico della società granata: arriva la condanna per l’amministratore delegato Palazzetti, mentre il medico sociale Campini viene assolto per via di alcune obiezioni ritenute fondate. Dal sito di Raisport:

Sei mesi di arresto e 15 milioni di ammenda. Con questa condanna si è concluso il processo per uso di medicinali tra i giocatori del Torino Calcio. Condannato Davide Palazzetti, ex amministratore delegato della società granata, mentre è stato assolto l’ex presidente Massimo Vidulich, secondo quanto era stato richiesto dall’accusa. È approdato dunque a condanna il primo processo ad una squadra di calcio nato dalle inchieste sollevate nel 1998 dalla ormai notissima intervista di Zeman. Per Palazzetti ed il Torino era stata ipotizzata la violazione della legge 538 del 1992 in materia di farmaci. L’ipotesi d’accusa, sostenuta in aula dal pm Gianfranco Colace, era che il Torino, a partire dal 1997, avesse acquistato e detenuto una quantità di medicinali ingiustificata ed eccessiva. “Tutti i nostri principi sono stati accolti”, ha commentato brevemente Raffaele Guariniello, il procuratore aggiunto che aveva condotto l’inchiesta dopo la sentenza

L’amministratore delegato Palazzetti viene prosciolto nel processo d’appello tenutosi il 29 gennaio del 2003. Ma a sconcertare è la sentenza della cassazione, che assolve definitivamente gli imputati: il tribunale dichiara che i club di calcio possono a tutti gli effetti avvalersi di una farmacia interna in cui detenere, oltre ai farmaci in vendita libera, anche quelli per i quali è necessaria una prescrizione medica. «La legge punisce solo le ditte che si dedicano esclusivamente ad accumulare farmaci a scopo di lucro, mentre il Torino Calcio S.p.A, dopotutto, è una società sportiva». Senza parole. Ma c’è dell’altro, dalla sentenza leggiamo che:

è certo che alcuni di questi farmaci sono stati acquistati e forniti senza ricetta medica, redatta dal medico sociale, pur essendo necessaria, mentre molti medicinali venivano prescritti e acquistati senza una correlazione, senza uno stato patologico, senza essere prodotti da banco ed essere tesi a fronteggiare situazioni di urgenza o emergenze, giungendo, in alcuni casi, alla somministrazione a soggetti minori per i quali era vietata […] Il 27,5% [dei farmaci] apparteneva al regime di acquisto libero, mentre il 71% concerneva farmaci suscettibili di essere acquistati solo su ricetta ripetibile o anche non ripetibile. Né mancavano, sia pure in percentuale di gran lunga inferiore dell’1,5%, specialità non vendibili al pubblico perché somministrabili esclusivamente in ambito ospedaliero. […] ben 69 su 128 (pari al 53%) concernevano specialità non suscettibili di somministrazione in giovani di età inferiori ai 16 anni, stante la serietà e irreversibilità degli effetti collaterali riscontrabili nell’impiego su soggetti nell’età dello sviluppo

Il Torino deteneva farmaci con ricette non ripetibili, alcuni di solo ambito ospedaliero, e li somministrava ai minori di 16 anni. Nonostante questo è stato incolpato solo per il commercio non autorizzato di medicinali. È interessante, infine, leggere la testimonianza di Roberto Testi, autorevole medico legale che nel processo ha prestato una decisiva consulenza per il Torino. Di fronte all’accusa che i prodotti erano stati acquistati senza ricetta medica, egli risponde.

È vero. Ma li aveva richiesti lo stesso medico sociale, e i suoi ordinativi potevano ben essere considerati ricette. Quei farmaci, insomma, per tanti che fossero non costituivano un deposito. Erano di pertinenza di uno studio medico che stava svolgendo la sua attività. E nessuno può dire che un medico non può dare medicine a un paziente

Quest’ultima frase pare valere per il Torino ma non per la Juventus: il dottor Agricola non “svolgeva la sua attività” ma dopava i calciatori. Una differenza non da poco.
Infine, una considerazione: il processo al Toro è passato sotto traccia, senza clamori e proclami, senza i titoloni della stampa, senza i servizi inorriditi dei tg e senza i soliti tromboni ad impartire lezioni morali. Lanciamo una sfida: su qualsiasi motore di ricerca in internet, provate a trovare documenti, testimonianze e articoli riguardanti il processo al Torino. Un avvertimento: usate un po’ di fantasia nello scegliere le parole chiave da ricercare. Si rischia di trovare solo tanto bianconero.

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Sulla falsariga del processo ai granata si innesta il famoso caso dei valori alti di EMATOCRITO DEI GIOCATORI DEL PARMA. Ecco un sunto della storia:

Ai primi di ottobre del 1998 un’inchiesta sul doping condotta dal pm Spinosa svela anomalie in alcuni dati riguardanti i giocatori del Parma: in un’analisi svolta a luglio dello stesso anno, solo tre calciatori risultano essere sotto il limite consentito per l’ematocrito (50). La società emiliana si difende sostenendo che quei valori (alcuni giocatori erano oltre il 60!) sono sballati poiché, nel periodo contestato, la squadra si trovava in ritiro ad alta quota. Segue un comunicato societario:

A fronte dell’incredibile campagna diffamatoria posta in essere dagli organi di stampa e televisivi a danno del Parma AC, fatta salva ogni considerazione inerente la violazione della legge sulla privacy, la società fa presente che le analisi di cui si parla sono state effettuate dalla società stessa al rientro dei calciatori dalle ferie, prima che iniziasse la preparazione atletica.
La società, come da prassi interna e per disporre di informazioni comparative, effettuò le medesime analisi in più laboratori, ricevendo esiti nettamente diversi e sensibilmente inferiori rispetto a quello oggi resi pubblici, che non sono comunque da considerare minimamente probanti per le illazioni avanzate. I risultati portati a conoscenza dagli organi di informazione non hanno nulla a che vedere con l’uso di sostanze considerate proibite, di cui, fra l’altro, il Parma MAI ha fatto uso.

Pochi giorni dopo, come un fulmine a ciel sereno, giungono dalla Francia alcune pesanti dichiarazioni dell’ex parmense Daniel Bravo: «Il giorno della partita tutti i titolari venivano sistematicamente sottoposti ad alcune iniezioni. Ci dicevano che erano vitamine, ma se non le facevi ti mettevi contro la società. Ero convinto che fossero punture di vitamine, ma adesso ho qualche dubbio. Sono sorpreso che un club come il Parma utilizzi questo genere di cose». Il calciatore è certo di non avere mai assunto sostanze dopanti ma afferma di non conoscere con precisione il contenuto di quelle flebo che, precisa, non ha mai fatto da nessun’altra parte in carriera.
La società continua a difendersi aggiungendo che gli esami sarebbero stati compiuti adoperando un macchinario tarato male. Tuttavia lo studio legale del laboratorio Sant’Orsola di Parma, che ha svolto le analisi, ribadisce «l’affidabilità e l’efficienza delle proprie attrezzature».
L’inchiesta vera e propria parte il 6 ottobre 1998. Il 9 aprile dell’anno seguente i calciatori parmensi, sotto richiesta della società stessa, si sottopongono ai controlli previsti dal protocollo Io non rischio la salute, condotti dal dottor Bellotti per conto del Coni: i dati rivelano una sinistra realtà. La media dei valori di ematocrito risulta 45,3, cifra superiore alla media (43,7) del 3,8%. Anche i dati relativi all’emoglobina sono superiori, attestandosi a 15,2 g/dl contro il 14,8 della media.
In sintesi, il protocollo del Coni, valido per le considerazioni e le certificazioni in materia di antidoping, dimostra che il Parma:

1- Presenta valori di ematocrito superiori non solo alla media, ma discostantisi anche dal range di tollerabilità consentito del 3% (il Parma lo supera del 3,8%).
2- Presenta valori di emoglobina, seppur entro il range consentito, ben oltre il valore medio: 15,2 contro 14,8 (+2,7%).

Il Parma, fra tutte le squadre che hanno partecipato agli esami del protocollo del Coni, si colloca al primo posto per quanto riguarda i valori di ematocrito e al secondo per quelli dell’emoglobina. La Juventus, al contrario, vanta valori ampiamente nella media che la collocherebbero, in quella speciale graduatoria, al decimo posto per l’ematocrito e al tredicesimo posto per l’emoglobina.
Sulla scorta dei dati raccolti, il professor Bellotti invia una preoccupatissima relazione alla Procura Antidoping, mettendo in guardia sulla possibilità di pratiche illecite in atto nella società emiliana:

(i dati, nda) mettono in luce livelli di ematocrito discostantisi dalla norma in maniera significativa. I dati sono ancora più significativi perché caratteristici non dei singoli atleti, ma dell’intera squadra, riflettendo cioè una tendenza che si osserva nella gran parte dei calciatori di quella squadra. Tale trattamento potrebbe anche essere spiegata sulla base di uno stesso trattamento farmacologico in uso nella squadra, che ha provocato i medesimi effetti (aumento dell’ematocrito, del numero di globuli rossi, dell’emoglobina).
Non si può, perciò, nemmeno escludere il ricorso a sostanze come l’Epo o simili all’Epo e una parallela e concomitante somministrazione di prodotti a base di ferro. Al di là dei possibili “trattamenti di squadra” non si può nemmeno tralasciare l’ipotesi di trattamenti individuali e personalizzati, indipendentemente dagli altri atleti componenti la squadra; non si spiegano altrimenti, a meno di non accertare l’esistenza di una patologia in atto, le ampie variazioni osservate, a breve distanza di tempo, nei valori dell’ematocrito di alcuni atleti esaminati.

Nonostante l’eloquenza dei risultati e le pesanti parole di Bellotti, incredibilmente, il 15 aprile 1999, la Procura Antidoping del Coni propone la chiusura del caso, il quale viene definitivamente archiviato il 28 dello stesso mese.
Ci sono analisi che mostrano valori ampiamente fuori dalla norma, con addirittura il supero del range di tollerabilità, e ci sono delle dichiarazioni di un calciatore che accusa la sua ex società di avergli praticato iniezioni di medicinali ignoti. Eppure da questa situazione non si è ricavato nulla e nessuno si è lamentato del futuro del calcio tirando in ballo questioni etiche sulla salute dei poveri giovani calciatori. La Juventus ha dimostrato di avere valori medi e range di tollerabilità perfettamente normali, non ha dovuto fare i conti con accuse di suoi ex calciatori, eppure ha dovuto subire un processo…

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Per concludere vi voglio sottoporre questa strana vicenda fatta di bugie e reticenze a sfondo rossonero, che i media hanno visto bene di insabbiare con ogni mezzo:

A fine 2003, con la Juventus che sta affrontando il suo processo, si discute di una riforma radicale che garantisca maggior rigore e attendibilità alle procedure di analisi. La commissione antidoping del Coni annuncia che, a partire dal 6 gennaio 2004 (ovvero, prima giornata di ritorno del campionato), saranno introdotti i controlli incrociati sangue-urine. Sembra una svolta ma il volgo tifante non è ancora al corrente della fregatura: il controllo incrociato è facoltativo e il calciatore sorteggiato può rifiutarsi di sottoporvisi.
Il 6 gennaio, giorno dell’introduzione del nuovo controllo, su 12 calciatori sorteggiati solo 6 accettano di farsi prelevare, oltre all’urina, anche il sangue. Le promesse di riforma e di chiarezza sembrano svanire nel nulla, fino a quando non interviene il neopresidente di Lega, Adriano Galliani:

I controlli incrociati vanno fatti! Anzi, voglio introdurre l’obbligo nel prossimo contratto collettivo, e chiederò che venga punito chi si rifiuta. Non capisco perché i calciatori debbano rifiutare di sottoporsi a questo tipo di esame: altre categorie, come i cuochi (?) lo fanno periodicamente. Chi vuole fare il calciatore e firma un contratto da professionista, deve sapere che dovrà sottoporsi a questi esami. […] chi si rifiuta vorrà dire che farà un altro mestiere. (Gazzetta dello Sport, 7 gennaio 2004)

La Figc, per bocca dell’onnipresenteCarraro, si conforma alla linea dura proposta da Galliani: «i giocatori che rifiutano i controlli incrociati saranno esclusi dalla Nazionale». I giornali approvano: finalmente qualcosa di concreto.
Ma non passa un anno che già arriva la sorpresa. Il 20 marzo 2005, dopo Roma-Milan (0-2), i rossoneri Pancaro e Gattuso rifiutano di sottoporsi al prelievo del sangue mentre i sorteggiati della Roma, Curci e Pipolo, accettano. Sui giornali scoppiano le prime polemiche e, successivamente, viene rese noto che anche l’olandese del Milan, Clarence Seedorf, aveva rifiutato il doppio controllo dopo Atalanta-Milan (1-2) del 5 marzo. È nel diritto dei calciatori rifiutare il prelievo del sangue ma, dopo le parole infuocate di Galliani, stupisce che proprio tre rossoneri, nell’arco di due settimane, si siano avvalsi di tale opportunità.
La difesa del Milan e dei suoi due tesserati è veemente ma contraddittoria: la società spiega che i calciatori non si sono sottoposti al test poiché il pullman della squadra era in procinto di partire per l’aeroporto, Gattuso invece afferma che non sussistevano le necessarie condizioni igieniche per procedere al prelievo: la sala dell’antidoping sarebbe stata “invasa” da dieci persone non autorizzate e le siringhe per il prelievo sarebbero state collocate su un tavolo vicino al luogo dove si raccolgono le urine. Galliani, invece, tace.
In un comunicato ufficiale il presidente della Federmedici sportivi, Maurizio Casasco, sconfessa le giustificazioni addotte dai rossoneri:

Gattuso non è mai entrato nel locale del prelievo ematico ma solo nel locale predisposto per la raccolta del campione di urina. Lo stesso atleta non poteva in alcun modo aver visto siringhe, sigillate o meno, per il semplice fatto che per tale prelievo viene utilizzato un particolare dispositivo “vacuteiner system” che non contempla l’uso di siringhe, in ogni caso assenti dal locale. Nel separato locale del prelievo urinario non era presente nessuna persona non contemplata dal regolamento antidoping Wada-Coni. I medici sportivi non trattano gli atleti come “animali”, ma esercitano il loro ruolo con sensibilità e serietà professionale. Pertanto non è giustificabile che per giustificare una decisione, peraltro legittima, si facciano affermazioni prive di verità e se ne attribuisca la colpa al comportamento dei medici.

C’è puzza di bruciato, che rischia di diventare un incendio quando, qualche giorno dopo, viene reso noto che nel mese di Febbraio altri 10 calciatori avevano rifiutato il controllo del sangue, due dei quali erano milanisti. Emerge quindi che, nell’arco di un mese e mezzo, su quindici rifiuti ben cinque erano di calciatori del Milan. In pratica, il 33%. Di fronte alle accuse, il responsabile medico del Milan, Massimiliano Sala, sottolinea che chi si oppone alla raccolta del sangue deve poi sottostare ad esami più severi per quanto riguarda le urine, ma la Procura di Torino sbugiarda anche questa tesi difensiva: i test antidoping eseguiti sulle sole urine, anche se più approfonditi, sono inutili. Le urine dei calciatori, infatti, dal momento del prelievo a quello delle analisi di laboratorio non vengono refrigerate. In questo modo è impossibile rilevare la presenza di Epo, sostanza per la quale è stato appositamente introdotto il controllo sul sangue.
Inoltre, il responsabile dell’antidoping, Giuseppe Capua, aggiunge che l’analisi sulle urine può rilevare la presenza di Epo fino a 3-4 giorni dall’assunzione, mentre quello sul sangue è in grado di spingersi fino a 15-21 giorni:

ANSA - Roma, 22 marzo 2005 - '”Mi batterò affinché chi rifiuta i test incrociati sia punito”. Questo il pensiero del professor Giuseppe Capua, presidente della Commissione Antidoping della Federcalcio, interpellato dall'Agenzia radiofonica Grt dopo il rifiuto dei milanisti Pancaro e Gattuso di effettuare l'esame del sangue al termine del posticipo Milan-Roma di domenica scorsa. “'Sono profondamente dispiaciuto perché si tratta di due giocatori della Nazionale. In particolare mi dispiace per Gattuso che fa parte dell'Assocalciatori, un’associazione con cui siamo confrontati a lungo per mettere a punto questa procedura. C'era pieno accordo nella modalità di esecuzione dei test e sul fatto che dovessero essere fatti a sorpresa. Purtroppo non ci si rende conto che a così alti livelli si destabilizza un ambiente che ha bisogno della collaborazione di tutti”.
[…] Il responsabile antidoping della Figc ha poi voluto rispondere al medico sociale del Milan, Massimiliano Sala: “I due giocatori non hanno messo a disposizione dei medici niente di diverso dal solito. Visto che viene fatto il controllo dell'Epo, c’è già bisogno di una quantità maggiore di urina, ma sarebbe stato fatto comunque nel momento in cui viene fatto il prelievo del sangue. Il problema è che nei test sul sangue i valori alterati restano per 14-21 giorni. Sulle urine il tempo scende a 4-5 giorni. Tutte queste cose il medico del Milan le sa. Invece di giustificarsi, dovrebbe seguire la via del rigore che stiamo cercando di dare a questo mondo”

Rimangono molti dubbi, che le televisioni del Biscione si guardano bene dal sollevare. L’unico intervento è di Berlusconi: «Comunque il doping è uno scandalo montato dalla sinistra». Ovviamente.
Nonostante i proclami di Galliani e le promesse di Carraro, Gattuso e Pancaro non vengono esclusi dalle convocazioni per la Nazionale. Inoltre, il centrocampista del Milan, che è consigliere dell’Aic (Associazione Italiana Calciatore) sembra aver dimenticato di essersi battuto per l’introduzione della nuova metodologia di controllo, come conferma l’impegno preso di fronte a Campana:

A gennaio dell’anno scorso scese in campo in prima persona l’Assocalciatori: il suo presidente Sergio Campana proclamò che, dopo le iniziali perplessità proprio sul prelievo del sangue, i giocatori erano stati ben informati sulla nuova frontiera dell’antidoping e tutti (nessuno escluso) avevano accettato il controllo incrociato sangue-urina. (Gazzetta.it, 21 marzo 2005)

Ma non è finita qui: il 21 dicembre 2006 viene annunciato che i controlli antidoping svolti dopo Milan-Roma (1-2) dell’11 novembre hanno rilevato la presenza di sostanze dopanti (prednisone e prednisolone) nelle urne dell’attaccante rossonero Marco Borriello. La società comunica che la non negatività è dovuta ad una pomata vaginale usata dalla fidanzata del calciatore, la quale gli avrebbe trasmesso le sostanze in questione durante un rapporto sessuale. Una difesa originale che viene però nuovamente smentita dai fatti:

ANSA – 17 gennaio 2007. Le controanalisi hanno confermato la positività di Marco Borriello, giocatore del Milan trovato positivo a due corticosteroidi, il prednisone e prednisolone il 21 dicembre scorso, dopo Roma-Milan. Secondo quanto dichiarato dai medici, il quantitativo di sostanza ritrovata nelle urine esclude l'ipotesi di uso “superficiale” quale pomata o spray.

Quindi, se la pomata è da escludere, come ha assunto il calciatore quelle sostanze? Non lo sapremo mai. Silenzio tombale dei media, nemmeno Zeman ha mosso un dito. Forse le strisce della maglia erano del colore sbagliato.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

il fatto determinante di tutta la vicenda è che la juve fa clamore. il sistema italiano è un vero schifo. è inutile rammentare i fatti di calciopoli, dove il mondo giornalistico ci è andato sempre contro. il problema è che questo atteggiamento continua. La cassazione ha accertato che alla juve non si è mai fatto uso di sotanze illecite in particolare di epo. ma nessun giornale ha sottolineato la cosa, l'unica cosa ricordata è stata il fatto che il processo non poteva essere rifatto per prescrizione. é tutto un vero schifo!!!!!!

Mirko ha detto...

Salvo, c'è un motivo se ho fatto questo blog...

Il vero problema, però, è rappresentato dalla gente comune, che non ragiona con la propria testa e non si ribella a certe schifezze che avvengono in questo paese.

Ognuno ha quello che si merita, noi italiani probabilmente ci meritiamo questo!

Mirko



juve

juve/


NON UN EURO ALLA GAZZETTA!!!

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