venerdì, giugno 22, 2007

ARTICOLO DI MOGGI SU LIBERO

Bilanci taroccati e scudetti omaggio vengono a galla le magagne degli "onesti" di LUCIANO MOGGI


Io so attendere e, quando serve, so anche ringraziare. In questo caso il mio "grazie" va a Paolo Mieli, direttore del "Corriere della Sera". Intervenendo martedì scorso a "Ballarò", Mieli, nel bailamme delle discussioni sulla querelle intercettazioni, si è riferito a una vicenda che interessò mio figlio la scorsa estate, giudicando assai criticamente la pubblicazione di alcune telefonate che non avevano alcuna rilevanza ai fini dell'indagine. Una selvaggia violazione della privacy che, rispetto a tante altre ugualmente gravi, mi sembrò ancor più ingiusta e assurda. Ringrazio Mieli per il suo intervento che, in un certo modo, mi ha ripagato delle tante sofferenze causate alla mia famiglia dalla divulgazione di quelle telefonate. Spero almeno che questa vicenda possa servire a "educare" certi media sul corretto uso delle intercettazioni. Prima indifferenza ora indignazione
Lo stesso "problema intercettazioni" è stato riportato in primo piano dopo che, nell'occhio del ciclone, sono finiti politici di primissimo piano. Curiosamente non accadde la stessa cosa quando vennero pubblicate le telefonate dell'ex ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu... All'epoca nessuno urlò che la misura era colma (da tempo tra l'altro) e che bisognava porre un freno al caos che si era venuto a creare. Per primo fui io a parlare del problema (un conto è ascoltare una telefonata dal vivo, nel suo contesto reale; tutt'altra cosa è leggere la sua, spesso sbrigativa, trascrizione), ma se ne sono convinti tutti solo quando ne ha discusso Fassino. L'indifferenza dimostrata ai tempi di Pisanu, improvvisamente, si è trasformata in indignazione ed è stata giustamente rilevata e criticata (sempre a Ballarò) da Maurizio Belpietro. Passo ad altro. Un detto diffuso soprattutto a Napoli e in Sicilia divide gli uomini in tre categorie, rapportate principalmente ai loro comportamenti. Farò riferimento solo alla prima: ad essa appartiene certamente Fabio Capello, uno che non rinnega gli amici (non è da tutti, e lo ringrazio), uno che non ha peli sulla lingua, che non le manda a dire, un vero uomo rispetto a tanti altri, un grande tecnico, tra i migliori al mondo se non il migliore. Quest'ultimo aspetto, del resto, è sotto gli occhi di tutti. Anche Fabio Capello attacca Guido Rossi

Capello, tra l'altro, possiede una memoria invidiabile. Ha difeso davanti a tutti il numero dei suoi scudetti («ne ho vinti nove, e per me nove restano»), e a chi gli ha accennato ai due titoli revocati quando allenava la Juve, ha risposto (su "Tuttosport") rifilando una stilettata a Guido Rossi. «Qualcuno - ha detto - l'aveva messo lì apposta (Rossi ndr)», aggiungendo che «quando l'Inter si aggiudicò la Supercoppa vincendo a Torino, lo fece grazie ad un gol irregolare. Nessuno, però, disse che l'arbitro era De Santis». Il nome di Guido Rossi, estromesso in un lampo da Telecom (a Napoli per rimozioni di questo genere si dice che uno ha fatto la fine delle "guardie regie", che furono appunto messe a riposo dalla sera alla mattina), è rimbalzato anche nelle dichiarazioni di Ricucci pubblicate dal "Corsera". Riferendosi alle "tre scalate" (quella di Bpi ad Antonveneta, quella di Unipol per avere il controllo della Bnl e quella a Rcs-Corriere della Sera) Ricucci ammette «di aver fatto il doppio gioco, trattando coi francesi e avviando un negoziato parallelo attraverso Irto e Guido Rossi». Già, proprio lui! Di più: il nome dell'ex commissario straordinario della Figc è ricomparso a proposito della bufera che ha travolto l'Inter (e in misura minore il Milan che peraltro aveva i parametri per iscriversi al campionato) per certi bilanci "aggiustati" (quelli del 2003 e del 2004) che hanno consentito ai nerazzurri di iscriversi al torneo 2005-06 proprio (e solo) in virtù di quell'"aggiustamento". Per chi avesse scarsa memoria si tratta del campionato vinto a tavolino da Mancini e compagnia. I bilanci ballerini e lo scudetto a tavolino

L'accusa dei giudici è chiarissima: «I dirigenti dell'Inter, in esecuzione di un medesimo disegno, avrebbero ingannato i soci e il pubblico al fine di evitare di evidenziare perdite che avrebbero comportato l'obbligo di ripianarle e/o di ridurre il capitale sociale entro il successivo esercizio» e sarebbe inoltre stata omessa nei confronti della Covisoc «l'esatta situazione patrimoniale ai fini delle verifiche all'ammissione ai campionati». Tutto questo ha un solo significato: il prof. Rossi, ex componente del cda dell'Inter, vedeva solo quello che voleva vedere e avrebbe dovuto sapere (e certamente lo sapeva), che la Federcalcio non era affatto obbligata ad assegnare il titolo 2006, come ha dimostrato mercoledì la puntuale ricostruzione di "Tuttosport". Personalmente non mi piace infierire: mi sono limitato a dire che prima o poi tutto viene a galla, che il tempo è galantuomo e che certe cose già si sapevano. In soccorso dell'Inter, invece, è partito il solito defensor fidei che, in casa "Gazzetta" (naturalmente), ha parlato di «un sommario processo di piazza riservato soprattutto all'Inter dello scudetto a tavolino» e di prescrizioni imminenti, dimenticando di porsi la domanda più importante: dove nasconderanno la faccia i nerazzurri? Fate voi. Sorvolo sulle reazioni di Moratti. Lui è sempre immacolato, qualunque cosa accada. Del resto, a difenderlo pensano i suoi alleati. Ma non è tutto così semplice: l'accusa rivolta dalla Procura milanese (quella vera, perché quella sportiva finora ha dormito tra troppi guanciali) è grave, e io sono d'accordo con il parere espresso da molti giornali. Fossi nell'Inter, insomma, sarei poco tranquillo e nei panni di Moratti provvederei a chiudere con solerzia l'"ufficio degli onesti" inaugurato impropriamente la scorsa estate dalle parti di via Durini. E, a proposito di Inter, torno sul "caso-Suazo" per ricordare un episodio che risale a qualche stagione fa e relativo all'acquisto di Stankovic: il giocatore, allora alla Lazio, firmò un contratto con la Juventus (portai personalmente le carte in visione a Moratti perché si rendesse conto della situazione), ma i nerazzurri, incuranti di tutto, acquistarono ugualmente il centrocampista che preferì seguire Mancini, tecnico prediletto. Caro Massimo, come si dice, "chi di spada ferisce di spada perisce". E ora tocca al Candido

Su tutte queste vicende attendo il giudizio omnicomprensivo di Candido Cannavò nella nota rubrica "Fatemi capire" per capire... se ha capito. Lui, che conosce la storia di Lillo, il cagnolino sottratto alla strada e che dorme adagiato sul letto di Moratti, non prevedeva niente di quanto è accaduto? Una domanda sorge spontanea: qual era la vera Cupola? Quella piccolina che Guido Rossi ha fatto di tutto per individuare (e - dai e dai - ci è riuscito), oppure il Cupolone che ha combinato e combina tutti questi guasti? Da queste righe (e in tempi non sospetti) siamo stati i primi a dire che Rossi doveva essere considerato un "inviato", che sarebbe tornato alla casa madre una volta adempiuto il suo compito (in particolare doveva colpire il sottoscritto e il dottor Giraudo). Così ha fatto, ma come sopradetto il tempo è galantuomo...

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juve

juve/


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