martedì, maggio 15, 2007

LE BATTAGLIE DI TUTTOSPORT

Questo è l'editoriale di Giancarlo Padovan su Tuttosport di oggi, martedì 15 maggio 2007

Da mesi, ormai, nell’ambiente calcistico italiano non si par­la più solo della Juve, ma anche di Tuttosport. Della sua linea edi­toriale, delle sue posizioni criti­che, degli attacchi che porta (per nulla di quelli, anche scomposti e volgari, che subisce), delle de­nunce pubbliche che sporge, del­le battaglie che conduce. Confes­so che ad un giornale non si po­trebbe chiedere di meglio, perché creare dibattito e interesse per i contenuti della testata, è una qua­lità pari solo al numero di copie vendute. Per fortuna di Tutto­sport,
come certificato da Ads e Audipress, la diffusione è ottima – e le copie molte di più rispetto all’anno precedente –, segno ine­quivocabile di quanto il quotidia­no abbia un radicato pubblico di riferimento e un bacino di lettori in espansione. Tuttosport, poi, ha dalla sua 62 anni di vita, raccon­tati da firme che, prima di ogni altro merito, possedevano quello di conoscere la lingua italiana, traducendo la competenza in scrittura. Escludendo me, da qui sono transitati ben dodici diret­tori che hanno contribuito a fare la storia del giornalismo, non so­lo sportivo, in Italia.
Insomma, siamo gente seria, che conosce il proprio lavoro, il pro­dotto da mandare in edicola, le regole della grammatica e della sintassi, quelle del buongusto, della misura, dell’antagonismo e della provocazione.
Purtroppo ad occuparsi di noi, non ci sono solo i Moratti, inteso come Massimo, presidente del-l­’Inter, ma anche i Materazzi, in­teso come Marco, difensore (dop­pio) dell’Inter. Dal primo, al qua­le peraltro molto imputiamo, ab­biamo incassato fastidio e dissen­so, mai disprezzo. Dall’altro – lo diciamo con risolutezza – non in­tendiamo accettare nessuna lezio­ne né di morale, né di correttezza. Domenica pomeriggio, dopo la fanciullesca «vendetta» del 5 mag­gio 2002 (com’era patetico, cinque anni fa, quel lungagnone frignan­te che se la prendeva con i laziali colpevoli, a suo dire, di non la­sciargli vincere lo scudetto), Ma­terazzi si è prodotto nella seguen­te esternazione: «Dopo la sconfit­ta con la Roma, molta gente si è sciacquata la bocca, ha comincia­to a dire che siamo una squadra di poveretti, che siamo stati umiliati. Ma noi intanto continuiamo a bat­tere i record. Chi dice e scrive cer­te cose lo fa solo per alimentare polemiche e violenza. Parlo di una testata di Torino che dopo Roma aveva scritto: “Inter, un altro re­cord”. Adesso potrà scrivere: “In­ter, ennesimo record”. Così maga­ri li aiutiamo a vendere qualche copia in più».
A questo galantuomo che, a pro­posito di violenza, si è distinto per avere spaccato la faccia a Cirillo del Siena (1 febbraio 2004), par­tendo da bordocampo dove stava accovacciato perché infortunato; per avere piantato i tacchetti nel­la pancia di Shevchenko in un’a­zione di gioco nel derby del 2003; per essersi fatto riconoscere fino in Bahrein (amichevole del gen­naio 2007) dove venne fischiato da tutto lo stadio; a costui, ripe­to, non me la sento di rispondere. Sia per il livello delle sue argo­mentazioni (quale sarebbe il le­game tra il titolo “Inter, un altro record” e la violenza, lo può sta­bilire solo una mente superiore), sia perché, al mio posto, ha ri­sposto Massimo Moratti. «Effet­tivamente – ha ammesso ieri il presidente riferendosi al 6- 2 di Roma – quello era un record». E ha aggiunto: « Non dobbiamo scandalizzarci per l’andazzo edi­toriale di quel giornale ( Tutto­sport) che ha un suo pubblico e deve soddisfarlo».
Ben detto, presidente. Tuttavia, glielo confesso, il pubblico di Tut­tosport
non è ancora soddisfatto. E si chiede perché solo su questo quotidiano si sia parlato, e si par­li, del doping amministrativo praticato dall’Inter; del caso Te­lecom e delle propaggini che lam­biscono la società da lei presiedu­ta; del patteggiamento di Oriali e Recoba a proposito di un pas­saporto falso messo in mano al­l’uruguaiano. Sono argomenti che qualcuno ( spero non Mate­razzi) dovrebbe affrontare, un giorno, in maniera trasparente e definitiva.

Giancarlo Padovan

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