sabato, agosto 25, 2007

CHRISTIAN ROCCA E' TORNATO

Emerson al Milan. Peccato sia andato al Milan. Lo volevano tanto tanto anche i nerazzurri di Roberto Mancini. Non ci crederete, ma avevano pensato di prendere Emerson. Non contenti di essere diventati una squadra grazie a due campioni come Ibrahimovic e Vieira, gli indossatori di scudetti altrui si erano agitati un bel po’ per arruolare l’altro perno del centrocampo della Juventus capelliana, cioè di quella medesima squadra a cui è stato scippato (non senza complicità della proprietà juventina) lo scudetto di due anni fa. Per migliorarsi, dunque, gli indossatori milanesi si sarebbero volentieri affidati ai due centrali della squadra che, a detta loro, senza le schede sim di Luciano Moggi le avrebbe senz’altro prese da Farinos ed Emre. Non solo. Il centrocampo, di solito, è composto di quattro giocatori. In quella Juve defraudata, due erano, appunto, Vieira ed Emerson. Gli altri due, Camoranesi e Nedved, sono stati anche loro obiettivi di mercato dello squadrone morattiano.
La Juve rubava, ma per rafforzarsi gli indossatori di scudetti altrui hanno acquistato, pensato di comprare o tentato di tesserare, magari con telefonate spezzacuore del loro allenatore sciarpato, esattamente i quattro facitori di gioco di quella Juventus ladra e assassina. Più l’attaccante migliore, cioè Ibra. E pare che abbiano pensato, almeno così hanno scritto i giornali, anche all’altro attaccante, Trezeguet, per completare l’attacco e poter finalmente risistemare Recoba in giardino e Adriano al Billionaire. Buffon? Ovvio, hanno fatto la corte anche a Buffon, cioè al miglior portiere del mondo. E anche a Zambrotta.
Se solo le circostanze del mercato lo avessero permesso, e la grande distribuzione di Giovanni Cobolli Gigli fosse continuata agli stessi impetuosi ritmi degli inizi, gli indossatori di scudetti altrui e aziendali si sarebbero presentati al via del torneo che comincia oggi con otto undicesimi della squadra che secondo alcuni fini pensatori della Gazzetta dello Sport rubava i campionati via sms e non, come hanno spiegato in latino antico Camoranesi e Ibrahimovic, perché gli avversari, soprattutto se di nerazzurro vestiti, al loro cospetto se la facevano addosso.
Senza dimenticare, poi, i contatti (o i contratti) per prendere Luciano Moggi. La scommessa, ora, è individuare l’oggetto del prossimo desiderio nerazzurro. In cambio di un bel quadriennale a 24 milioni di euro, e di una parcella per i miei servigi di mediatore pari a quella riconosciuta ai manager di Chivu, sono abbastanza certo di riuscire a convincere anche il mio amico Giampiero Mughini a trasferirsi ad Appiano Gentile, se ce ne fosse bisogno.
Questo complesso di inferiorità e di invidia dei nerazzurri nei confronti della Juventus non è cosa nuova. Già in uno dei cicli vincenti precedenti (vincenti, naturalmente, per la Juventus), Massimo Moratti aveva scelto a) l’allenatore bianconero Marcello Lippi, b) il portiere Angelo Peruzzi, c e d) i due geni di quel centrocampo, Paulo Sousa e Vladimir Jugovic, per provare a non arrivare come al solito terzo. Andò a finire, come era giusto finisse, credo al quarto posto, visto che a completare la rosa c’erano Colonnese, Dalmat, Coco e una trentina di argentini di cui la metà terzini sinistri.
E’ normale, solo un tantino paradossale, che gli indossatori di scudetti altrui comprino o vogliano comprare soltanto i giocatori di quella Juventus che vinceva rubando. E così anche il Real Madrid e, ora, anche il Milan. Ciò che è più imbarazzante è che non ci sia un opinionista sportivo che lo faccia notare. Certo, dopo la sbornia manettara di calciopoli, ora sono stati parecchio impegnati a stracciarsi le vesti per lo “scandalo” della sentenza della Formula 1. Una vergogna, hanno scritto. Non si possono spiare gli avversari, hanno detto. E’ un comportamento sleale e chi lo fa merita la retrocessione, hanno commentato. Lo stesso sdegno, chissà perché, non ha trovato sfogo in occasione di altri spionaggi e neanche dei pedinamenti di calciatori, di arbitri, di guardalinee e di dirigenti del campionato di Serie A. Nemmeno una lacrima quando le cronache giudiziarie hanno raccontato di fatture pagate a società di investigazione impelagate in vicende non limpidissime. Non un frigno per gli intrecci societari e personali e professionali con chi oggi è in carcere per le intercettazioni illecite dell’anno scorso. Niente di niente. Alzano grida di dolore per la sentenza assolutoria della McLaren, ma nessuna curiosità sul perché la giustizia sportiva non si stia occupando della falsificazione dei bilanci calcistici già individuata dai magistrati di Milano.
Il silenzio dei giornalisti moralisti-a-metà potrebbe essere addebitato alla fede calcistica, ma forse è un pensiero piccino. Ricordare i ben visibili incroci azionari tra proprietà calcistiche ed editoriali è certamente un pensiero più consistente, ma finalmente oggi si gioca.
Christian Rocca

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