Sognando Moggi
di Stefano Olivari da www.indiscreto.it
> 19/9/2005
Lunedì 19 settembre 2005, ore 15 e 45
1. Il nostro Nacka è stato qualche giorno a Torino per acquistare i primi modelli della Grande Punto (fra le sue perversioni ha quella di collezionare Fiat, tanto che possiede addirittura due Duna), e da ammiratore di Luciano Moggi non ha potuto evitare il pellegrinaggio da Urbani, ristorante di culto per gli juventini ma soprattutto per i devoti al culto di Moggi: tifosi (di varie squadre, Moggi spazia), allenatori, giocatori, procuratori e soprattutto giornalisti. Un pellegrinaggio che aiuta a capire molte cose del successo di un uomo e che consigliamo ad ammiratori e detrattori del genere 'a prescindere'. Al direttore generale della Juventus è riservata sempre una saletta, sopraelevata, che rimane vuota anche nei giorni in cui è impossibile che venga, per trasferte o per altro: del resto il mito si crea anche con l'assenza. Nella saletta c'è un tavolo da nove, dieci posti per Moggi e i suoi ospiti di giornata, e un altro per i suoi accompagnatori abituali, l'autista e una sorta di assistente-guardia del corpo. Clienti-testimoni ci assicurano che una delle nuove ossessioni del 're del mercato' sia la sicurezza, nel senso che teme di esserte intercettato. Non solo al telefono, ma anche quando parla faccia a faccia, con cimici e microfoni ambientali o direzionali: di sicuro le paginate delle sue intercettazioni sarebbero molto più divertenti di quelle delle conversazioni di Fazio e di Ricucci. Fatto sta che prima dell'arrivo nel locale di Moggi, dopo aver parcheggiato la Lancia Thesis argento con il marchio Juve sulla fiancata (lui sì che è aziendalista) , la saletta viene sottoposta a 'bonifica' dai suoi uomini, in modo che la privacy sia totale. Sempre nella saletta troneggiano tre televisori, con tutti i decoder del mondo: Moggi vede anche tre partite contemporaneamente, davvero. Secondo la leggenda dei devoti nel locale si mangia molto bene, e Nacka ha potuto verificarlo di persona. Consigli del nostro faccendiere preferito (è Nacka, a scanso di equivoci): ravioli al brasato, scaloppine ai porcini, vitello tonnato, un prosciuttino eccezionale, e il miglior Nebiolo in circolazione (noi siamo da Fanta, ma Nacka se ne intende). Tutto buono, ma Moggi non è uno che si strafoghi. Preferisce piluccare, mentre guarda le partite, risponde al telefono, dà retta ai commensali e sopporta il bacio della pantofola da parte di qualche fanatico. In definitiva, un posto che fa capire quale sia la base del moggismo: rapporti personali, contatti costanti con il mondo, battute per tutti, interesse anche per le provincie dell'impero. Insomma, un dirigente calcistico ventiquattro ore al giorno, che si può apprezzare o detestare (al di là delle battutine, i suoi antipatizzanti in Italia hanno difficoltà a lavorare: da Zeman a Simoni, passando per personaggi meno noti), che ama l'ambiente del calcio e la fanciullesca cialtroneria dei suoi protagonisti anche più delle vittorie sul campo. E che uscendo dal ristorante, magari dopo aver discusso dell'ingaggio di un giocatore con il figlio Alessandro, casualmente procuratore del giocatore stesso, non può non buttare l'occhio su una delle poche maglie non juventine appese al muro, quella di Antonio Cassano. Ma probabilmente Cassano non sarà un suo problema...
2. Il futuro di Moggi potrebbe essere più interessante di quello della Juventus, anche perché per far andare male a livello sportivo una società del genere bisogna davvero impegnarsi (Montezemolo ci riuscì, comunque, nella stagione 1990-91). L'incontro con Berlusconi a Palazzo Grazioli è stato troppo pubblico per essere vero, nel senso che le cose vere Moggi e Berlusconi non se le racconterebbero mai in un posto piantonato stabilmente da venti cronisti, mentre l'abboccamento con Gheddafi, per una possibile scalata nella Juve del post-Agnelli, smarcandosi da Giraudo, sembra un'ipotesi troppo ardita. Uno scenario realistico potrebbe essere un ruolo nella Figc di Carraro (di qui l'incontro con il premier) in chiave Mondiale e magari anche per il dopo. Cosa sposterebbe a uno come Moggi andare a fare il Moggi in un'altra società non di sua proprietà, fosse anche l'Inter del 'consigliato' Moratti? Tanto vale, dopo aver vinto tutto con la Juventus e dopo il sogno azzurro, godersi un sereno tramonto a Roma o a Napoli, in realtà senza l'angoscia della Champions League. O magari anche rimanere alla Juventus, visto che al contrario di Giraudo mette d'accordo i vari rami degli Agnelli. Quanto a 'smile', non lo batte nessuno... (...)
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