Dopo Roma-Toro lite e ritardo ai test. Ieri l'archiviazione
di GUGLIELMO BUCCHERI
di GUGLIELMO BUCCHERI
Niente esami, valori sballati o caccia a sostanze non lecite. Francesco Totti finisce al centro di un «pasticcio» doping per un ritardo nel varcare la porta della stanza prelievi dell’Olimpico il pomeriggio del 13 maggio scorso. Un quarto d’ora poco accademico, se il medico preposto ai controlli decise di scrivere il fatto a referto consegnando d’ufficio il capitano giallorosso nelle mani del procuratore capo dell’antidoping del Coni, Ettore Torri. Il racconto di quelle ore arriva accompagnato da versioni ufficiali e da dietro le quinte, ma quello che fa rumore è il totale silenzio dei protagonisti della vicenda tanto che i flash d’agenzia che chiudono la partita con l’archiviazione 5 mesi dopo hanno l’effetto di un contropiede a dir poco sorprendente, anche perché quel ritardo poteva costare una squalifica al capitano romanista.
Nessuno era al corrente dei fatti. Totti fa sapere che, visto un colpo subito dai tacchetti granata poco prima (si giocava Roma-Torino), aveva preferito imboccare la strada dello stanzone giallorosso per farsi medicare prima di sottoporsi al prelievo antidoping. La notte prima della gara era nata Chanel, la secondogenita di casa Totti, e a pesare sul tentennamento del capitano (il test dopo le cure) sarà anche stata la voglia di correre fra le braccia della moglie Ilary nel più breve tempo possibile. La versione ufficiale del numero dieci romanista entra in rotta di collisione con quella che nasce intorno alla decisione del medico di scrivere in rosso a referto i motivi del ritardo: a far perdere la bussola all’addetto ai controlli sarebbe stato l’atteggiamento diciamo poco sportivo di Totti, parole non proprio educate prima di sparire nello spogliatoio per farsi curare la caviglia malconcia. Nel mezzo, due interrogatori (Totti e il medico della Federazione medici sportivi presente allo stadio) e una fase istruttoria aperta e chiusa con un nulla di fatto dal procuratore Torri, ma soprattutto lo stupore del Foro Italico non informato dalla Procura antidoping di quanto accaduto il pomeriggio del 13 maggio scorso.
Una mancanza di comunicazione e, quindi, di pubblicità che stona se messa in relazione con quanto accaduto con attori di altri sport (ciclismo su tutti, vedi Petacchi e Di Luca) per questioni di doping o al confine. Di Totti ci sarebbe da censurare semmai l’atteggiamento, perché il caso che lo ha messo sotto i riflettori dell’antidoping è legato esclusivamente ad una «lieve irregolarità procedurale» (il ritardo nel presentarsi al test). Ma, la mancanza di pubblicità su quanto accaduto 5 mesi fa offre il facile assist a quanti vedono nel calcio ancora un’oasi protetta (o, più protetta) soprattutto se è uno dei suoi fuoriserie a sbandare sebbene senza conseguenze. Da qui, la sorpresa dello stesso Coni inteso come vertici del Foro Italico, spiazzati dalle notizie di agenzia di ieri pomeriggio. Da qui, i malumori dei presidenti di altre federazioni sportive.
Totti, l’addetto ai controlli e il ritardo del romanista. Il pomeriggio di Roma-Torino era finito male per i giallorossi (0-1, rete di Muzzi decisiva per la volata salvezza del Toro) e ancor più per il loro capitano costretto a subire più di un colpo alla caviglia. Poi, nel dopo-gara il «pasticcio» degli esami, fatti, ma in colpevole ritardo agli occhi del medico preposto ai test antidoping. A distanza di cinque mesi esatti, ecco un comunicato della Federcalcio che fa sobbalzare perché non atteso: solo i principali protagonisti dei fatti erano a conoscenza dei passaggi dell’indagine del procuratore Ettore Torri che, in piena estate (si scopre solo adesso) aveva convocato le parti nel suo ufficio allo stadio Olimpico. Niente clamore, niente flash nei corridoi per Totti al quale è stata evitata l’inevitabile fuga dalla porta secondaria. Il caso si accende solo ora che è in archivio con un non luogo a procedere.
fonte: La Stampa
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