UN POTENZIALE conflitto d’interessi , un macigno debitorio di 424
milioni, un buon rapporto d’affari con Mediaset e un’operazione di
cessione del marchio per ridurre l’indebitamento bancario che giace
sotto la spada di Damocle della nullità. E’ questo in sintesi ciò che
emerge dal bilancio 2005-06 della Fc. Internazionale, Inter per i suoi
fans, che per la prima volta nella sua storia ha composto anche il
bilancio consolidato, comprendente le sue società interamente
possedute Inter Futura e Inter Brand. Come si legge nel testo del
documento, reperibile in Camera di commercio, la scelta della
redazione del consolidato è stata fatta per «fornire una adeguata
informativa sull’andamento economico e patrimoniale del gruppo». E la
differenza del risultato finale di esercizio è molto marcata: la
capogruppo Inter spa ha chiuso con un rosso di appena 31,1 milioni di
euro, contro i 181,4 milioni del consolidato. La diversità di cifre è
stata causata dall’operazione di “maquillage finanziario” della
cessione dei marchi, contabilizzata in Inter spa, alla controllata al
100% Inter Brand, che ha apportato alla capogruppo una plusvalenza
straordinaria di 158 milioni. Invece, nel consolidamento sono state
eliminate tutte le transazioni con le società controllate. La nota
integrativa della società nerazzurra sottolinea che grazie alla
cessione dei marchi i debiti bancari di Inter spa sono diminuiti del
34,15%. La maggior parte dell’indebitamento totale del gruppo è nella
capogruppo, schiacciata dal peso di 424,4 milioni, in aumento del
54,1% rispetto ai 275,3 milioni del 2004-05. Assieme al contratto di
cessione «è stata redatta la relativa scrittura di licenza d’uso dei
marchi del valore complessivo di 160 milioni» di durata decennale. Ma
l’operazione potrebbe esse sub judice. «La vendita dei marchi
dall’Inter alla controllata Inter Brand – spiega l’avvocato Domenico
Latino, specializzato in diritto civile e sportivo – configura
l’ipotesi del contratto con se stesso: quindi per la legge è nulla».
In pratica, è come se il marchio fosse passato dalla tasca destra a
quella sinistra. «Inoltre, l’Inter al termine del contratto di licenza
d’uso - aggiunge Latino – perderà il marchio. La società avrà tre
alternative per evitarlo: può incorporare la Inter Brand, rinnovare
l’accordo o riacquistare il marchio» .
INTER BANCA 2 A 0 - Potrebbe essere uno gioco di parole messo ad arte
dal destino e forse lo è. Le strade di Interbanca, banca d’affari del
gruppo Abn Amro Antonveneta, e l’Inter, si sono incrociate proprio a
causa dell’operazione di cessione del marchio effettuata nel dicembre
2005. Infatti, stando alla nota integrativa del bilancio della
capogruppo, l’operazione «ha consentito di ottenere da un primario
istituto di c redito un finanziamento a medio-lungo termine per 120
milioni». Alcuni paragrafi dopo l’Inter rivela il nome della banca,
specificando che a garanzia del prestito è stato acceso il «pegno, a
favore di Banca Antonveneta, sul 100% delle quote sociali di Inter
Brand». C’è però da evidenziare che l’azionista di riferimento e
presidente della società nerazzurra, Massimo Moratti, è anche
consigliere esecutivo di Interbanca, banca d’affari di Abn Amro
Antonveneta: stando alle visure camerali, infatti, è stato «nominato
con atto del 21 aprile 2004» per una «durata in carica di tre
esercizi» . Quindi, eccoci davanti ad un bel conflitto d’interessi per
il generoso presidente nerazzurro, che riveste il contemporaneo doppio
ruolo di banchiere e cliente. Un considerevole punto di forza rispetto
alle società concorrenti della serie A.
GRAZIE SILVIO - Un altro punto di forza della società nerazzurra, i
“risconti passivi”, ossia l’anticipo di ricavi futuri, è risultato in
calo da 103,17 milioni a 44,46 milioni per il decremento delle
anticipazioni ricevute da società di factoring a fronte di contratti
relativi a diritti televisivi». L’Inter ha però sopperito in buona
parte a ciò con l’aumento del 15% dei ricavi del conto economico,
grazie soprattutto alla crescita della voce “sponsorizzazione e
proventi vari” (da 134,11 a 163 milioni). In quest’ultima sono
presenti per la prima volta i «diritti di prelazione e prima
negoziazione» per 21 milioni stipulati con R t i per la stagione
televisiva 2009-2010. Essi consentono alla società del gruppo Mediaset
di sedersi per prima al tavolo delle trattative per stipulare il nuovo
contratto della trasmissione criptata sul digitale terrestre. Per lo
stesso motivo la società del gruppo Fi ninvest aveva versato 20
milioni alla Juventus nel giugno 2004. La relazione sulla gestione
sottolinea ancora di più l’ottimo rapporto d’affari tra l’Inter di
Moratti e la Mediset di Silvio Berlusconi. Nel testo si legge infatti
che «l’incremento notevole sul valore della produzione è stato
determinato da un aumento di 25 milioni sul controvalore della
cessione dei diritti televisivi determinato dalla dinamica crescente
dei corrispettivi previsti dai contratti in essere e dal rinnovo dei
contratti per le stagioni 2007-2010 con R t i». Proprio il 28 giugno
scorso, l’Antitrust ha censurato la clausola di prima negoziazione.
Del resto, sempre ottimi sono stati i rapporti tra le due famiglie,
basti pensare alla lunga e sempre verde militanza berlusconiana del
sindaco di Milano Letizia Moratti. Senza tralasciare i proficui
rapporti d’affari tra il numero due dell’Inter, Marco Tronchetti
Provera, e il Cavaliere, come documentato - per fare un solo esempio -
dal passaggio di Edilnord, la corazzata mattonara, da sua Emittenza a
mister Telecom.
IL TRUCCO C’É - Nonostante la dichiarata rivalità calcistica, gli
stretti legami tra Moratti e Berlusconi sono anche evidenti per la
vicenda delle plusvalenze incrociate fittizie di calciatori
sconosciuti tra Inter e Milan. La vicenda, strombazzata solo ora dalla
stampa nazionale a causa delle indagini per falso in bilancio condotte
dal Pm di Milano Carlo Nocerino, era stata evidenziata nel 2003 sul
quotidiano Il Manifesto e ai primi del 2004 nel libro “Il pallone nel
burrone” e ripetuto il 27 aprile 2004 davanti alla VII Commissione
Cultura della Camera dagli autori del volume. Oltre agli ormai celebri
Simone Brunelli, Matteo Deinite, Matteo Giordano, Ronny Toma,
Salvatore Ferraro, Alessandro Livi, Giuseppe Ticli e Marco Varaldi ci
sono stati anche altri scambi di carneadi tra nerazzurri e rossoneri.
Tra la stagioni 1999-2000 e 2001-2002 Inter e Milan si sono passati
Paolo Ginestra e Matteo Bogani, Fabio Di Sauro e Davide Cordone,
Andrea Polizzano e Marco Bonura. Ogni operazione ha fruttato una
plusvalenza reciproca variabile tra i 7 e i 10 miliardi di vecchie
lire: valutazioni completamente fuori mercato per l’epoca. Ma ci sono
stati anche scambi di giocatori celebri, come Francesco Coco e
Clarence Seedorf: sia l’Inter che il Milan hanno incassato la stessa
cifra di 29 milioni. E proprio qui sta il trucco. La cifra della
vendita è identica e quindi l’operazione non movimenta denaro, ma ha
solo un risvolto contabile. Le due società hanno segnato
nell’esercizio di competenza la plusvalenza incassata, ripartendo
invece su cinque anni la cifra della cessione. Quest’ultima è però una
passività che pesa sugli anni futuri: ed ecco spiegato il perché Milan
e Inter hanno proseguito ad effettuare altri scambi a prezzi ben
superiori rispetto ad ogni logica di mercato.
di Marco Liguori
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