Editoriale di GIANCARLO PADOVAN da Tuttosport
Tre rigori contro la Juve, in una sola partita, non erano mai stati fischiati, né in serie A, né in serie B. ACagliari, invece, è accaduto e solo l’attenzione dell’assistente Cariolato ha impedito all’arbitro Tagliavento di trasformarli in altrettanti tiri dagli undici metri. Non c’era, infatti, il fallo di Chiellini ai danni di Conti (che ha addirittura avuto l’impudenza di esultare, pensando di avere beffato l’arbitro), avendo il difensore bianconero colpito nettamente, e in anticipo, la palla senza toccare il piede del centrocampista cagliaritano. Negli altri due casi, invece, gli interventi di Legrottaglie su Matri e di Zebina su Larrivey mi sono sembrati meritevoli della massima punizione. Con la seguente avvertenza: se nessuno ha espresso dubbi a proposito del primo episodio, nessuno avrebbe dovuto averne nemmeno otto giorni fa quando Grandoni trascinò a terra Iaquinta. Invece, trattandosi di un rigore assegnato a beneficio della Juve, molti commentatori rimasero perplessi, parlando di generosità arbitrale. Io, al contrario, ribadisco come fossero rigori tanto quello assegnato da Gava in Juventus-Livorno, quanto i due a vantaggio del Cagliari.
Per me il rigore deve essere concesso ogni volta che ce ne siano le condizioni e la necessità (una volta si diceva gli estremi), a prescindere da quanti, nella stessa partita, ne sono stati dati in precedenza o dopo. Non fosse così rientreremmo nell’esecrabile pratica della compensazione, ampiamente in voga prima di Collina (arbitro e designatore), con Collina e anche adesso. Se, dunque, da una parte non posso che sostenere il nuovo corso (applicare il regolamento senza guardare il colore delle maglie), mi chiedo perché, sabato sera, cioè 24 ore prima di Cagliari- Juve, una vistosissima spinta di Cordoba a Saudati, in area interista, non sia stata giudicata con la medesima severità dall’arbitro Ayroldi di Molfetta, in ogni caso apparso più sensibile al blasone nerazzurro che all’Empoli.
Si sa come vanno queste faccende e con quali elementi venga ingrossata la vox populi. Una volta, infatti, la Juve vinceva perché ad aiutarla provvedevano gli arbitri o i designatori amici di Moggi. Oggi – ad un anno di distanza dalla serie B, dalla penalizzazione e dalla sottrazione di due scudetti – gli «errori» arbitrali ci sono ancora, solo che vanno a beneficio di qualcun altro, senza che qualcuno si scandalizzi. Tuttavia è singolare constatare che due rigori contro la Juve erano già stati assegnati in tempi relativamente recenti, ovvero quando il sistema-Moggi tutto prevedeva e decideva. Accadde nel derby di Torino – 19 marzo 2000 – due volte a segno Ferrante e, ironia della sorte, ancora a Cagliari – 22 gennaio 1995 – con realizzazioni di Oliveira e Muzzi.
La Juve che, al contrario di allora, sull’isola questa volta ha trovato tre punti, mantenendo la testa della classifica insieme alla Roma, è sembrata più figlia di Capello che di Ranieri (e Ranieri sappia che non è un complimento). Per l’intero primo tempo ha silenziosamente sofferto e sinceramente avrebbe meritato lo svantaggio di fronte ad un Cagliari che apriva il gioco sulle fasce come solo certe squadre spagnole sanno fare. Il primo gol (rapace Trezeguet) l’ha premiata oltre i meriti, dopo l’1-1 e sul 2-2 l’ha salvata Buffon (ecco perché questo è un portiere che vale venti punti a campionato), poi ha risolto Chiellini (a proposito: chissà quanto offre adesso il Sunderland), ma la colpa è anche di Fortin. La Juve è cambiata con l’ingresso di Camoranesi (geniale l’assist a a Del Piero), ma comunque ha giocato poco (a centrocampo i disagi più evidenti), difeso male, attaccato a sprazzi. Eppure ha vinto. Spinta da un fuoco che le brucia dentro e che può condurla lontano.
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