IL CORRIERE INTERCETTA PURE LA TELEFONATA TRA MOGGI E DIO
Renato Farina per “Libero”
Renato Farina per “Libero”
Aldo Grasso è il critico televisivo del Corriere della Sera. Giudica gli spettacoli. Dice se sono belli o brutti. Ieri ha inaugurato una nuova attività: entra nei cuori delle persone che vanno a messa, che si fanno pellegrini nei santuari, e dà il voto. Evviva il Corriere, non dà più un punteggio solo alle rovesciate o ai colpi di testa, lascia questa pratica volgare alla Gazzetta dello Sport, adesso sale vicino al trono di Dio e dà i voti come fosse la Madonna. Tra un po' li darà anche alla Vergine Maria: Aldo Grasso, per ora, umilmente ne fa le veci. Fantastico. Dev'essere l'esito della riforma dell'insegnamento accademico. Un lavoro che un tempo spettava a Dio adesso è invece appannaggio di un docente universitario. Infatti Grasso è professore, insegna ai ragazzi il linguaggio dei mass media. Siccome l'ateneo è intitolato al Sacro Cuore di Gesù - è la Cattolica - questo deve avergli conferito una certa parentela con l'Altissimo e la patente di arbitro internazionale dei peccatori.
DAL VERBALE AL ROSARIO
Una volta il Corriere era famoso per procurarsi prima degli altri i verbali della Procura di Milano, adesso si fa dare gli interrogatori addirittura da più in alto. È accaduto che Luciano Moggi, ben noto ai lettori di Libero, e anche nel vasto mondo, si sia recato a Lourdes, alla grotta di Massabielle, dove la "Immacolata Concezione" è apparsa a Bernadette Soubirous. Grasso, informato della vicenda, pretende di leggere il cuore di un uomo, lo giudica nei suoi moti intimi come se possedesse le chiavi della coscienza. Moggi era stato intercettato mentre telefonava ad arbitri e calciatori, ma non si aspettava di essere indagato anche nelle sue comunicazioni spirituali. Chissà che apparecchio usano questi Grandi Inquisitori delle anime, moralisti capaci di fare le pulci al signor Moggi mentre se ne sta in ginocchio. Di lui si può dir tutto. Ridicolizzarne il senso religioso.
Con molto senso della prudenza cristiana pubblicarono in passato, con magnificato stupore, le meditazioni bibliche del loro banchiere editore. Tanto per fare un nome: le stupende esercitazioni profetiche di Giovanni Bazoli che spiegava a Dio la Bibbia. Tutti zitti. Figuriamoci. Leggiamo Grasso: immagina Moggi «penitente davanti alla statua della Madonna nell'atto di chiedere una grazia. Quale grazia? Quella di vedere restituiti alla Juventus gli scudetti tolti?». Saranno cazzi suoi o no? Che spirito di patata. Uno riduce l'animo della gente alle misure dello spettacolino di cui è tenutario. Un attimo prima era stato capace di criticare Lucignolo di Italia 1 perché mostra le chiappe delle spogliarelliste dicendo che è indegno. Ma tu, poco caro Aldo Grasso, che smutandi le anime e in più ti atteggi a moralista e a custode della privacy, in quale abisso dovresti sprofondarti?
Il critico del Corriere non si ferma lì, e si trasforma in Arcangelo che sguaina la spada infuocata per proteggere l'Eden dall'Infedele: «Il solo miracolo che chiediamo a Moggi è di non montarsi la testa e voler ficcare il naso in un settore che francamente appare superiore alle sue forze: le regole del Paradiso non sono quelle del calciomercato». A questo punto vorremmo sapere: quali sono le regole del Paradiso? Chiediamo al Corriere di fornire il vademecum del perfetto pellegrino. Quali cose, secondo Aldo Grasso, vanno domandate a Dio e quali alla Madonna, per fare una marcia figura e prendersi un bel 9 sul pagellino delle loro cronache sacramentali. Inoltre esigiamo brevi appunti sulle modalità per accedere al Paradiso, da dove i meravigliosi giudici di Via Solferino ci guardano con sussiegosa severità.
MIRACOLI POSSIBILI
Intanto, uno così bravo come te, Grasso, a fare l'esame del Dna alle budella mistiche di Moggi, perché prima magari non correggi gli errori sesquipedali del tuo autorevolissimo quotidiano? Il Corriere della Sera licenzierebbe, e giustamente, qualunque cronista che scrivesse di calcio e confondesse un rigore con un corner. Ma quando si scrive di Madonna e Chiesa, tutto fa brodo. Così accanto a Grasso, troviamo una cronaca molto accurata. Virginia Piccolillo scrive che «nella cittadina dei Pirenei la Madonna - secondo la Chiesa - apparve a tre pastorelli». Quella è Fatima, signorina, che peraltro non sta sui Pirenei ma in Portogallo. Tanto è uguale: pur di sputtanare chi sta antipatico e di rendere ridicolo l'atto più personale e intimo del mondo come quello di pregare, va bene l'incoltura professionale di questi maestrini dalla penna storta. Consigliamo un viaggio a Lourdes sia a Grasso sia alla vasta truppa del Corsera: che la Vergine rimedi alla vostra ignoranza. Un miracolo complesso, ma possibile.
E DIRE CHE GRASSO MI CHIESE E OTTENNE UNA GRAZIA
Luciano Moggi per “Libero”
Luciano Moggi per “Libero”
Il perfettino della televisione, che giudica tutti dal suo alto cadreghino posizionato come fosse Giove sull'Olimpo, mi chiama in causa per un fatto assolutamente privato, colorandolo con scenari da fiction televisive, che forse gli sono connaturati nel suo Dna di critico impiccione, ma che violano e violentano pesantemente la privacy cui ciascuno di noi ha diritto. Ma figuriamoci se il principe dei critici, quale lui ritiene di essere, e il "Corrierone" che lo ospita, pensano a salvaguardare quel bene che tutti dovrebbero invece garantire.
Su una mia partecipazione ad un pellegrinaggio a Lourdes, da me fatta in chiave assolutamente personale, ma senza minimamente nasconderla (e perché avrei dovuto?), divulgata da un cronista che mi aveva incrociato, il Grasso tenta una costruzione sull'ironico e quasi sullo sberleffo, al solo scopo di provare a screditarmi, confondendo paragoni improponibili (il cattivo maestro che sarebbe diventato guida spirituale) e mixando a suo piacimento il sacro e il profano.
PARAGONI SBAGLIATI
Noto che l'illustre critico conosce poco di me, e che nulla ha fatto per documentarsi. Forse ne sa di più su Crudelia. Se l'avesse fatto, se avesse cercato di me oltre la vecchia vetrina del calcio, avrebbe saputo che il sottoscritto ha avuto da sempre rispetto, rapporti e frequentazioni religiose, in tutti i luoghi dove il sacro è rispettato e non quasi deriso come fa Grasso nel suo intervento. Ciascuno di noi ha un suo rapporto personale con la fede e la religione. Io l'ho sempre avuto, anche quando, per tanti anni, di tempo ne avevo poco per i miei impegni di lavoro. Sulla fede non si scherza, ha tuonato il grande critico in tono imperativo, a me rivolto. Ma è a lui, invece, che dico di non scherzare con questi concetti, che forse non gli sono familiari, visto che li pone a confronto con «la buona fede degli arbitri e del calcio nel suo insieme» (ma cosa c'entrano? E il "Corrierone" consente raffronti così mal posti?).
Ma poichè il re della critica televisiva vuole tanto interessarsi a me gli propongo di mandare un osservatore a vedere la cordialità, il piacere, anche la festa con cui vengo accolto dovunque, le foto, le firme, le dediche, e non voglio dire di più. Si è tentato da tante parti di distruggermi quasi fisicamente ma io sono ancora qui a condurre la mia battaglia. E l'affetto che vedo e sento in giro nei miei riguardi mi fa comprendere che la gente ha capito e che quei tentativi di cancellarmi hanno prodotto un risultato esattamente opposto a quello che critici precostituiti e anche interessati cercavano di ottenere.
A Grasso dovrei anche ricordare che io ho subìto una sanzione dalla giustizia sportiva, che non mi poteva essere data perché mi ero dimesso dall'ordinamento e dunque non ero più giudicabile. Questa elementare verità che allora in tempo di Calciopoli, ovvero di Forcopoli, non mi fu riconosciuta, mi è stata attestata ora dallo stesso prof. Sandulli, estensore delle due decisioni contraddittorie. A me sembra, però, che su quelle vicende il Grasso qualcosa ha capito, al di là dell'ufficialità, e lo scopro quando fa riferimento ai «personaggi che grazie alla mia decapitazione sono riusciti a farla franca per l'ennesima volta». Quei personaggi, caro Grasso, sono quelli che il potere l'avevano e ce l'hanno ancora.
PAROLA DI PLATONE
All'illustre critico, sul quale il mio giudizio resta comunque assai severo, debbo ora ricordare che ebbe già modo anni fa di occuparsi di me, e mal gliene incolse. Reagii con una querela e con una cospicua richiesta di risarcimento danni. La pratica andò avanti e il principe dei critici si preoccupò. Bussò a molte porte anche di giornalisti per indurmi a ritirare la querela. Alla fine mi feci convincere. Io sono un uomo buono e quell'impetrazione a tante porte mi sembrava quasi una richiesta di "grazia". Io la concessi. Pensavo di non incontrarlo più sulla mia strada. Mi sbagliavo. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Platone disse cinque secoli prima di Cristo: «Se nasce un uomo giusto finirà sul patibolo». Io ci sono finito... Grasso non ci finirà mai.
Fonte: http://www.dagospia.com/
Per onor di cronaca, ricordiamo che Grasso è un granata sfegatato, ed in quanto burino odia Moggi, la Juve e gli juventini. Queste cose è bene tenerle sempre ben presenti. Mi direte che la regola fondamentale di un giornalista è l'imparzialità... Vero, ma NON IN ITALIA!!! Il problema grave è che questo non vale solo per futili motivi quali il calcio, ma anche per cose ben più serie.
Come ripeto da sempre, i giornalisti hanno in mano il "vero potere", creano la notizia invece che raccontarla e possono disporre "della vita e della morte" di una persona (avete capito il senso..).
Detto questo, proseguiamo con il mio j'accuse odierno con questo chiaro esempio di manipolazione giornalistica alle povere menti della popolazione. Si tratta dell'ormai celeberrima Sampdoria-Juventus del 2004, in un analisi fatta da Mario Incadenza sul modo di fare giornalismo da parte di certi giornalAI.
Vi posto anche l'intero articolo, dato che lo trovo molto interessante:
Sampdoria-Juventus del 22 settembre 2004: Tecniche di calunnia giornalistica
di Mario Incandenza
Grazie a un brillante spunto dell'utente amorejuve di juveforum, da lui proposto anche su j1897, vi presentiamo un piccolo grande esempio di tecnica della calunnia giornalistica applicata alla Juventus ai tempi di Farsopoli.
Sampdoria - Juve del 22-9-04 era finita sotto la lente della procura di Torino che aveva analizzato, tra le altre, l'intercettazione di una telefonata avvenuta il giorno successivo tra il designatore Pairetto e l'arbitro di quella partita, Dondarini. Il 19 luglio 2005 il procuratore Maddalena, nel dispositivo di archiviazione dell'indagine sulla Juve, esprimeva questa valutazione:
"E, dal dialogo, emerge in modo nitido che DONDARINI ha concesso il rigore alla Juventus in buona fede, convinto cioè che il rigore c'era, e non per volutamente alterare il risultato a favore della Juventus".
Ma l'anno dopo, a inizio maggio, come tutti sappiamo, comincia la campagna di stampa contro la Juve moggiana. In attesa di un secondo filone di intercettazioni che si preannuncia più sostanzioso in arrivo da Napoli, vengono pubblicati "stralci" delle intercettazioni torinesi, tra cui la Pairetto-Dondarini.
Il 5 maggio se ne occupa Repubblica, con un pezzo a firma di nientemeno che di Marco Travaglio, dall'inequivocabile titolo "Tutti agli ordini di Moggi".
Un aspetto curioso della faccenda: lo stesso giorno in cui esce l'articolo di Travaglio, Repubblica pubblica sul suo stesso sito web l'intero dispositivo di archiviazione della procura di Torino. In pratica, si può dire che la testata ha pubblicato insieme un articolo e la sua smentita, dal momento che, poco avanti al brano sopraccitato su Samp-Juve, il procuratore Maddalena si spinge ad affermare: "sono state registrate significative conversazioni tra tutti i protagonisti della ipotizzata possibile frode, ma da esse non solo non si traggono riscontri alla ipotesi investigativa, bensì piuttosto elementi di prova di segno contrario".
Non solo, sempre tramite la lettura del documento della procura torinese, abbiamo la possibilità di leggere l'intercettazione tra Pairetto e Dondarini nella sua versione integrale, versione che smaschera la natura subdola dell'operazione di Travaglio.
Infatti, nel suo pezzo, che comprende anche stralci di altre intercettazioni, così il giornalista descrive la partita e riduce la telefonata:
L'ARBITRO CON 50 OCCHI
[…]
La Juve vince 3-0, a mani basse. Il primo gol è su rigore, generosamente concesso dal Donda fra le proteste. All'ultimo minuto il guardalinee segnala un rigore anche per la Samp: fallo in area su Pagano. Il Donda indica il dischetto, ma poi, quando Flachi sta per calciare, cambia idea e trasforma il penalty in corner. Finisce in rissa. L'indomani il malcapitato telefona a Pairetto: "Bella battaglia, hai visto? Questi della Samp erano fuori di testa, se non c'erano i giocatori della Juve che mi aiutavano, non so come finiva la partita... Ho dovuto dare un rigore (alla Juve), che era di un netto, Gigi... Emerson mi guarda subito come a dire "oh, ma questo è rigore", e io tranquillamente fischio e indico il rigore, solo che sai lì nessuno ha capito niente... il pubblico... Poi per fortuna mi dicono che c'è l'inquadratura dietro la porta che fa vedere che è nettissimo... Non puoi dare un rigore perché è una grossa squadra?". Quanto al rigore dato e poi tolto alla Samp, è tutta colpa del guardalinee: "Mi ha detto: "Donda, scusami, ho fatto una gran cazzata, non dare il rigore, è solo angolo". Allora, sul 3-0, gli ho detto: "Ma ormai diamo il rigore". Ma lui fa: "No, assolutamente non darlo, perché facciamo una figura di me**a". Alla fine l'episodio non è stato bello, ma è meglio non averlo dato... Alla fine credo di averla portata via limitando i danni...".
Questa riduzione è subdola perché seleziona accuratamente solo determinate frasi in modo che messe in fila diano l'impressione di una intenzione "accondiscendente" da parte dell'arbitro. Ad esempio, leggendo questa versione, si ha l'impressione che sia Emerson a ordinare il rigore all'arbitro. Ma basta andare a leggere la versione completa fornitaci dalla procura di TO, e chissà perché si ha un'impressione ben diversa:
D: e non basta poi cosa succede che Emerson non si butta Emerson cerca di andare via allora praticamente il difensore che lo trattiene cade e cadendo se lo trascina giù abbracciandolo di nuovo cioè non lo ha nemmeno mollato mentre cade ed infatti lo tira giù praticamente facendo andare Emerson all'indietro Emerson mi guarda subito come per dire "oh ma questo è rigore" io tranquillamente fischio e indico il rigore. Solo che sai li non ha capito niente quasi nessuno sul momento soprattutto il pubblico quindi la tensione è stata quella ovviamente di polemizzare con l'intervento ma è un rigore cioè per fortuna che mi hanno detto che c'è l'inquadratura di dietro la porta che fa vedere che è nettissimo.
Il 9 maggio è la volta del Corriere, che così spezzetta la telefonata:
23/09/2004 (conversazione tra Pairetto e Dondarini il giorno dopo la partita finita 3-0 per la Juve con un rigore contestato)
Dondarini: "Eh, bella battaglia hai visto?"
Pairetto: "Minchia"
Dondarini: "Ma questi della Sampdoria erano da fuori di testa (...) Guarda ti giuro se non c'erano i giocatori della Juve che mi aiutavano io non so come finiva (...). Poi sai ho dovuto dare quel rigore lì, guarda che è di un netto Gigi"
Pairetto: "Sì, ma ci credo perché poi dalla vostra posizione" (...)
Dondarini: "Certo, ma io ti dico, io ho cercato... di far sì, insomma, che la partita andasse a quella fine"
Qui la riduzione è addirittura banditesca. Praticamente abbiamo l'accostamento scriteriato di 5 frasi, di cui le prime 3 ("minchia" compreso) pronunciate all'inizio della conversazione, mentre la quarta e la quinta, e cioè queste:
Pairetto: "Sì, ma ci credo perché poi dalla vostra posizione" (...) Dondarini: "Certo, ma io ti dico, io ho cercato... di far sì, insomma, che la partita andasse a quella fine"
sono estratte a capocchia dal resto della lunga conversazione.
Queste due frasi, in realtà, nella trascrizione integrale appartengono a momenti ben diversi della conversazione.
Appare palese la malafede nella scelta di infilare l'ultima frase di Dondarini, quel "ho cercato di... di far si insomma che la partita andasse a quella fine", in un dialogo incentrato sul rigore alla Juve, creando così la fasulla impressione di un'intenzione fraudolenta da parte dell'arbitro.
In realtà questa frase è stata estrapolata da un altro passaggio, in cui Pairetto e Dondarini parlano delle difficoltà dei direttori di gara quando s'incontrano una piccola squadra e una grande, in cui si crea un clima fatto di continue ed esasperate recriminazioni da parte della piccola.
D: si ho dovuto, ho cercato di non infierire perché questi erano... cerca di... non erano sereni dall'inizio per cui...
P: si si ma vanno sempre in campo mai sereni contro le grandi squadre si sentono sempre vittima di tutto guarda sono incredibili
D: si veramente ma è una cosa vergognosa quella a questo punto cosa fai? Non puoi dare rigore perché è una grossa squadra ...(si accavallano voci)
P: ma vedrai anche in futuro quando avrai modo di farne ancora vedrai sarà sempre cosi ti devi già preparare psicologicamente
D: si si ma io me lo aspettavo poi eh perché ci mancherebbe
P: ma poi tu hai visto domenica hai espulso due sacrosanti no?
D: mamma mia
P: sacrosanti no?si piangevano addosso e dicevano che era stato fatto perché la partita dopo era contro una grande squadra no?
D: no no infatti infatti
P: ma tu pensa due due espulsioni di Airoldi ma non chiare strasolari
D: certo, ma io ti dico io ho cercato di... di far si insomma che la partita andasse a quella fine
P: poi combinazione non conterà un c**** ma quella alla fine quell'episodio
Il dialogo è tutt'altro che lineare, pare chiaro che qui si parlava del clima teso fomentato dal vittimismo dei doriani e della condotta dell'arbitro a riguardo, improntata sulla moderazione nei provvedimenti disciplinari da prendere, per rasserenare gli animi.
Ovviamente, sia Corriere che Repubblica si guardano bene dal citare correttamente i passaggi che testimoniano dell'assoluta buonafede dei due interlocutori. Come questo, in cui Dondarini parla del rigore non concesso alla Samp:
D: io ho fischiato... Ambrosino
P: ha indicato rigore?
D: lui mi ha dato rigore ed io ho fischiato rigore dopo di che mi ha richiamato mi ha detto "Donda scusami ho fatto una grande cazzata non dare rigore perché facciamo una troiata mai vista"
P: era calcio d'angolo infatti
D: e infatti fa "guarda che ha preso la palla scusami istintivamente ti ho indicato rigore ma guarda è angolo" allora sul 3 a 0 gli ho detto "Marcello ma oramai diamo rigore" fa "no no guarda assolutamente non darlo perché non è rigore facciamo una figura di me**a" a quel punto l'ho visto talmente convinto.
Qui Dondarini dice chiaramente che sarebbe stato disposto ad assegnare alla Sampdoria un rigore che in realtà non c'era pur di non sconfessare il suo assistente, e che ha cambiato idea solo su sollecitazione di questi che temeva di venire sconfessato dalla moviola.
In definitiva, leggendo la trascrizione completa non è difficile capire, come ha fatto Maddalena, che arbitro e designatore, rispetto a quella partita, hanno operato in perfetta buonafede.
Anzi, a essere pignoli, vi si ravvisano due casi in cui l'arbitro ha semmai ammesso di aver avuto un atteggiamento di favore per i doriani.
E cioè:
1) Non sanzionando fino in fondo il comportamento facinoroso dei padroni di casa per non surriscaldare ulteriormente gli animi.
2) Per la sua disponibilità a concedere loro un rigore inesistente (benché ormai influente).
Come spesso accade quando si approfondiscono i fatti di Farsopoli, la realtà si dimostra l'opposto di quella che i media ci hanno raccontato.
Come sempre, ripetiamo in coro: VIVA L'ITALIA!!!!!
2 commenti:
Alle parole di Farina e Moggi non c'è da aggiungere altro. Grandi!
Quanto alle manipolazioni giornalistiche, attendo con ansia spasmodica che i due p.m. napoletani si decidano a presentarsi davanti al gup ( sono trascorsi 4 mesi dall'avviso di chiusura indagine!), lì non saranno sufficienti la pravda rosa, il corriere, la reppublica, il romanista e altra carta straccia del genere. Voglio vederli strisciare quei vermi.
Ciao Francesca...
Scusa, ma cosa dovrebbero fare davanti al gup? Costituirsi?
A parte le battute, davvero non capisco cosa intendi dire...
Posta un commento